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Il Manifesto Rassegna Stampa
09.05.2017 Michele Giorgio non sa più che cosa inventarsi per attaccare Israele
L'ordinaria disinformazione del quotidiano comunista

Testata: Il Manifesto
Data: 09 maggio 2017
Pagina: 12
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «'Stato-nazione', Israele solo per il popolo ebraico»

Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 09/05/2017, a pag. 12, con il titolo "'Stato-nazione', Israele solo per il popolo ebraico", il commento di Michele Giorgio.

L'articolo di Michele Giorgio è, come sempre, un pretesto per descrivere Israele a tinte fosche. Non è una novità che Israele sia uno Stato ebraico e democratico, ma evidentemente a Giorgio mancavano nuovi argomenti. Il grande assente dai suoi articoli - anche questa è una costante - è il terrorismo palestinese, che secondo il Manifesto non esiste.

Ecco l'articolo:

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Michele Giorgio

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Benyamin Netanyahu ieri ha difeso la proposta di legge che descrive Israele come «Stato-nazione» del popolo ebraico, approvata domenica da un comitato ministeriale e di cui lui stesso ne era stato un promotore in passato. Per il premier israeliano non esisterebbe «alcuna contraddizione tra la legge e gli uguali diritti per tutti i cittadini israeliani». «Israele - ha detto - è lo Stato-nazione per il popolo ebraico che è nella sua patria storica...(il provvedimento) includerà nella legge (fondamentale) israeliana la nostra bandiera, il nostro inno e Gerusalemme come nostra capitale eterna».

 

PAROLE CONDIVISE dalla destra ma non dall'opposizione che evidenzia il carattere potenzialmente discriminatorio della legge verso i non ebrei, mentre la minoranza araba (i palestinesi con cittadinanza israeliana) si considerano sotto un «continuo attacco».

LA LEGGE, CRITICATA dal capo dello stato Rivlin, che è del Likud, il partito di Netanyahu, stabilisce che lo Stato di Israele è «la casa nazionale del popolo ebraico» e che «il diritto di realizzare l'autodeterminazione in Israele» appartiene «unicamente al popolo ebraico».

ALLO STESSO TEMPO sostiene che ogni «residente, senza distinzione di religione o di origine nazionale, è autorizzato a lavorare per preservare la sua cultura, il suo patrimonio (culturale), la sua lingua e identità» e garantisce «ad una comunità, inclusi i membri della stessa religione e coloro che hanno le stesse origini nazionali, di avere accordi comunitari separati». Prevede inoltre che l'arabo non sia più lingua ufficiale di Israele, come è stato per quasi 70 anni insieme all'ebraico, e godrà soltanto di «uno status speciale nello Stato» e che sarà usato per i «servizi dello Stato».

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La Knesset

DI QUESTA LEGGE si parla da anni. A rilanciarla è stato il deputato Avi Dichter (Likud) che si dice impegnato a favorirne una rapida approvazione da parte della Knesset. L'obiettivo è quello di renderla parte della legge fondamentale dello Stato d'Israele e fare in modo che il legislatore tenga sempre conto di questo principio caratterizzante nella formulazione delle nuove leggi. Dichter parla di «passo importante per rafforzare la nostra identità, nella coscienza del mondo e più di tutto nella nos tra mente».

IL CAPO della commissione ministeriale Yariv Levin da parte sua commenta che «per lungo tempo abbiamo discusso per giungere ad una decisione su una legge il cui semplice obiettivo è proteggere lo status di Israele come Stato ebraico». La ministra della giustizia Ayelet Shaked, esponente di punta del partito nazionalista religioso Casa ebraica, è convinta che la legge renderà Israele «uno Stato ebraico e democratico».

AFFERMAZIONE contestata dai cittadini arabi e da non pochi ebrei. «Questa legge — spiega la leader del Meretz (sinistra sionista) Zehava Galon - è una dichiarazione di guerra ai cittadini arabi, contraria a un Israele come società compiutamente democratica. Si privilegia la natura ebraica dello Stato sul suo essere democratico».

ALCUNI SOSTENGONO che la destra rappresentata dal governo Netanyahu si starebbe spingendo oltre i principi contenuti nella dichiarazione che nel 1948 ha sancito la nascita dello Stato. Israele, sottolineava ieri un editoriale pubblicato dal sito del quotidiano Yediot Ahronot, attraverso la nuova legge si rappresenta sempre più come una «etnocrazia» la cui priorità principale sarà la nazionalità piuttosto che i valori democratici, uno Stato che spinge ai margini la minoranza araba.

NETTA LA CONDANNA di Ayman Odeh, leader di Lista araba Unita. «Questa la legge è frutto della tirannia della maggioranza. Rende gli arabi legalmente cittadini di seconda classe», ha protestato denunciando l'intenzione di assegnare all'arabo uno status inferiore rispetto a quello di lingua ufficiale dello Stato.

NEGA INVECE il carattere di novità della legge in discussione la giornalista di Haifa Nahed Dirbas. «Israele si è sempre definito uno Stato per gli ebrei» spiega «uno Stato dove al di là delle leggi e dei diritti sanciti su carta, nella vita di tutti i giorni un arabo, un non ebreo, affronta delle discriminazioni e non gode di tutti i benefici assegnati alla maggioranza ebraica». Nahed Dirbas non crede che, come ammonisce qualcuno, la nuova legge aprirà la strada ai «transfer», espulsioni in massa dei cittadini arabi. «In ogni caso (gli arabi) le respingerebbero, si opporrebbero all'espulsione dalla loro terra», prevede la giornalista.

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redazione@ilmanifesto.it

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