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L'Osservatore Romano Rassegna Stampa
20.07.2017 Tre articoli dell'Osservatore Romano: uno buono, uno in bilico, uno di disinformazione
Viktor Orbán sulle responsabilità ungheresi nella Shoah; la disinformazione su un episodio a Hebron; le parole del Custode di Terra Santa Francesco Patton

Testata: L'Osservatore Romano
Data: 20 luglio 2017
Pagina: 2
Autore: la redazione di OR
Titolo: «Orbán riconosce il crimine del collaborazionismo con i nazisti - Attacco palestinese a Hebron - Ponti a Gerusalemme»

Riprendiamo dall' OSSERVATORE ROMANO di oggi, 20/07/2017, a pag. 2, gli articoli "Orbán riconosce il crimine del collaborazionismo con i nazisti", "Attacco palestinese a Hebron", "Ponti a Gerusalemme".

Ecco gli articoli, preceduti dai nostri commenti:

"Orbán riconosce il crimine del collaborazionismo con i nazisti"

Molto importanti le parole di Victor Orban, che sottolineano la corresponsabilità dell'Ungheria nella Shoah. E' la prima volta che queste vengono ammesse da parte del Primo ministro ungherese.

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Viktor Orbán

iIl primo ministro ungherese Viktor Orbán ha ammesso che il collaborazionismo magiaro nello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti fu un crimine. «L'Ungheria ha commesso un crimine quando, invece di difendere la comunità ebraica, collaborò con i nazisti» ha dichiarato ieri Orbán durante la visita del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. «Questo non deve succedere mai più» ha aggiunto Orbán, che si è impegnato davanti a Netanyahu a proteggere gli ebrei in Ungheria e a dimostrare «tolleranza zero» contro l'antisemitismo. Il governo magiaro di Miklós Horthy collaborò con i nazisti nella deportazione di mezzo milione di ebrei nel campo di sterminio di Auschwitz. «L'Ungheria è in prima linea nel gruppo degli stati che lottano contro l'antisemitismo» ha detto Netanyahu, ringraziando Orbán di «essere dalla parte di Israele in tutte le questioni internazionali». Arrivato ieri a Budapest, nella prima vista di un leader israeliano negli ultimi 30 anni, Netanyahu ha incontrato anche i leader degli altri paesi che, oltre all'Ungheria, compongono il gruppo di Visegrad: Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Oggi il leader del Likud vedrà la comunità ebraica ungherese. Tali incontri — sottolineano i media — sono di routine durante le visite all'estero dei leader israeliani. Ma in questo caso, avvengono dopo che la comunità ebraica locale si è lamentata della mancata reazione di Netanyahu ad alcune iniziative del governo magiaro percepite come un incoraggiamento dell'antisemitismo.

"Attacco palestinese a Hebron"

La breve di OR disinforma invertendo causa ed effetto quando riporta che "in tutta la Cisgiordania resta elevata la tensione per le nuove misure di sicurezza adottate da Israele nell'area circostante la moschea di Al Aqsa a Gerusalemme, in seguito a un recente attentato proprio nella città vecchia di Gerusalemme". Gli eventi sono invertiti, in modo da invertire anche le responsabilità: non sui terroristi assassini ma su Israele, che non fa altro che cercare di garantire la massima sicurezza ai propri cittadini, senza distinzioni tra ebrei, musulmani e cristiani.

