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Il Venerdì di Repubblica Rassegna Stampa
02.09.2016 La vita di Re Davide, di Geraldine Brooks
Intervista-recensione di Lara Crinò

Testata: Il Venerdì di Repubblica
Data: 02 settembre 2016
Pagina: 94
Autore: Lara Crinò
Titolo: «Il Re Davide? troppo romanzesco per non essere esistito»

Riprendiamo dal VENERDI' di REPUBBLICA di oggi, 02/09/2016, a pag.94, una interessante  e approfondita recensione-intervista di Lara Crinò al libro "L'armonia segreta" di Geraldine Brooks (Neri Pozza ed.), la storia di Re Davide, titolata " Il Re Davide? troppo romanzesco per non essere esistito". Un titolo azzeccato.

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Lara Crinò                            Geraldine Brooks

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Pensi alla forza del David di Michelangelo e poi al corpo quasi efebico, allo sguardo sfuggente del David di Donatello. Le contraddizioni del re Davide sono inscritte in queste due opere mirabili del vostro Rinascimento: l'umile pastore, il grande poeta dei Salmi, l'arpista che loda il suo Dio con la musica e vuole il Tempio di Gerusalemme. Ma anche lo stratega, l'uomo di Stato, il sovrano assoluto che si lascia inebriare dal sangue e dalla lussuria. È il primo personaggio della letteratura con una biografia casi dettagliata, il racconto della Torah. E se è vero che non ci sono altre fonti su di lui, tranne una sola iscrizione, credo sia realmente esistito: a chi verrebbe in mente di inventare di sana pianta un capostipite simile?».
Così, dal salotto della sua casa sull'isola americana di Martha's Vineyard, con tono sicuro e parole scelte con cura, l'australiana Geraldine Brooks introduce il protagonista di L'armonia segreta (Neri Pozza, pp. 320, euro 18, in uscita il 15 settembre), il nuovo romanzo che presenta a PordenoneLegge il 18 settembre.
Ex reporter di razza, premio Pulitzer nel 2006, tra le star mondiali della letteratura storica, Brooks ha un talento speciale per i silenzi e i vuoti del passato. «Perché valga la pena di raccontare una storia deve essere impossibile per noi contemporanei conoscere in dettaglio ciò che è accaduto. Se sappiamo troppo non c'è spazio affinché l'immaginazione faccia il proprio lavoro». Per ricostruire la vita nel X secolo prima di Cristo, il tempo in cui si presume sia vissuto Davide, ha letto resoconti archeologici e viaggiato in Israele: «Ho visitato i siti di Gerusalemme che datano all'epoca che mi interessava, ho interrogato uno stratega militare appassionato di battaglie bibliche. E poi, semplicemente, ho camminato con i miei figli lungo gli uadi in cui pascolano le greggi, evocando il giovane pastore di tre millenni fa che divenne re».
Si è messa a scrivere guidata da un'intuizione: «Poiché fino ai quarant'anni non volevo essere un'autrice di fiction, non ho seguito corsi di scrittura creativa o cose simili. Il mio è un approccio instintivo: mi affido al narratore che ho scelto affinché mi informi. Il mondo in cui pensa e in cui parla mi fanno scoprire cosa succederà». E la voce narrante che ha scelto per L'armonia segreta è affascinante e inaspettata. A ripercorrere insieme a noi la vita di Davide, dalla giovinezza alla vecchiaia, è il profeta Natan, cresciuto alla corte di quel re che ha ucciso suo padre quando entrambi erano poco più che ragazzi.
«In realtà Natan compare poche volte nel racconto biblico, quindi ho ricreato la sua vita per la finzione romanzesca. Ma è colui che non ha paura di dire ciò che il sovrano non vuole sentire ed è il mentore della successione di Salomone. Una figura scomoda, come sono spesso i profeti della Bibbia. La coscienza del potere, qualcosa di cui i nostri politici avrebbero estremamente bisogno». La lingua sembra immergersi nel tempo epico che l'autrice sceglie di raccontare, come in una riscrittura omerica. Qui il gigante Golia è solo un uomo, un guerriero temibile beffato dall'astuzia di un esile ragazzino.
