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Il Venerdì di Repubblica Rassegna Stampa
08.07.2016 La demonizzazione di Israele passa anche dai funghi
Un articolo di Tiziano Fusella senza equilibrio professionale e culturale

Testata: Il Venerdì di Repubblica
Data: 08 luglio 2016
Pagina: 26
Autore: Tiziano Fusella
Titolo: «A ruba i funghi palestinesi, e in Israele è allarme»

Riprendiamo dal VENERDI' di REPUBBLICA di oggi, 08/07/2016, a pag. 26, con il titolo "A ruba i funghi palestinesi, e in Israele è allarme", il commento di Tiziano Fusella.

Quello di Tiziano Fusella è un articolo che gronda disinformazione e ostilità contro Israele. Partendo da una non-notizia, l'esistenza di una ditta che produce funghi a Gerico, il pezzo trova uno spunto per demonizzare Israele, accusata di "occupare" la "Palestina" e di cercare in tutti i modi di bloccare lo sviluppo delle attività agricole ed economiche.

La realtà è ben diversa: se i palestinesi utilizzassero per lo sviluppo, e non per l'indottrinamento all'odio e il terrorismo contro Israele, i fondi colossali che ricevono ogni anno dall'Occidente e dal mondo arabo, avrebbero potuto edificare una delle economie più sviluppate del pianeta. Se non è così la colpa è loro e dei loro capi, non certo di Israele, che anzi incoraggia iniziative e attività capaci di dare lavoro anche a arabi palestinesi (come l'industria Soda Stream, che infatti è stata boicottata dagli antisemiti di BDS).

Ecco l'articolo:

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Qualche funghetto qua e là nella cucina palestinese si trova. Ma di funghi «champignon» o prataioli non vi è quasi traccia. Eppure nei ristoranti di Nablus, Ramallah, Gerico, Betlemme vanno via che è una meraviglia. Il motivo? I funghi bio della ditta Amoro, si legge, hanno «il sapore della libertà». Da Israele, s'intende. A meno di due anni dalla loro comparsa sugli scaffali, hanno già coperto metà del mercato dei funghi in Palestina, laddove prima c'erano solo quelli israeliani. Commercianti e ristoratori ora vogliono funghi Amoro, con tanto di adesivi comparsi nei negozi.

15 dipendenti nei pressi di Gerico, Amoro è «made in Palestine» senza connessioni con Israele. Nemmeno per quanto riguarda i fornitori di materie prime. Una scelta che è costata cara ai quattro giovani fondatori di Amoro, tutti laureati in materie informatiche, ma che ha ripagato in termini di vendite. Come quando decisero di farsi spedire il fertilizzante dall'Olanda. La autorità israeliane bloccano i sacchi per controllarli uno ad uno: la prima volta la produzione si è fermata per 77 giorni, e il deposito a spese della ditta. «Con la nostra azienda» spiega Mahmoud Kuhail, 31 anni, cofondatore di Amoro «abbiamo raggiunto due obiettivi, diventare indipendenti da Israele e fare buona impresa in Palestina».

La concorrenza dei funghi israeliani non si è fatta attendere. Un bel giorno sono spuntati nei negozi funghi champignon con una confezione del tutto simile alla loro: «Eccellenze della Palestina» gridava la scritta. Ma con un numero di telefono israeliano. «La gente si è accorta dell'inganno e nel giro di poco sono spariti». Per arrivare al successo di oggi la strada è stata in salita.

La Cisgiordania è per due terzi occupata dall'esercito israeliano. L'agricoltura in Palestina negli ultimi vent'anni è passata dal 13 per cento del Pil al 4,8.I terreni lasciati all'agricoltura sono risicati. «Più che sterile, come spesso si crede, il terreno è costoso. Mille metri quadrati arrivano a un milione e mezzo di euro» spiega Kuhail. Idem per l'acqua. «Nel 2013, quando abbiamo iniziato a seminare funghi, a Ramallah è caduta più pioggia che a Londra. Però un falso mito vuole che la Palestina sia un terreno arido». L'acqua c'è, ma costa cara. Il fiume Giordano scorre poco lontano dal loro stabilimento. I monti della Galilea, con le loro falde acquifere, si vedono in lontananza, un centinaio di chilometri più a Nord. Sia il fiume che le falde sono «transfrontaliere», e potrebbero essere divise in modo equo tra Israele e Palestina, come vuole l'articolo 40 degli accordi di Oslo del '95.

Eppure da quando nel 1967 la Cisgiordania è sotto il controllo d'Israele, questi ha accesso all'87 per cento dell'acqua. Ai palestinesi il restante 13. Inevitabilmente i costi maggiori fanno lievitare i prezzi dei funghi Amoro rispetto a quelli israeliani. Due chili di funghi costano 8 euro: non proprio un prezzo popolare. Ma ciò non basta a scoraggiare i consumatori felici di acquistare un prodotto palestinese da cima a fondo. Poco importa se clima e terreno non sono proprio adatti alla crescita degli champignon, che preferirebbero zone boschive. I preziosi bulbi di Amoro crescono in serre a temperatura controllata, in box uno sopra l'altro per sfruttare meglio lo spazio. La prossima sfida? Insegnare ai cuoci palestinesi nuove ricette per smaltire tutti quei funghi: 80 tonnellate l'anno. «Per quello confidiamo nei social-network dove postiamo ricette. E anche nella cucina italiana».

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segreteria_venerdi@repubblica.it

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