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La Repubblica Rassegna Stampa
30.04.2016 Contro i negazionisti della Shoah: una legge oppure chiacchiere
Siminetta Fiori riporta quasi solo i pareri di chi è contro

Testata: La Repubblica
Data: 30 aprile 2016
Pagina: 22
Autore: Simonetta Fiori
Titolo: «No al reato di negazionismo»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 30/04/2016, a pag.22, con il titolo "No al reato di negazionismo", l'articolo Simonetta Fiori.

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Mattogno, uno dei più fanatici negazionisti

Il pezzo, come anticipa il titolo, è contro una legge che contempli la condanna del negazionismo della Shoah. Un elenco di no, che contengono anche sensati timori, ma che alla fine non ci convincono, soprattutto il timore che una legge simile potrebbe danneggiare Israele. Israele lo si danneggia evitando di scrivere la verità, come alcuni degli intervistati fa abitualmente. Se è vero che una legge non impedisce che un crimine venga ripetuto, allora tanto varrebbe scegliere la giungla e non lo stato di diritto. La condanna del negazionismo della Shoah, se applicata, come avviene nei paesi dove esiste la legge, è servita, se non altro a rendere impresentabili i vari negazionisti. E anche poi vero che la legge Mancino conteneva già tutti gli strumenti necessari, il  problema però che dobbiamo porci è perchè non è mai stata applicata. Ma qui torniamo al punto di partenza. Per questo diciamo sì a una legge, Giovanardi e Quagliariello espongano pure i loro illuminati pareri, peccato che non abbiano mai avuto nessun riscontro nella realtà.

Ecco l'articolo:

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Simonetta Fiori

ROMA. Chi poteva immaginare che il senatore Carlo Giovanardi sarebbe diventato la nuova icona della intellettualità di sinistra? Sì, il castigatore delle coppie gay, il più aggressivo detrattore delle conquiste delle donne e dei diritti civili, oggi viene inaspettatamente promosso a paladino degli storici. «Una conseguenza inintenzionale », l’avrebbe definita Karl Popper. Una delle tante provocate dal disegno di legge sul negazionismo, martedì prossimo nuovamente in discussione al Senato. «Un vero pasticcio, cominciato male e finito ancora peggio », sintetizza Marcello Flores, direttore scientifico dell’istituto storico della Resistenza. Perché fin dal principio, fin da quando il ministro Mastella propose di fare del negazionismo un reato, ci fu una levata di scudi da parte degli studiosi: no alla verità storica di Stato e no a trasformare dei farabutti in martiri della libertà. Ed ancora due anni fa, dinnanzi a una nuova proposta del Pd, storici dell’autorevolezza di Ginzburg mossero fondate obiezioni. E allora i legislatori hanno ripiegato su una vecchia legge, quella di Mancino che punisce le discriminazioni razziali, aggiungendovi l’aggravante del negazionismo, perseguibile con pene ancora più aspre. Ma anche questa soluzione ha continuato a sollevare perplessità o perché «provvedimento bandiera del tutto inutile», o perché «sbagliato e pericoloso». Fino alle battute finali, pochi giorni fa al Senato. Da una parte il Partito Democratico, schierato compattamente (o quasi) a favore del provvedimento. Dall’altra il centrodestra di Giovanardi e di Gaetano Quagliariello, tenacemente contrario, ma questa volta tra gli applausi degli storici. Applausi pubblici che erano mancati nelle precedenti puntate. «Giovanardi è diventato il nostro paladino», scherza ma non troppo Sergio Luzzatto. «Ho appena scritto a un collega che provo imbarazzo. Ma questo la dice lunga sulla capacità di ascolto della classe politica del Pd». Cultura e politica, il divorzio nel centrosinistra era stato già sancito da tempo immemorabile. Ma qui la divaricazione acquista tonalità surreali. Anche chi aveva lavorato per annacquare la legge, come lo storico Miguel Gotor, non se l’è sentita di votare contro Quagliariello, che ha proposto in aula l’abolizione del provvedimento. «Il suo è stato un bellissimo intervento che sarebbe piaciuto al mio maestro Corrado Vivanti e credo anche a Primo Levi. Per questo ho scelto di non votare. E come me anche altri colleghi del Pd». Ma cosa ha sostenuto Quagliariello per persuadervi? «Intanto la contrarietà di principio al reato di opinione, anche dinnanzi all’opinione più aberrante come in questo caso. In secondo luogo le migliori intenzioni del legislatore potrebbero produrre conseguenze nefaste, come la messa fuori legge dei manuali. Quagliariello ha fatto l’esempio dello stalinismo: vi sono studiosi che rimuovono o anche giustificano il genocidio e i crimini contro l’umanità perpetrati dal regime comunista. Nessuno di noi condivide queste posizioni, ma potremmo mai accettare che siano catalogate come reato? ». Difficile trovare tra gli storici voci dissonanti. Anche Anna Foa, ebrea, autrice di importanti saggi storici sulla Shoah e la storia ebraica, abbraccia le tesi di Quagliariello. «Questa legge sul negazionismo è stata un errore anche nei suoi compromessi. C’è già la legge Mancino: basterebbe applicarla». Senza contare che nel nuovo dispositivo la negazione della Shoah è accostata ai «genocidi, crimini di guerra e crimini contro l’umanità», una formulazione generica e vaga che non solo aggiunge confusione ma potrebbe ritorcersi contro Israele. «Sì, lo dice anche Giovanardi nel suo intervento ed è difficile dargli torto », dice Foa. «C’è chi accusa Israele di una politica genocidaria – cosa che giudico completamente sbagliata – ma queste critiche potrebbero trovare un sostegno nella nuova legge». Perché il Pd si ostina a difendere un provvedimento così convintamente osteggiato dagli studiosi? Di certo influisce il sostegno della comunità ebraica, che ha supportato costantemente la prima firmataria del disegno di legge, la senatrice Amati. E anche questa volta, nonostante i dubbi seminati da Quagliariello e da Giovanardi, il presidente dell’Unione Renzo Gattegna ha voluto ribadire l’importanza di «uno strumento giuridico che porterà l’Italia al livello delle altre nazioni europee ». Nessuna esitazione, neppure dinanzi alle possibili ritorsioni contro Israele. «Il provvedimento viene visto nel suo carattere simbolico, come un argine potente contro gli attacchi antisemiti», dice Foa. «In realtà non è così. In Francia, dove esiste la legge, l’antisemitismo non è stato fermato. Molti di noi sono convinti che le battaglie si facciano a scuola, non in un’aula di tribunale. Ma non veniamo ascoltati».

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