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Rassegna Stampa
01.09.2017 Ecco i criminali nordcoreani, ma c'è chi dà la colpa comunque a Donald Trump
Cronaca di Roberto Fabbri, commento di Paolo Guzzanti

Testata:
Autore: Roberto Fabbri - Paolo Guzzanti
Titolo: «Kim e i tre scienziati 'pazzi': Ecco chi fa tremare il mondo - Se anche in Corea è colpa di Trump»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 01/09/2017, a pag. 12, con il titolo "Kim e i tre scienziati 'pazzi': Ecco chi fa tremare il mondo", il commento di Roberto Fabbri; con il titolo "Se anche in Corea è colpa di Trump", il commento di Paolo Guzzanti.

Ecco gli articoli:

Roberto Fabbri: "Kim e i tre scienziati 'pazzi': Ecco chi fa tremare il mondo"

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Il dittatore Kim Jong-un continua la sua partita di poker ad altissimo rischio contro gli Stati Uniti e i suoi alleati dell'Estremo Oriente, Corea del Sud e Giappone. Una partita giocata a colpi di minacce sempre più gravi e sfacciate e basata sulla credibilità di un programma missilistico che ha conosciuto uno sviluppo rapido e inquietante in un tempo relativamente rapido. Ma chi c'è dietro la veloce crescita del regime rosso della Corea del Nord come potenza nucleare che si permette il lusso di minacciare sfrontatamente gli Stati Uniti, di gran lunga il Paese più potente del mondo sotto il profilo militare ed economico e al cui confronto la Corea del Nord è una formica? Sono tre i personaggi chiave del programma missilistico di Pyongyang. L'intelligence occidentale - spiega un interessante servizio pubblicato dallo Huffington Post - li conosce bene e li ha battezzati «Rocket stars». I loro nomi in coreano - Ri Pyong-chol, Kim Jong-sik e Jang Chang-ha - ci dicono poco. Ma i loro volti sovraeccitati e sorridenti sono sempre tra i più vicini a quello del «giovane Leader» Kim Jong-un quando il dittatore si fa ritrarre esultante durante gli esperimenti missilistici. Ri Pyong-chol, soprannominato Big Potato per il suo faccione gonfio e ovale, è considerato unanimemente il più importante dei tre. È un ex generale dell'aviazione di lunga esperienza, nominato vicedirettore del partito dei lavoratori nordcoreano all'ultimo congresso: compare sempre accanto a Kim e questa vicinanza fisica la dice lunga sull'importanza che il personaggio riveste nella nomenklatura di Pyongyang. A lui spetta il compito delicatissimo di supervisionare lo sviluppo del programma missilistico.

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Donald Trump

Poi c'è Kim Jong-sik, un ometto occhialuto che nelle foto di gruppo ufficiali compare sempre in uniforme e con un berretto rigido con visiera calcato in testa. Ingegnere di formazione e carriera, è soprannominato «lo scienziato dei missili». C'è lui dietro lo sviluppo dei mostruosi siluri che il dittatore più guerrafondaio del mondo brandisce per minacciare i suoi vicini e ricattarli. Anche se non ha nel suo curriculum un cursus honorum nel partito, è stato comunque ammesso nel comitato centrale come riconoscimento per il suo straordinario contributo alla potenza militare della Corea del Nord. Jang Chang-ha, un altro militare onnipresente nelle foto di gruppo accanto al Numero Uno del regime, è l'uomo del mistero. Di lui si sa che è un generale che gode di particolare considerazione presso il dittatore perché ha lavorato con successo al miglioramento della qualità dei missili balistici che sono di fatto la garanzia della sopravvivenza del regime di Pyongyang e l'assicurazione sulla vita del «giovane Leader». È il lavoro sotterraneo di questi personaggi ad aver permesso a Kim Jong-un di trasformarsi da dittatore-macchietta in minaccia alla pace mondiale, grazie alla complicità di Paesi come la Cina e la Russia che hanno consentito l'invio a Pyongyang di componenti indispensabili per la realizzazione dei missili. Cina e Russia, oltre a questo, perseguono in Corea agende ben diverse da quella americana e dei suoi alleati. Ancora ieri Pechino e Mosca hanno ribadito che nessuna azione unilaterale (leggi: americana) può essere accettata contro Pyongyang, pena «sviluppi imprevedibili nella regione».

