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Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 30/06/2016, a pag. 13, con il titolo "Ben venga l'accordo con Israele", l'analisi di Fiamma Nirenstein.
Non ci poteva essere niente di più sensato e inevitabile, specie dopo il terribile attentato di martedì, dell'accordo fra Israele e Turchia che è stato sancito ieri dal Gabinetto di sicurezza. Eppure il documento è stato segnato da una discussione furiosa e emotiva, come avviene da queste parti dove democrazia significa spesso dissenso furioso. La collaborazione contro il terrorismo è uno dei punti importanti dell'intesa ed è interessante notare che la Turchia (che ha avuto oltre 280 vittime nell'ultimo anno), da protagonista in odore di rapporti sotterranei con Daesh, adesso è alleata con il peggior nemico del terrorismo internazionale, Israele. Certo questo non piace a Isis. Erdogan ha sempre usato l'odio per Israele come manifesto della sua identità islamista.
L'accordo che ha dovuto siglare cercando di uscire dall'isolamento internazionale è una rinuncia ideologica importante, che dà un buon segnale, anche se superficiale agli altri acerrimi nemici di Israele, fra questi l'Iran; in secondo luogo cerca il turismo israeliano, immagina un reciproco incremento tecnologico e economico, disegna un possibile gasdotto che la liberi dalla penuria energetica, può essere un ponte fra Israele e la Nato, e non ottiene niente per il suo amico Hamas: Israele ha rifiutato qualsiasi trasferimento diretto di beni o l'apertura di Gaza, tutto deve passare attraverso il porto di Ashod, come ai tempi della Mavi Marmara, la nave che voleva portare aiuti a Hamas su incitamento turco e fu fermata in mare, con nove morti. Israele è criticata oggi per i 200 milioni che verserà alle famiglie degli uccisi, si è detto che questo sostituisce una premessa ad altri risarcimenti paradossali a famiglie di terroristi. Ma oggi la Turchia si impegna a impedire a Hamas azioni militari dal suo territorio e a ritirare accuse che possano portare soldati israeliani al tribunale internazionali. Però, la grande obiezione è più seria della politica: le famiglie di due soldati dispersi nell'ultima guerra a Gaza, Hadar Goldin e Oron Shaul, vogliono riavere i loro cari. Un altro israeliano Avra Mengistu, di origine etiope, è sparito dentro Gaza dal settembre 2014. Le famiglie protestano disperatamente perché nell'accordo non c'è l'imposizione a Erdogan di chiedere a Hamas di restituire i ragazzi. Ma era impossibile: l'eventuale difetto dell'accordo è tutto nelle sue machiavelliche ambizioni imperiali, che ora gioca la carta dell'Isis o di Hamas, ora quella del mussulmano moderato. Ma Israele lo sa. Per inviare la propria opinione al Giornale, telefonare 02/85661, oppure cliccare sulla e-mail sottostante segreteria@ilgiornale.it |
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