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La Repubblica Rassegna Stampa
01.05.2016 Negazionismo come reato: ecco le buone ragioni per il sì
Intervista a Anna Rossi-Doria, di Simonetta Fiori

Testata: La Repubblica
Data: 01 maggio 2016
Pagina: 22
Autore: Simonetta Fiori
Titolo: «E' giusto che il negazionismo sia punito come un reato»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 01/05(2016, a pag.22, con il titolo "E' giusto che il negazionismo sia punito come un reato" l'intervista di Simonetta Fiori alla storica Anna Rossi-Doria.


Anna Rossi-Doria

Affrontando lo stesso argomento, Simonetta Fiori aveva ieri lasciato nel suo articolo la maggior parte dello spazio a chi dichiarava di essere contrario a considerare il negazionismo della Shoah un reato. IC ha scritto un commento molto severo contro questa parzialità. Ecco il link: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=4&sez=120&id=62244
Qualcosa deve essere arrivato alla cronista, da spingerla a dare spazio, oggi, anche a chi la pensa diversamente. Ecco le opinioni della storica Anna Rpossi-Doria che condividiamo pienamente. Il negazionismo come reato funziona nei paesi che l'hanno approvato. Chi ritiene il negazionismo della Shoah attinente alla libertà di espressione, appartiene alla stessa categoria di coloro difendono il diritto di scrivere menzogne e spargere così odio contro Israele. Una menzogna non è un'opinione, è una menzogna.

«Credo di essere una tra le pochissime voci dissenzienti», dice Anna Rossi-Doria, storica delle donne e del rapporto tra storia e memoria. «Ci ho pensato molto perché non è stato facile prendere posizione su un terreno così delicato. Ho anche firmato un appello contro la legge sul negazionismo, ma in seguito ho cambiato idea». Una voce fuori dal coro degli storici che continuano a manifestare contrarietà al provvedimento discusso in questi giorni in Senato. E Carlo Giovanardi chiede che il disegno di legge torni in commissione Giustizia. Perché difende la necessità di una legge? «Penso che sia importante combattere questo fenomeno anche in tribunale. Non mi convincono gli argomenti di chi oppone il principio della libertà di opinione e di ricerca. Il negazionismo non è un'opinione, ma una forma particolarmentevirulenta ed efficace di propaganda antisemita. Prova ne sia la centralità che assume l'antica idea del complotto ebraico: contestare "la menzogna di Auschwitz" significa mettere a nudo "l'egemonia sionista sul mondo". Una propaganda politica, non certo una corrente storiografica». Nessuno però tra gli storici contrari alla legge ha dubbi sulla natura ignobile del fenomeno. «E allora perché permettere che Internet sia piena di questa robaccia? E inoltre in nome della libertà di opinione dovresti permettere che un negazionista salga in cattedra a scuola o all'università.

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Tzvetan Todorov

Lo dice molto bene Tzvetan Todorov: anche la libertà deve avere dei limiti rispetto a chi si prepara a sopprimere la libertà altrui. I negazionisti non fanno altro che idoleggiare il nazismo». I critici obiettano che la verità storica non si accerta in tribunale. «Questo è un argomento condivisibile, ma si aprono molte contraddizioni.

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Ad esempio il più grande avversario dei negazioni-sti, Pierre Vidal-Naquet, da un lato rifiutava di combattere il fenomeno per via giudiziaria, dall'altra si rallegrava della sentenza che nel 2000 a Londra ha visto perdente il negazionista David Irving: era stato Irving a intentare causa contro Deborah Lipstadt, che l'aveva accusato di negare la verità storica della Shoah. Vidal-Naquet giudicò quella sentenza "un'autentica e gigantesca lezione di storia"». Un'altra obiezione riguarda l'efficacia della legge: nei paesi che l'hanno adottata la propaganda antisemita non è stata fermata. «Ma non mi illudo che una legge possa risolvere immediatamente il problema. Però certifica un reato, può sollecitare la presa di coscienza da parte dei più giovani. E come tutte le leggi incide sul costume della collettività». Un punto discusso del nuovo dispositivo riguarda l'accostamento della Shoah ad altri genocidi che però non vengono definiti. La formulazione è vaga, la legge si riferisce genericamente a "crimini di guerra" e "crimini contro l'umanità". «Questo mi lascia perplessa. Penso che la legge dovrebbe punire solo il negazionismo della Shoah o forse anche di crimini commessi dal nazismo. Inoltre è stato un giurista autorevole, Carlo Federico Grosso, a spiegare che una dizione troppo ampia dei crimini di cui si punisce la negazione demanderebbe al giudice un'interpretazione ardua di cosa è crimine di guerra e cosa non lo è». Ma una legge che punisce soltanto il negazionismo della Shoah non creerebbe una gerarchia tra le vittime dei vari genocidi? «Sono consapevole di questi rischi: la possibilità di cadere nella perversa concorrenza tra le vittime, per cui ognuno vuole al propria legge memoriale; e anche il rischio di alimentare i pregiudizi sul presunto "privilegio" degli ebrei. In realtà la categoria di genocidio nasce proprio dalla specificità della Shoah, che è diventata il simbolo del male radicale. E la Dichiarazione dei diritti dell'uomo, nata dalla riflessione sull'Olocausto, segna il passaggio dalla specificità del genocidio ebraico alla universalità del crimine contro l'umanità. Quindi una legge che punisce solo il reato di chi nega la Shoah non è particolare ma universale».

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