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È morto l'uomo che ieri ha investito con l'auto che guidava due soldati israeliani nei pressi di Hebron, in Cisgiordania. Secondo il portavoce militare israeliano, alla vista dei militari l'uomo «ha bruscamente accelerato. L'unità ha reagito sparando sul terrorista, che è morto». Si tratta del secondo episodio del genere avvenuto a Hebron nelle ultime 24 ore. Due giorni fa un palestinese aveva lanciato l'automobile sulla quale era a bordo contro un gruppo di militari di pattuglia in città. L'autista era stato poi preso in custodia per accertamenti. Questi episodi avvengono mentre in tutta la Cisgiordania resta elevata la tensione per le nuove misure di sicurezza adottate da Israele nell'area circostante la moschea di Al Aqsa a Gerusalemme, in seguito a un recente attentato proprio nella città vecchia di Gerusalemme, nel quale sono rimaste uccise cinque persone: i tre attentatori palestinesi e due militari. Da Gaza Hamas ha fatto appello alla popolazione a lanciare nuovi attacchi contro le forze israeliane. Intanto, in una rara intervista alla televisione israeliana il mufti di Gerusalemme, Muhammad Hussein, ha fatto appello oggi alle autorità affinché rimuovano immediatamente i metal detector installati in alcuni accessi alla zona della moschea di Al Aqsa. «La moschea deve essere priva di qualsiasi misura che intralci la libertà di culto» ha spiegato Hussein. Le nuove misure di sicurezza adottate da Israele — ha detto il mufti — alterano lo status quo «e sono inaccettabili per la Giordania, la Palestina e il mondo arabo». Per oggi in Cisgiordania è stata indetta da Al Fatah, il partito del presidente Mahmoud Abbas, una "giornata di collera". La scorsa notte incidenti fra dimostranti e reparti di polizia sono avvenuti nella Città Vecchia e l'ex mufti, Akrama Sabri, è rimasto contuso. La polizia ha intanto condotto un'ispezione nella moschea di Um El Fahem (nel nord di Israele) dove erano soliti recarsi a pregare i tre attentatori che hanno colpito a Gerusalemme.

"Ponti a Gerusalemme"

Il nuovo Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, invita genericamente a "costruire ponti"- in un paese che ha dovuto costruire muri per difendersi dal terrorismo palestinista-  ma non spiega concretamente che cosa bisognerebbe fare. Il risultato è un intervento nebuloso, che in perfetto stile vaticano non dà una linea d'azione ma preferisce vuote parole e generici appelli.

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padre Francesco Patton

«Le religioni monoteistiche con i loro simboli, i loro atteggiamenti, anche con la vita concreta che stanno vivendo, sono chiamate a dare un contributo fondamentale»: è quanto ha dichiarato — in un'intervista a Radio Vaticana — padre Francesco Patton, custode di Terra santa, parlando del forum interreligioso che si sta svolgendo in queste ore al Pontificio istituto Notre Dame di Gerusalemme. Obiettivo della riunione è «costruire ponti», agevolando l'incontro tra visioni differenti per una convivenza pacifica, più necessaria che mai in questo clima permanente di paura. Al forum, dal titolo Jerusalem and the monotheistic religions: symbols, attitudes, real life, prendono parte esponenti delle tre religioni monoteistiche, ma anche esperti di geopolitica e testimoni di esperienze di dialogo. L'evento, spiega Patton, «si inserisce all'interno di altre iniziative volte a creare ponti, occasioni di dialogo, stimolare la convivenza pacifica: tutte cose necessarie».

Per il custode di Terra santa, è importante evitare qualsiasi tipo di scontro tra chi ha «l'esclusiva o il monopolio sulla storia o sulla cultura della città. Ognuna delle tre comunità — ha ricordato — ha la propria narrazione della storia ed è legata ai luoghi. Il caso emblematico è quello della Spianata del tempio, che è anche la Spianata delle moschee. Nella narrazione islamica richiama il terzo luogo sacro dell'islam, ma nella narrazione ebraica richiama il luogo nel quale era costruito il Tempio e quindi il luogo che nella storia era il più sacro per l'ebraismo. Per noi Gerusalemme vuol dire soprattutto il santo Sepolcro, il Calvario. Quindi le narrazioni delle singole comunità devono essere condivise». Al riguardo, padre Patton si è detto convinto che bisogna lavorare per mantenere la pace a Gerusalemme: «La pace è una realtà che non riusciamo a costruire da soli. Come componente cristiana a Gerusalemme — ha concluso il custode di Terra santa — siamo quella che in alcune situazioni può fare da ponte perché non è avvertita come una presenza minacciosa, in quanto siamo la minoranza delle minoranze, ma anche per via del tipo di approccio che abbiamo ai problemi che è tendenzialmente dialogante».

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