venerdi 29 marzo 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Rassegna Stampa
07.02.2017 Islamofobia e senso di colpa: il razzismo immaginario secondo Pascal Bruckner
Recensione di Alessandro Gnocchi

Testata:
Autore: Alessandro Gnocchi
Titolo: «Così il 'razzismo immaginario' soffoca la libertà»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 07/02/2017, a pag. 24, con il titolo "Così il 'razzismo immaginario' soffoca la libertà", la recensione di Alessandro Gnocchi.

Immagine correlata
Alessandro Gnocchi

Immagine correlata
La copertina (Grasset ed.)

In Francia sono in corso due processi molto simili. Il filosofo Pascal Bruckner, noto in Italia per numerosi saggi tra cui Il fanatismo dell'Apocalisse (Guanda, 2014), è stato denunciato per quanto ha detto nel programma Arte: «Farò i nomi dei collaborazionisti all'attentato di Charlie Hebdo, tutti coloro che hanno ideologicamente giustificato la morte dei giornalisti». Le associazioni citate subito dopo lo hanno portato in tribunale. Stessa sorte toccato allo storico Georges Bensoussan, il direttore editoriale del Mémorial de la Shoah, fra i massimi studiosi di antisemitismo di Francia. Due anni fa aveva detto alla radio: «Come sostiene un sociologo algerino, Smaïn Laacher, nelle famiglie arabe in Francia l'antisemitismo viene trasmesso con il latte materno». Incriminato per «incitamento all'odio razziale». In questo clima, è uscito il saggio di Pascal Bruckner, Un racisme imaginaire («Un razzismo immaginario», Grasset) subito al centro dell'attenzione generale.

Immagine correlata
Pascal Bruckner

Bruckner denuncia con forza l'odio e la violenza contro i musulmani ma contesta la nozione equivoca di «islamofobia». Secondo il filosofo, le accuse di islamofobia sono un'arma per soffocare il dibattito. Da oltre vent'anni, dice Bruckner, siamo testimoni della costruzione di un nuovo delitto di opinione simile a quello che veniva rinfacciato ai dissidenti (i «nemici del popolo») nei regimi comunisti. Le accuse, oltre a limitare la libertà d'espressione, ottengono il risultato di bloccare ogni tentativo di riforma nel mondo musulmano, isolando come «islamofobo» chi vorrebbe venire a patti con la modernità occidentale. Ma «l'antirazzismo» scrive Bruckner è «un marchio in continua espansione», perché ogni gruppo sociale si sente vittima. Il discorso va oltre l'islam. Tutte le mattine qualcuno «denuncia una forma di segregazione, felice di aver aggiunto una nuova specie alla grande tassonomia del pensiero progressista».

Si rinforza così l'arsenale, già preoccupante, delle leggi che puniscono i reati d'opinione. Leggi che finiscono col creare una sorta di «dispotismo dolce» nell'arena culturale. Alle associazioni di cittadini che combattevano il razzismo, quello vero, si sono sostituite lobby confessionali o comunitarie o umanitarie che inventano forme di discriminazione per giustificare la propria esistenza, ottenere il massimo della visibilità e raccogliere finanziamenti. Anche gli islamisti hanno capito il funzionamento delle società democratiche e lo sfruttano a proprio vantaggio. In nome della libertà individuale, un po' alla volta, erodono... la libertà individuale. Il libro di Bruckner contiene poi ampi riferimenti a fatti di cronaca. Ad esempio, la notte di Colonia. Tra giovedì 31 dicembre e venerdì 1 gennaio 2016, nella città tedesca decine di donne sono state molestate e aggredite sessualmente da un migliaio di ubriachi. Secondo i rapporti della polizia, la maggior parte delle persone coinvolte era di origine nord-africana o afghana.

La condanna però non è stata netta e unanime, dice Bruckner che passa in rassegna alcune spiegazioni bizzarre di quell'evento. C'è chi ha negato fossero aggressioni di natura sessuale, rivendicandone la portata politica. La folla ha preso di mira donne tedesche e bianche, simbolo dell'oppressione e della mancata accoglienza. A parere di questi sociologi, scrive Bruckner, perfino lo stupro è un crimine meno grave se il movente è soprattutto politico. L'islam sarebbe la «religione degli oppressi», in quanto tale permette ai post marxisti di dare una verniciata ai vecchi dogmi. La censura, infine, si rivela controproducente. Le parole (e le idee) condannate dal politicamente corretto poi tornano nello spazio pubblico portando con sé una carica dirompente che altrimenti non avrebbero.

Per inviare la propria opinione al Giornale, telefonare 02/85661, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


segreteria@ilgiornale.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT