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La Repubblica Rassegna Stampa
01.02.2016 Al Sisi è un dittatore, ma è anche argine all'islamismo della Fratellanza musulmana
Ma questo aspetto 'sfugge' a Alberto Stabile

Testata: La Repubblica
Data: 01 febbraio 2016
Pagina: 14
Autore: Alberto Stabile
Titolo: «Egitto, la speranza da Suez e turismo, al Sisi tenta il rilancio e l'Italia»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA - Affari & Finanza di oggi, 01/02/2016, a pag. 14, con il titolo "Egitto, la speranza da Suez e turismo, al Sisi tenta il rilancio e l'Italia", l'analisi di Alberto Stabile.

Nella prima parte dell'articolo Stabile rimpiange i "bei tempi andati" in cui l'Egitto, dopo la "primavera" del 2011, era dispoticamente retto dalla Fratellanza musulmana, i cui adepti vengono considerati "rivoluzionari". E' vero che quello di al Sisi è un regime autoritario, simile per molti versi a quello che fu di Mubarak, ma certo un Egitto in mano a una organizzazione estremista come la Fratellanza, che si pone come obiettivo il Califfato, avrebbe costituito un enorme pericolo. Il regime di al Sisi, pur con enormi limiti, è dunque un argine all'islamismo, ma Stabile non sembra considerare questo aspetto.

Ecco l'articolo:

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Alberto Stabile

Sembrava che il 25 gennaio 2011, quando cominciò la rivolta che avrebbe cacciato dal potere Hosni Mubarak, dovesse diventare un giorno sacro per gli egiziani. Una di quelle date che definiscono un "prima" e un "dopo" nella storia di un Paese. Invece è stata quasi cancellata dal calendario. Manifestazioni proibite. Polizia dispiegata in form a presidiare i luoghi topici di quella che fu la Primavera egiziana. E, per aggiungere un tocco di assoluta inappellabilità al divieto di manifestare, la fatwa emessa dal ministro dei beni religiosi, Mohammed Mokhtar Gomaa, che mette in guardia il pubblico dall'aderire alla protesta il cui scopo sarebbe "implicare gli egiziani in atti di violenza e terrorismo a favore dei nemici della patria".

Sembra chiudersi il cerchio dell' "eterno ritorno del sempre uguale", o della restaurazione di un regime autoritario laddove era soffiato il vento della libertà. Non soltanto cinque anni dopo gli ideali che hanno dato vita alla grande rivolta popolare contro le autocrazie arabe si sono volatilizzati; non soltanto le magliette con la grande scritta 25 Gennaio, che andavano a ruba a Piazza Tahrir, sono state messe da tempo in naftalina; ma, con la scusa che l'Egitto è impegnato in una guerra sanguinosa contro il terrorismo islamista, persino la memoria di quell'evento epocale viene rimossa. Il nuovo Rais, l'ex generale Abdel Fatah al Sisi, nella sua ansia di usare il pugno di ferro contro gli islamisti al Sisi ha messo a tacere anche le voci laiche e liberali dell'opposizione. Quello che si è appena insediato, dopo tre anni di vuoto politico e istituzionale, non è un parlamento, ma un'accozzaglia di partiti e partitini (19) e di deputati indipendenti (la maggioranza), il cui scopo è di spianare la strada ai provvedimenti dell'esecutivo, ovviamene ispirati dal nuovo presidente, il dominus assoluto. 

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Abdel Fattah al Sisi

Il partito che ha ottenuto il maggior consenso, il Free Egyptians Party, guidato dall'uomo d'affari Naguib Sawiris, ha totalizzato in tutto I' 11%. Gli islamisti sono scomparsi dagli schermi, spaccati in due: la maggioranza facente capo alla Fratellanza Musulmana, i cui militanti sono stati imprigionati a decine di migliaia e colpiti da centinaia di condanne a morte, e la minoranza salafita che ha pensato bene di saltare sul carro parlamentare del vincitore, rinunciando alle sue parole d'ordine radicali e mettendosi a disposizione del nuovo regime.

