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La Repubblica Rassegna Stampa
25.03.2017 L'opinione di Gilles Kepel, l'esperto del giorno dopo
Lo intervista Vincenzo Nigro

Testata: La Repubblica
Data: 25 marzo 2017
Pagina: 13
Autore: Vincenzo Nigro
Titolo: «Mondi separati dentro le città, così la jihad cresce nei nostri paesi»

Riiprendamo da REPUBBLICA di noggi, 25/03/2017, a pag.13, con il titolo " Mondi separati dentro le città, così la jihad cresce nei nostri paesi " l'ntervista  a Gilles Kepel  di Vincenzo Nigro.

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Gilles Kepel

Gilles Kepel, sociologo francese viene sempre classificato " fra i massimi esperti di jihadismo", quando in realtà sarebbe più appropriato scrivere "esperto del giorno dopo".  Dopo gli attacchi che hanno colpito in modo particolare la Francia, Kepel ha modificato in questi ultimi tempi in modo sensibile le sue analisi sulle origini del terrorismo islamico. Da sociologo, identificava nell'emarginazione, povertà, disadattamento  le motivazioni che spingevano i giovani musulmani a diventare terroristi. Non dimenticava le critiche all'Occidente, il colonialismo, il capitalismo, come succede ancora oggi a chi continua a essere affascinato dal terzomondismo. Oggi,finalmente, ha modificato parzialmente il suo linguaggio, non grazie alla capacità di analisi, ma perchè gli eventi l'hanno obbligato. I nostri giornalisti dovrebbero intervistare altri esperti, in Francia ce ne sono tanti di altissimo livello e arcinoti, che però non sono polticamente corretti, sono quelli che prevedono i pericoli cui va incontro l'Occidente. Sarà per questo che non vengono ascoltati.

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Vincenzo Nigro

ROMA. Come è possibile che una città come Birmingham abbia covato nei suoi meandri un uomo di 52 anni, un padre e un maestro, che programma un viaggio a Londra per uccidere e farsi uccidere da un poliziotto? Gilles Kepel, sociologo a Parigi, esperto del mondo arabo e islamico, da anni lavora sui terroristi e sugli ambienti in cui crescono. Professore, dove è nato l'odio che ha portato Khalid Masood ad uccidere? «Il percorso di quest'uomo si è sviluppato per un periodo di tempo sufficiente a radicalizzarlo in una "controcomunità". Dentro Birmingham c'è appunto la "controcomunità" britannica più importante, una comunità islamica salafita che ha valori, leggi, comportamenti opposti a quelli del Regno Unito. Una comunità come altre in Europa che rinnegano le democrazie europee e accolgono questi cosiddetti attori solitari. Sono questi contesti che producono uomini come Masood. Jihadisti solitari che non sono veramente solitari: magari non hanno ricevuto direttamente un ordine, non hanno seguito istruzioni dettagliate che qualcuno a Birmingham o in Rete ha offerto loro. Jihadisti di Terza Generazione». Però a Birmingham è cresciuto di certo l'imperativo che gli ha imposto di colpire. Cosa sono queste città dell'odio? «Quell'uomo era figlio della intossicazione jihadista che parte dal salafismo. Birmingham è la prima città nel Regno Unito in cui ampie zone sono sotto il controllo della sharia, non delle leggi del Regno Unito. Per cui anche a 50 anni si vive in uno Stato totalmente divaricato dalla società europea in cui si è inseriti. Le autorità hanno provato a creare un modello che assicurasse pace sociale offrendo spazi per stabilire di fatto aree in cui vigono leggi che sono contrarie a quelle della stessa Gran Bretagna. In Francia il percorso è stato diverso, la laicità interviene ovunque, impedisce la messa in opera massiccia della sharia, anche se i problemi sono ugualmente gravi». Questi attacchi possono portare alla sconfitta delle società europee? «Gli attacchi sembrano meno sofisticati: adoperano a Londra un'auto, dei coltelli. A Nizza e Berlino due camion, uno bianco e uno nero, che sono due colori della Jihad. Abbiamo di fronte persone che provengono spesso da storie di tossicodipendenza, di cocaina, di alcool come l'uomo solitario che all'aeroporto di Orly ha provato a strappare il fucile a una soldatessa. Non sembrano azioni terroristiche di un gruppo terroristico organizzato e coordinato militarmente. E invece attenzione: questi atti apparentemente "sostenibili" possono innescare un effetto perverso, che è quello desiderato dagli strateghi del jihadismo. E' il tentativo di approfondire quella che nel mio ultimo libro chiamo "la frattura", spezzare ancora di più le società occidentali». Atti apparentemente minori che devono innescare crisi in Europa? «Le nostre società sono in profonda evoluzione. La frattura identitaria che prima passava fra "destra" e "sinistra", fra padroni e lavoratori, fra più ricchi e più poveri oggi passa fra "inclusi" ed "esclusi". Fra chi è dentro un sistema di protezione, dentro il lavoro, con la sanità, la possibilità di far studiare i figli, di godere della globalizzazione. E invece chi è fuori, senza lavoro, scuole cultura. Senza possibilità e futuro. Questa nuova separazione porta a una possibile "balcanizzazione" in cui l'approccio alla gestione e integrazione delle comunità islamiche diventa sempre più difficile. Se si vogliono allontanare i membri di queste comunità dal terrorismo, se si vuole limitare il numero dei "jihadisti solitari", bisogna integrare queste comunita indicando loro come rispettare le nostre leggi. Ma bisogna anche contrastare le "controcomunità", quelle che in nome di un Islam salafita portano ad agire con violenza. Non sarà facile».

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