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Il Tempo Rassegna Stampa
17.09.2011 Così si rischia una violenza senza confini contro Israele
Intervista con Fiamma Nirenstein

Testata: Il Tempo
Data: 17 settembre 2011
Pagina: 7
Autore: Marino Collacciani
Titolo: «Così si rischia una violenza senza confini contro Israele»

Su IL TEMPO di oggi, 17/09/2011,Marino Collacciani intervista Fiamma Nirenstein, con il titolo "Così si rischia una violenza senza confini contro Israele".

Fiamma Nirenstein

 Fiamma Nirenstein, vice-presidente della Commissione Esteri della Camera, teme l'effetto domino della primavera araba.
«La pace si fa tra nemici, una dichiarazione unilaterale non ha senso e rischia di sfociare in una violenza senza confini».
Ha le idee chiare l'on. Fiamma Nirenstein e i passi dell'intervista che ci ha rilasciato sono flash, notizie a raffica che svelano piacevolmente la lunga militanza nella carta stampata, da giornalista di razza, dell'attuale vice-presidente della Commissione Esteri della Camera.
On. Nirenstein, cosa la preoccupa maggiormente della richiesta palestinese all'Onu?
«Al di là degli aspetti tecnici nonché di quelli negoziali, indissolubili, l'attuale scenario politico induce a una rapida e seria riflessione: il rischio, concreto, è quello di accendere una miccia che partendo dalle rivolte della "primavera araba" possa arrivare a Israele, in questo periodo storico obiettivo di violente pressioni da parte dell'Islam».
Si riferisce in particolare alla Turchia?
«L'atteggiamento assunto da Erdogan, col vergognoso tour che sta compiendo anche in Libia alla ricerca di consensi anti-Israele, è certamente da stigmatizzare. Ma le faccio io una domanda: "Quanto può essere contento Ahmadinejad di ciò che sta accadendo in questi giorni?"». A parte il presidente iraniano, chi altro teme all'interno dello scacchiere arabo in fibrillazione? «Hamas. È l'altro movimento integralista che non parla di negoziati o di richieste all'Onu e, come Ahmadinejad, vuole la distruzione dello stato d'Israele. Ma in questa posizione di insopportabile minaccia e di persecuzione, per assurdo Hamas funge in qualche modo da deterrente rispetto alle fughe in avanti di Mazen. Il presidente dell'autorità nazionale palestinese sa benissimo che, al di là della maggioranza di voti all'Onu, il peso specifico dei Paesi contrari alla richiesta è di notevole influenza sul piano dei rapporti internazionali. Dunque, Mazen è costretto, anche se ha deciso di vestire i panni del "duro", a prendere le distanze dalle posizioni più oltranziste, rispettando strategicamente l'importanza economica e la qualità politica dei Paesi europei contrari alla richiesta unilaterale. E poi, particolare non indifferente, c'è il veto posto in tal senso dagli Usa».
Esiste la possibilità di una ripresa dei negoziati? «Fino a ieri pomeriggio ero molto pessimista, ma la dichiarazione di Mazen che intende presentarsi, dopo il voto dell'assemblea dell'Onu, al Consiglio di sicurezza, sembra dare corpo a un'ipotesi di riflessione. Sostanzialmente, una volta incassato l'ormai scontato, numericamente parlando, assenso alla richiesta, Mazen potrebbe - dietro sua richiesta - riaprire al negoziato. Israele desidera che le due parti si siedano a tavolino, discutano e arrivino a un accordo di pace tra due popoli e due Stati». Che idea si è fatta dell'Onu?
«La prossima settimana ha un'occasione forse irripetibile per tornare a essere credibile e a svolgere il ruolo di pacificazione che le è affidato. Sul piano emotivo, e non solo, sono costretta a raccogliere la provocazione su un parere e citare per esempio un dato, che purtroppo è circostanziato: mentre la Cina uccide con colpi alla nuca i dissidenti, il Consiglio per i diritti umani dell'Onu ha dedicato i due terzi delle proprie risoluzioni contro Israele. Se non si interrompe l'escalation di odio si andrà verso una terza Intifada».

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