Amr Hamzawy, un critico del Rais costretto a riparare negli Stati Uniti pensa che un parlamento siffatto sia il prodotto del nuovo ordine, le cui colonne portanti sono i servizi segreti e le elite finanziarie che al Sisi cerca di mobilitare per tirar fuori il paese dalle sabbie mobili della crisi economica e sociale. Non sarà facile. Le difficoltà che caratterizzano l'economia egiziana, un paese di quasi 90 milioni di persone con una soglia di povertà molto bassa e una disoccupazione strutturalmente al 13%, si sono aggravate a causa del lungo periodo di instabilità indotto dalla fase post rivoluzionaria. La debolezza del sistema ha favorito la recessione. Le riserve in valuta si sono dimezzate rispetto al 2010 (16 miliardi di dollari contro 35). La fiducia degli investitori stranieri è scesa ai minimi termini a causa della fragilità dell'economia e dei colpi inferti dal terrorismo che adesso non si limita a dare battaglia nella penisola del Sinai ma punta anche sulla capitale.

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Il canale di Suez

In questo quadro si svolgerà mercoledi e giovedì la visita di una nutrita rappresentanza economica italiana guidata dal ministro dello Sviluppo, Federica Guidi, e costituita da decine di imprenditori pubblici e privati. La Guidi incontrerà al Sisi e tutto lo stato maggiore dell'economia del Paese. Quello che si spera è che vengano valorizzate le speranze di ripresa che il raddoppio del Canale di Suez, recentemente completato, ha acceso. E che si torni a far sentire l'antica amicizia fra Italia ed Egitto, che deriva dai tempi di Mattei e si è alimentata attraverso le tante infrastrutture (compreso il canale stesso) costruite da imprese italiane. Del resto le difficoltà economiche e la dipendenza dal supporto finanziario internazionale rappresentano le principali criticità egiziane.

La performance economica rimane debole ma mostra segnali di ripresa. Dopo la riduzione degli ultimi anni, esportazioni manifatturiere, settore turistico e revenues dello stretto di Suez hanno ripreso un trend positivo, determinando una prospettiva di crescita economica e allentando in parte le tensioni sul fronte valutario. Fondamentale il piano di aiuti proveniente dai paesi del Golfo che contribuisce al recupero delle riserve di valuta forte, attualmente pari come si diceva a 16 miliardi di dollari, circa 3 mesi di import cover. Certo, Le conseguenza dell'incidente del 31 Ottobre, l'Airbus pieno di turisti russi che rientravano da Sharm el Sheik caduto o fatto cadere nel Sinai, sono state devastanti per un settore, come quello turistico, che rappresenta il 10% del Pil egiziano (circa 25 miliardi di dollari) e il 20% dei depositi in valuta. Per cercare di rivendere il pacchetto Egitto, mare incontaminato e passeggiate archeologiche, il ministro del Turismo Hisham Zazu ha commissionato la campagna "Ecco l'Egitto", affidando a Control Risk, una società specializzata nella valutazione dei rischi legati al funzionamento degli aeroporti, di verificare l'affidabilità degli aeroporti del Cairo e di Sharm. La verifica sistematica andrà avanti fino al 2018 e sarà avallata da una terza parte, un paese indipendente. Nel tentativo di riportare in alto l'indice dei visitatori, il ministro, immaginifico, intende favorire il turismo interno, che secondo le sue somme potrebbe rappresentare il 20% del totale. Qualcuno ha cercato di dissuaderlo, evocando, accanto alle spiagge tolleranti di Sharm el Sheik, lo spettro del turismo Halal, vale a dire conforme alle regole religiose della decenza che certi vacanzieri egiziani potrebbero reclamare. Zazu è andato su tutte le furie: "Non voglio neanche sentirne parlare". Lui spera ancora che i turisti tornino. Anche se certamente non aiutano a rasserenare l'ambiente le voci sui rischi ambientali cui andrebbe incontro il Nilo fino al Delta e alla costa mediterranea se l'Etiopia non modificherà il progetto della diga Rinascimento che dovrebbe entrare in funzione il prossimo mese di luglio.

Come tutti i regimi autoritari, anche quello di al Sisi cerca di fugare le paure, o almeno di indorare la pillola della crisi magnificando le sue iniziative: come l'allargamento del canale di Suez e la scoperta da parte dell'Eni del più grande giacimento di gas naturale del Mediterraneo, a largo delle coste egiziane. Ma perché questi due eventi generino nuovi investimenti e guadagni ci vorranno comunque degli anni.

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