Brooks, convertita all'ebraismo da quando, oltre trent'anni fa, decise di sposare il collega Tony Horowitz, conosce abbastanza l'ebraico antico, «meravigliosamente poetico e scarno», da cesellare uno stile con l'eco dell'originale. E il suo Davide, istintivo e passionale, così stregato da Betsabea da mandarne a morte il marito, ma innamorato in fondo solo del compagno d'armi Gionata è appunto un coacervo di contraddizioni, non certo una figura agiografica. «La grandezza della Bibbia ebraica è questa secondo me. Qualche religioso conservatore potrà contestarmi ma ciò che narro è già lì, nel testo. La Torah, pur nella sua sacralità, non vuole nascondere i difetti degli uomini ma dar conto di ciò che siamo». Che ciò cheleinteressa siaindagare la natura umana, in qualche modo la scrittrice l'ha intuito fin dall'infanzia, nei sobborghi residenziali di Sidney in cui è cresciuta. Fin da quando, come scrive nel memoir Foreign Correspondence, per sfuggire alla noia della scuola di suore si creò un'intera rete di amici di penna sparsi per il mondo. Dopo un'esperienza al The Sydney Morning Herald dall'Australia è volata in America per fare la reporter del Wall Street Journal, per il quale ha viaggiato a lungo come inviata tra crisi e conflitti, dall'Iran alla Nigeria. Si è fermata solo verso i quarant'anni, per fare un figlio. «Dopo che nacque non me la sentivo di farmi rispedire in qualche posto pericoloso. Così pensai a un romanzo» spiega con un certo understatement ricordando i suoi esordi. Il romanzo era Annus Mirabilis, ambientato in un vilaggio inglese falcidiato dalla peste del 1666: «Mi piaceva l'idea di una comunità costretta a una sorta di reclusione, e la sfida di far parlare gente che di certo non sapeva scrivere e non aveva lasciato tracce: minatori, donne, bambini». Seguirono L'idealista (premio Pulitzer), una sorta di riscrittura di Piccole Donne dal punto di vista del personaggio del padre impegnato nella Guerra Civile, I custodi del libro, che ricostruisce la storia della Haggadah di Sarajevo dalla Spagna moresca alla guerra dei Balcani e lo splendido L'isola dei due mondi sull'amicizia, in epoca coloniale, tra la figlia di un pastore puritano di Martha's Vineyard e un ragazzo indiano così intelligente da essere invitato ad Harvard.
Fino a quest'ultimo L'armonia segreta. Ora lavora a una storia di nuovo ambientata durante la Guerra Civile. Sul presente, ammette, non le interessa scrivere fiction: «Il presente è qui, e abbiamo tute gli strumenti per raccontare la verità senza inventare.
Nel caso della comporaneità, è il mio spirito di reporter che ancora prevale». A qualcuno dei suoi ammiratori dispiace che abbia messo da parte il giornalismo. C'è chi cita ancora il suo Padrone del desiderio. L'universo nascosto delle donne musulmane, il reportage che oltre vent'anni fa dedicò alla condizione femminile nell'Islam. «Se penso a quello che scrissi allora, alla situazione in molti paesi del Medio Oriente, purtroppo non è cambiato molto. Anzi in alcuni casi la situazione è nettamente peggiorata e ovviamente si è complicato e deteriorato il nostro rapporto con il mondo musulmano.
Ma vorrei anche sottolineare che Europa e Stati Uniti non hanno la stessa relazione con la propria minoranza di religione islamica. Negli Usa la situazione della banlieue francese o di certe zone dell'Inghiterra, in cui si sono creati dei veri ghetti, non è avvenuta. Mi pare che le donne islamiche qui siano più capaci di farsi valere. E per indirizzare le politiche pubbliche, l'unica cosa è starle a sentire». Captare le parole di chi sta ai margini, dar loro una dignità, farle risplendere. Che siano le voci dell'oggi o quelle sepolte dalle sabbie del tempo, per Geraldine è solo un altro modo di ascoltare.

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