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Il Manifesto Rassegna Stampa
25.11.2015 Una leggerissima crepa nel muro di disinformazione del quotidiano comunista
Guariranno dal virus? Certo che no, la terza narice è inamovibile. Analisi di Alessandro Dal Lago, cronaca di Michele Giorgio

Testata: Il Manifesto
Data: 25 novembre 2015
Pagina: 1
Autore: Alessandro Dal Lago - Michele Giorgio
Titolo: «E' un conflitto di religione - Kerry a Gerusalemme: 'Israele ha diritto a difendersi'»

Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 25/11/2015, a pag. 1-15, con il titolo "E' un conflitto di religione", l'analisi di Alessandro Dal Lago; a pag. 3, con il titolo "Kerry a Gerusalemme: 'Israele ha diritto a difendersi' ", la cronaca di Michele Giorgio.

Una leggerissima crepa nel muro di disinformazione del Manifesto. Leggerissima, perché gli articoli contengono un cumulo di menzogne. Eppure, se guardiamo ai due titoli, non possiamo non  notare una crepa, finalmente i lettori del Manifesto sapranno che è possibile leggere sul loro Stürmer che 'Israele può avere il diritto di difendersi' e che la guerra che dobbiamo affrontare è una 'guerra di religione'. Sono solo titoli, ma è già una enorme verità  e allora la domanda sorge spontanea: guariranno dal virus? No di certo, ma ai lettori, da sempre cloroformizzati, verrà almeno un dubbio ?

Ecco gli articoli:

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Alessandro Dal Lago: "E' un conflitto di religione"

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Alessandro Dal Lago, altro odiatore di Israele

Sun Tzu, stratega cinese, vissuto tra il VI o V secolo avanti Cristo, sosteneva che la guerra è l'ultima risorsa di uno statista e la battaglia l'ultima risorsa di un comandante. Queste parole tornano alla mente quando si pensa al crescendo di appelli alle armi che risuonano a Parigi, a Bruxelles come a Londra. Quello che si vuole da tante parti non è neanche più uno scontro di civiltà alla Huntington. E una guerra di religione, contro l'Isis o Daesh, ma anche contro l'Islam, contro gli immigrati, contro tutti i fantasmi o gli incubi che assillano un'Europa impaurita e paranoica. Certo, gli accenti sono diversi. Si va dai fanatici dei diritti umani, nostalgici della guerra lampo del Kosovo, a quelli che vedono nell'Islam una volontà millenaria di rivalsa contro l'occidente cristiano, agli opinionisti "ragionevoli" che esigono dai musulmani che "escano allo scoperto" e "si pronuncino contro il terrorismo", ai simpatizzanti di Netanyahu, che mettono nello stesso sacco Isis e resistenza palestinese, ecc.

Ma l'idea di fondo è che si faccia una bella coalizione di tutti contro l'Isis, che lo si polverizzi, magari insieme ai civili di Raqqa tra cui si nasconde, e poi... E poi? Sembra che venticinque anni ininterrotti di guerre dell'Occidente nei paesi arabi e/o musulmani non abbiano insegnato nulla. Che cioè i bombardamenti non fanno un gran male ai militanti e agli armati, ma prostrano le popolazioni e creano le condizioni per future insurrezioni, fanatismi e reti terroristiche. Così è stato in Iraq nel 1991, in Afghanistan, di nuovo in Iraq, in Libia e oggi in Siria. Se si considerano i risultati politici, e non la mera contabilità militare di morti nostri e morti loro (per non parlare delle vittime civili che pagano sempre il prezzo più alto), tutte le guerre occidentali sono finite con sconfitte, con immani spargimenti di sangue dopo i quali Usa, Inghilterra, Francia e così via sono più deboli di prima.