Paolo Guzzanti: "Se anche in Corea è colpa di Trump"


Paolo Guzzanti

Ai tempi dell'illuminismo la colpa di tutto quel che accadeva era di volta in volta di Voltaire o di Rousseau. Piove? La faute à Voltaire. Siccità? La faute à Rousseau. Ai nostri tempi la colpa è sempre e soltanto di Donald Trump: anche l'apocalittico uragano che ha trasformato il Texas in una palude di morte e di dolore è colpa è di Trump perché non ha rinunciato al Satana del politicamente corretto, ovvero non si è piegato alla teologia degli accordi di Parigi sponsorizzata da Barack Obama secondo cui la colpa di tutti i mali del mondo è la civiltà occidentale e dell'America in particolare. E se Trump annuncia un grande piano di intervento e ricostruzione in Texas, già il mondo urla che è anche questa un'altra sua colpa perché l'infernale Donald non può che speculare sulla tragedia altrui e far ingrassare i suoi amici già stramiliardari. Non c'è scampo: se il dittatore nordcoreano lancia missili come un pazzo verso Hawaii, Guam, Giappone, la colpa è tutta e solo di Trump che promette in caso di guerra ingiusta e non provocata «un inferno di fuoco come il mondo non ha mai visto».

Adesso il potente dittatore cinese lancia avvertimenti oscuri ricordando a Trump che «la Corea non è un gioco» dopo che aerei americani e sudcoreani hanno risposto agli ultimi lanci di missili da Pyongyang facendo volare i caccia lungo il confine coreano mettendo in mostra la potenza delle loro armi. Scherziamo? Questo Trump deve essere un pazzo, uno fuori controllo che - lui, non il matto di Pyongyang - mette a repentaglio la pace e le buone creanze. Anche la ventennale guerra in Afghanistan sta diventando una colpa di Trump che - da sempre ostile a quell'intervento - ha accettato la richiesta dei militari per l'invio di poche migliaia di soldati, troppi per una sconfitta, pochi per una vittoria. L'Afghanistan fa parte dalla caduta di Napoleone del big game, il grande gioco fra Russia, Cina e impero Britannico, ancora impegnato lì benché non sia più un impero.

Quando la giovane regina Vittoria seppe che i suoi quattromila giovani soldati erano stati sgozzati e soltanto un tenente medico si era salvato, disse che quel gioco doveva finire. Rudyard Kipling scrisse nel suo poema dedicato al Little British soldier, il piccolo soldato inglese, i versi famosi e terribili: «Se sei ferito e disperso nelle pianure afgane e vedi le donne che arrivano per farti a pezzi con i coltelli, raggiungi il tuo fucile, fatti saltare il cervello e vai dal tuo dio da soldato». Oggi l'Afghanistan è ancora un mattatoio dove anche la Russia ha perso le penne e le armi, il Texas è una terra sventurata di tifoni crescenti, il riscaldamento globale c'è perché è il ciclo della natura (fra Carlo Magno e Dante la Terra ebbe quasi mezzo millennio di riscaldamento globale e ai tempi della Roma dei sette re il Tevere diventava una lastra di ghiaccio e i romani avevano allestito un sistema d'allarme con le oche starnazzanti). Caldo, freddo, alluvioni e guerre non sono cose esattamente nuove, ma quel che è nuovo è che la colpa è di Donald Trump, lo zotico, l'insopportabile, l'uomo che dice troppo, anche quando farebbe meglio a tacere.

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