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Rassegna Stampa
28.07.2014 Tel Hashomer: l'ospedale dove Israele cura i bambini di Gaza
Reportage di Fiamma Nirenstein

Testata:
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «L'ospedale dove si curano soldati e bimbi della Striscia»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 28/07/2014, a pag. 15, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo "L'ospedale dove si curano soldati e bimbi della Striscia "


Fiamma Nirenstein          Tel Hashomer Hospital (Centro Safra per l'infanzia)

(Tel Hashomer) Più che un ospedale è un microcosmo di Israele in guerra l'ospedale di Tel Hashomer, ultra-tecnologico, 2000 pazienti in una città di padiglioni. Mentre i volti sorridenti dei soldati uccisi in azione ti inseguono dai giornali e si avvilisce ogni speranza, Tel Hashomer ce la mette tutta. Girando per le sue stanze si penetra il punto interrogativo immenso del perchè in cambio di Gilad Shalit furono consegnati 1500 terroristi palestinesi. In Israele la vita non ha prezzo. Qui arrivano i soldati feriti direttamente dal campo: ne vediamo subito uno semisvenuto, un ventenne pallido, bruno, in barella subito dopo l'operazione.
 Per arrivare alla sua stanza gli infermieri si fanno largo fra un'ala di amore incontenibile diretta al terzo piano dove sono ricoverati i soldati, ragazzine che portano panieri di biscotti, bambini con disegni, cuori, palloncini, anziane signore americane con burekas fatte in casa, palesemente disadatte agli operati di fresco. Il ragazzo pallidissimo non capisce, non guarda, chissà quale granata, quale scheggia l'ha colpito, ha gli occhi rovesciati dell' anestesia. Lo seguono, belli quasi come lui, la madre col padre che la tiene forte per la mano. Un altro padre di guardia alla stanza del suo Roy, 21 anni racconta: "E' stato ferito di mattina, ha ricordato il numero della mamma, ci hanno fatto sentire la sua voce, e dopo ci hanno detto che aveva tutta la mano e parte del braccio spappolato. E' svenuto, 4 ore sotto i ferri. Conosco bene l'esercito in cui ho servito per tanti anni: vogliamo la pace, facciamo di tutto per risparmiare la vita della gente a Gaza, ma che ci possiamo fare se una banda di malfattori cerca di ucciderci coi missili, usa le loro case per nascondere le gallerie, le armi, i terroristi?". 
Natan Mor, 20 anni, ora può essere pilotato dalla mamma sulla sedia a rotelle nel corridoio, la madre sorride anche se il figliolo è tutto fasciato, gambe, braccia... Vuole già tornare dai suoi compagni. A una persona di cultura europea fa molta impressione questo mondo di giovani, studenti, lavoratori, in cui la motivazione verso la difesa del proprio Paese è uguale a destra e a sinistra. "Siamo molto uniti, persino medici israeliani e arabi"- dice il direttore generale dell'ospedale, il professor Ari Shamis -"Questo è l'unico ospedale, sui quattro del centro, in cui i soldati vengono trasportati dal campo. Il tempo è un fattore essenziale, da quando vengono evacuati a quando scendono con l'elicottero. Sono vittime di esplosioni o di spari. E noi siamo già pronti con le trasfusioni, le operazioni, l'assistenza ai genitori... quando li chiamiamo cerchiamo in ogni modo di far sì che sentano la voce del ragazzo stesso, anche già dalla camera operatoria. Abbiamo avuto 50 su 123 soldati feriti in guerra, ora qui ne abbiamo 29. No! 'sorride trionfante' non abbiamo perdite per ora. Stiamo curando con successo anche una famiglia palestinese evacuata da Gaza, per noi non c'è nessuna differenza: ricoveriamo chi arriva e lo curiamo al massimo livello".
 Medici palestinesi, malati palestinesi, bambini di Gaza sono la prassi dell'ospedale Tel Hashomer: saliamo col professor Yoram Neumann al terzo piano del reparto oncologico pediatrico. In ogni stanza, in cui l'aria ha il filtro "luminar airflow", tutto isolato e sterilizzato "più che negli ospedali americani" dice orgoglioso Neumann, è ricoverato un bambino di Gaza insieme ai familiari che se ne occupano. Su 22 bambini, 18 vengono dalla Striscia. Le mamme, vestite col velo, in genere giovanissime, siedono quiete vicino al loro bambino. C'è chi fa la chemioterapia, chi ha bisogno del trapianto di midollo, chi ha terminato la cura ma resta perchè a casa non hanno gli strumenti per seguire il bambino. In inglese stentato la mamma Nevin, mi parla di Aid, il bambino di un anno, ma resto sulla porta per non sciupargli l'aria. "Sono qui da 4 mesi, penso che ci dovrò restare ancora tre". E il marito?"E' a Gaza, molto pericoloso, ma sta bene, telefono, mi manca". Nevin dice che vuole la pace, shalom ripete. Ma non vuole dare il nome completo, Hamas può vendicarsi. 
Shalom: tutti vogliono tener viva la speranza. Il padre di Mordechai, 22 anni, anche lui è stato avvertito delle ferite dalla voce del figlio prima che affrontasse cinque operazioni al viso, alle braccia, alle gambe. Non c'è ombra di ansia o di angoscia nello sporgersi sull'orlo della morte alla sua età. Bisogna salvare la vita del Paese. Dice il professor Zeev Rostein, presidente dell'ospedale: "I soldati sono oggi meglio protetti sulla testa e sul petto, le ferite sono soprattutto agli arti. Li curiamo e li riabilitiamo al massimo della tecnologia. Per noi, non c'è nessuna differenza coi ricoverati palestinesi. E' un grande investimento: pensi che shock è per una famiglia di Gaza vedere che abbiamo con loro lo stesso rapporto che abbiamo con i nostri malati, Dopo tutto quello che gli hanno messo in testa, io penso che sia un grande investimento per la pace. Almeno, speriamo".

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