Se oggi l'Isis è contenuto in Siria è grazie ai curdi, come in Iraq grazie alle milizie sciite e iraniane. Ma se anche qualche stato occidentale volesse mettere i boots on the ground, e cioè mandare le forze di terra, non cambierebbe nulla. L'esercito americano, il più potente al mondo, si è dovuto ritirare, di fatto, sia dall'Afghanistan, sia dall'Iraq. Quanto alla Francia, la sua vittoria in Mali non è servita a granché, se la guerriglia può attaccare di sorpresa Bamako. Il punto decisivo della questione è che se gli altri, i cattivi, i terroristi, sono disposti preventivamente a morire, a farsi uccidere per qualsiasi motivo e cioè a non sopravvivere, quando uccidono noi, ebbene, in un certo senso hanno già vinto. Questo Obama l'ha perfettamente compreso, diversamente dai fanatici neo-con che hanno contribuito a creare tutto questo invadendo l'Iraq nel 2003. Ma se persino Tony Blair, oggi, sente il bisogno di chiedere scusa per quella guerra, così stupida per lui e così letale per centinaia di migliaia di iracheni! Il dolore e l'emozione per quello che è successo a Parigi non giustificano l'orgia militarista, in Francia come da noi, con cui si vorrebbe rispondere al terrorismo. Invece di ragionare, di riflettere sul groviglio di ragioni che hanno portato a tutto questo, e cioè sul fatto che giovani europei si trasformano in alleati dell'Isis in nome della religione, si preferisce evocare il nemico assoluto, tirar fuori argomenti da prima crociata, eccitare un'opinione pubblica già scossa per conto suo.

Probabilmente, il terrorismo ci accompagnerà per molto tempo. Bastano poche centinaia di aspiranti martiri in Europa, cresciuti nelle banlieue più derelitte, frustrati dalla marginalità e magari fanatizzati da predicatori retrogradi a compiere azioni come quelle di Parigi. Al di là del lavoro di intelligence, che nel caso francese presenta ampie zone di opacità, il terrorismo si può contrastare con un lavoro di educazione civile e politica di lungo periodo e rimuovendo le cause della frustrazione e dell'odio. Un lavoro lungo che non darà, ammesso che lo si voglia cominciare, risultati nel breve periodo. E si potrà contrastare, soprattutto, rinunciando alle tentazioni neo-colonialiste che si manifestano nella difesa dei diritti umani a suon di bombe.

Michele Giorgio: "Kerry a Gerusalemme: 'Israele ha diritto a difendersi'"

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Michele Giorgio

John Kerry ha fatto sapere, puma del suo arrivo a Gerusalemme, che la sua missione in Israele e Territori palestinesi occupati avrebbe avuto lo scopo di esplorare le strade per calmare le tensioni degli ultimi due mesi. Poi, giunto a destinazione, il Segretario di stato ha espresso solidarietà solo a una parte, Israele. "Voglio esprimere la mia condanna completa di ogni atto di terrorismo che colpisce vite innocenti e sconvolge la vita quotidiana di una nazione. Israele ha il diritto di difendersi da un terrorismo privo di senso", ha affermato Kerry incontrando a Gerusalemme Benyamin Netanyahu.

Da parte sua il premier israeliano ha ribadito la sua tesi del "terrorismo globale", lo "stesso terrorismo" che colpirebbe a Parigi come a Tel Aviv. "Non ci può essere pace mentre persiste qua una offensiva terroristica" ha detto "noi combattiamo direttamente i terroristi e chi li incita. È in corso una lotta fra la civiltà e la barbarie". Kerry nel pomeriggio è andato a Ramallah dove ha incontrato il presidente palestinese Abu Mazen. Il giro mediorientale di Kerry è avvenuto poche ore dopo un presunto attacco dell'aviazione israeliana lungo il confine tra Libano e Siria nel quale, secondo fonti dell'opposizione siriana, sarebbero rimasti uccisi otto combattenti libanesi di Hezbollah e cinque soldati dell'esercito di Damasco. Da parte israeliana non è giunta alcuna conferma.

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