martedi` 16 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Fatto Quotidiano Rassegna Stampa
22.05.2015 Il posto della donna nel mondo islamico
Analisi di Caterina Soffici, che recensisce 'Il velo e l'imene' di Mona Eltahawy

Testata: Il Fatto Quotidiano
Data: 22 maggio 2015
Pagina: 14
Autore: Caterina Soffici
Titolo: «La rivolta araba passa dall'imene»

Riprendiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 22/05/2015, a pag. 14, con il titolo "La rivolta araba passa dall'imene", l'analisi e recensione di Caterina Soffici.

Risultati immagini per Mona Eltahawy

Risultati immagini per why the middle east needs a sexual revolution
La copertina dell'edizione inglese

Gli uomini ci odiano. E nei paesi arabi ci vuole una rivoluzione sessuale. La denuncia è di Mona Eltahawy, autrice di un libro di cui si discute molto nei paesi anglosassoni: II velo e l'imene. Perché il Medio Oriente ha bisogno di una rivoluzione sessuale. Un libro bomba che ha suscitato grandi entusiasmi e grandi critiche. Cosa dice di così sconvolgente? Che gli uomini arabi odiano le donne perché le temono.


La condizione della donna nel mondo islamico

L'autrice è nata in Egitto, è cresciuta tra Regno Unito e Arabia Saudita. Durante le proteste di piazza Tahrir era al Cairo, dove è stata arrestata il 24 novembre 2011, e si è fatta un giro di 12 ore in caserma. L'hanno picchiata e ha rimediato la frattura del braccio sinistro e della mano destra. Un cespo di capelli tinti di rosso acceso e un fisico possente, la Eltahawy scrive parole forti contro la cultura maschilista dei paesi del mondo arabo. "Inutile indorare la pillola — scrive —. Noi donne arabe viviamo in una cultura che ci è profondamente ostile, aggravata dal disprezzo che gli uomini hanno verso di noi. Non ci odiano perché siamo libere. Al contrario... noi non abbiamo libertà perché ci odiano".

LA ELTAHAWY, 47 anni, è stata per un periodo anche corrispondente della Reuters da Il Cairo e ha collaborato con vari giornali occidentali (tra cui Guardian, Washington Post e New York Times). Racconta di quando un giorno, nei primi anni 90, entrò nella sezione femminile della metropolitana del Cairo indossando solo un foulard beige e rosso che le incorniciava il volto. Una donna coperta con un velo nero dal quale uscivano solo gli occhi, l'aveva guardata con disapprovazione e le aveva chiesto: "Perché non indossi il Niqab?". E lei: "Non è abbastanza quello che indosso?". E l'altra, con disprezzo: "Se uno vuole mangiare una caramella ne sceglie una da scartare o una già aperta?". Ed Eltahawy rispose: "Sono una donna, non una caramella".

Donne oggetto, come caramelle da scartare e da mantenere illibate. La Eltahawy spiega che l'origine della cultura paternalistica e autoritaria nei paesi arabi viene dall'odio verso le donne. Perché ci odiano? "Perché hanno bisogno di noi, ci temono, capiscono quanto controllo serve per tenerci in linea, per tenerci brave ragazze con il nostro imene intatto finché non ci fottono per farci diventare madri e produrre nuove future generazioni di misogini per alimentare sempre il loro patriarcato. Ci odiano perché siamo al tempo stesso la loro tentazione e la loro salvezza".

Racconta episodi agghiaccianti, come quando nel 2002, 13 ragazze sono morte in un incendio in Arabia Saudita perché la polizia ha ordinato ai soccorritori di lasciare indietro le donne che non erano abbastanza coperte. "Sono morte perché dei fanatici ai cancelli hanno preferito vederle bruciare che non apparire in pubblico vestite in modo inappropriato. Tu sei il tuo velo. Il tuo velo vale più di te" dice la Eltahawy. E ancora: "I nostri imeni non sono nostri, essi appartengono alle nostre famiglie".

EPPURE le violenze e le molestie sono all'ordine del giorno, nonostante i veli. Sembra quasi che la violenza sia il destino di una donna araba. Scrive: "Se dovessi usare la vernice per indicare i luoghi in cui il mio corpo è stato toccato e palpeggiato senza il mio consenso, anche indossando il velo, l'intero torso, davanti e dietro, sarebbe coperto di colore": in una intervista a Christiane Amanpour per la Cnn, dice: "La misoginia è un fatto mondiale. Ma da voi si lotta per il diritto all'aborto. Da noi contro i matrimoni combinati, le spose bambine, le mutilazioni genitali, per guidare la macchina. Le nostre società non potranno mai essere libere finché le donne non saranno libere".

Nel libro scrive che in "Arabia Saudita sembra di stare in un altro pianeta, dove le donne non esistono". Infatti, spiega: "Sono trattate come bambine per tutta la vita. Hanno bisogno della firma di un uomo anche per fare le cose più basilari, per viaggiare, per fare un'operazione chirurgica".

COS'E' la libertà? "Guidare una macchina e lasciare eventualmente il paese senza il consenso di un uomo, è libertà". I tempi, secondo la Eltahawy sono maturi. Negli anni 20 le donne in Egitto lottavano per togliersi il velo. La prima ad andare a testa libera fu una femminista, Hoda Shaarawi, che per tutta la vita ha lottato per la libertà del suo paese: sia contro l'oppressione dell'Impero britannico, sia contro quella degli uomini. "Non abbiamo bisogno di importare il femminismo, possiamo seguire il suo esempio". E far capire che "senza libertà per le donne non ci potrà essere libertà per nessuno".

Per inviare la propria opinione al Fatto Quotidiano, telefonare 06/328181, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@ilfattoquotidiano.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT