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Il Fatto Quotidiano Rassegna Stampa
28.09.2016 La faziosità del Fatto Quotidiano su Trump e l'Aipac
Ad opera di Roberta Zunini

Testata: Il Fatto Quotidiano
Data: 28 settembre 2016
Pagina: 8
Autore: Roberta Zunini
Titolo: «Il 'tycoon colono' che ha un debito con gli ebrei conservatori a stelle e strisce»

Riprendiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 28/09/2016, a pag. 8-9, con il titolo "Il 'tycoon colono' che ha un debito con gli ebrei conservatori a stelle e strisce", il commento di Roberta Zunini.

Il commento di Roberta Zunini è fazioso perché la giornalista utilizza termini che disinformano, a partire da "colonie" per indicare gli insediamenti ebraici in West Bank. Assurdo, inoltre, il discorso sulla lobby ebraica americana Aipac: non perché non sia schierata con Israele, ma perché l'attività di lobbying in Stati Uniti è universalmente accettata e avviene alla luce del sole - a differenza di quanto avviene in Italia. Il titolo, infine, è del tutto fuorviante: non capiamo da che cosa nasca la definizione di Trump come "tycoon colono", nemmeno Zunini nell'articolo giunge a tanto. Il redattore peggio della giornalista in fatto di ignoranza.

Ecco l'articolo:

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Roberta Zunini

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"Ho incontrato Bibi Netanyahu l'altro giorno, credetemi, non è contento della situazione". "The Donald", nel primo faccia a faccia tv con Hillary Clinton, ha ricordato il recente incontro avuto con il premier israeliano per accusare l'amministrazione democratica di aver "rafforzato l'Iran" con l'accordo sul nucleare e, di conseguenza, indebolito e tradito Israele, tanto che "Bibi is not a happy camper", ovvero "non è un campeggiatore felice" (metafora usata nel mondo anglosassone per sottolineare una forte insoddisfazione).

Anche Hillary Clinton aveva incontrato Bibi nello stesso giorno a margine dell'Assemblea dell'Onu, ma il loro colloquio era stato più breve e meno caloroso. Citando il premier israeliano, Donald Trump ha voluto assicurare l'audience ebreo americana che, qualora eletto presidente, difenderà a qualunque costo la politica conservatrice dell'esecutivo israeliano, che negli Stati Uniti è sostenuto dall'Aipac - il comitato israelo americano per i pubblici affari - la più potente lobby di ebrei americani conservatori di cui fa parte anche il genero di Trump, Jared Kushner, marito della figlia prediletta Ivanka.

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Donald Trump

Proprio nei confronti dei membri dell'Aipac il tycoon ha un debito, che l'altra sera ha iniziato a onorare: è anche grazie ai membri dell'Aipac se è riuscito a sconfiggere le perplessità dei super candidati del Grand old party e ottenere così la nomination alle presidenziali. Trump dovrà essere grato specialmente a Sheldon Adelson, il magnate dei casino di Las Vegas, amico personale di Netanyahu e finanziatore del quotidiano Israel Hayom che, essendo gratuito, è il giornale più letto di Israele nonché il più filo governativo.

ADELSON, tra gli uomini più ricchi degli Usa, ha contribuito allo sdoganamento di Trump e lo ha applaudito a lungo quando tenne il suo discorso davanti alla platea dell'organizzazione ebreo americana, nel marzo scorso. In quel lungo discorso Trump aveva già enfatizzato che "trasferirà l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, capitale eterna del popolo ebraico". Frase che ha ripetuto durante l'incontro di domenica con Netanyahu aggiungendo che "Gerusalemme è capitale unica e indivisibile" di Israele, come sancito unilateralmente dalla Knesset, il parlamento israeliano, nel 1980.

Secondo il diritto internazionale invece solo Gerusalemme Ovest potrà essere la capitale di Israele mentre la parte orientale, considerata dall'Onu territorio occupato, dovrà diventare capitale di un eventuale stato palestinese. Ma Trump ritiene che le Nazioni Unite "non abbiano il diritto di imporre nulla a Israele". L'Onu, a detta di The Donald non dovrebbe impicciarsi nemmeno dell'assai spinosa questione delle colonie ebraiche. Sono quasi mezzo milione i coloni che illegalmente, sempre secondo il diritto internazionale, si stanno espandendo sui territori che un giorno dovrebbero diventare parte della Palestina. Lo status di Gerusalemme e l'allargamento delle colonie sono oggi l'ostacolo principale alla ripresa dei negoziati tra Israele e Palestina.

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