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Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.09.2017 Niall Ferguson su Brexit, immigrazione, islam
Lo intervista Luigi Ippolito

Testata: Corriere della Sera
Data: 07 settembre 2017
Pagina: 5
Autore: Luigi Ippolito
Titolo: «'C’è ancora voglia di Brexit. Il primo motivo? I migranti'»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/09/2017, a pag. 5, con il titolo 'C’è ancora voglia di Brexit. Il primo motivo? I migranti' l'intervista di Luigi Ippolito a Niall Ferguson.

Niall Ferguson è sposato con l'attivista di origine somala e islamica Ayaan Hirsi Ali, un punto di riferimento per chi ha aperto gli occhi sulla minaccia dell'islamismo in tutto il mondo. Non stupiscono le posizioni di Ferguson, che sarà certamente influenzato dalla moglie.

Ecco l'articolo:

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Luigi Ippolito

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Niall Ferguson, la moglie Ayaan Hirsi Ali

Autore di libri quali «Impero. Come la Gran Bretagna ha fatto il mondo moderno» e «Occidente. Ascesa e crisi di una civiltà», Niall Ferguson, docente a Harvard e a Oxford, è lo storico britannico maggiormente in grado di abbracciare con lo sguardo la Brexit, l’Europa e le loro vicissitudini. Polemista a volte controverso, sposato a un personaggio come l’attivista Ayaan Hirsi Ali, Ferguson si intrattiene con il Corriere a margine di un convegno che lo ha portato dall’America a Londra.

 

Oggi si discute di questo documento del governo per bloccare la libera circolazione degli europei. È l’immigrazione il nodo centrale della Brexit? «Certamente, lo era già l’anno scorso e per questo Cameron ha perso il referendum. Loro parlavano dei costi economici — e su questo ho sbagliato anch’io — mentre non volevano parlare dell’immigrazione, che era nella testa delle persone. Molta gente in Inghilterra guardava alla crisi dei rifugiati in Europa e pensava: se questi prendono il passaporto tedesco verranno in Gran Bretagna e non saremo in grado di fermarli. Questo era un tema fondamentale per gli elettori, e legittimamente, perché i tedeschi avevano aperto le porte a un vasto afflusso dal mondo musulmano. Se guardavi queste cose dal Regno Unito la reazione era: aspetta un attimo, che succede se arrivano qui? L’immigrazione era la questione chiave e una “hard Brexit” è l’unica soluzione logica se quella è la preoccupazione».

 

Ma alcuni cominciano a dubitare che la Brexit possa davvero avvenire. «Ho chiesto la scorsa settimana a un gruppo di italiani cosa accadrebbe secondo loro se ci fosse un secondo referendum: e tutti hanno detto che la Gran Bretagna voterebbe per restare. Ma i sondaggi mostrano una storia completamente diversa». Eppure quella è una percezione che si sta diffondendo, soprattutto in Europa. «Sì, si ripete che tutti hanno rimorsi e rimpianti, ma la pubblica opinione non si è spostata sulla questione: e se ci fosse un nuovo referendum la Brexit vincerebbe di nuovo. Di poco, ma rivincerebbe. Non c’è nessuna voglia di una marcia indietro: certo, c’è uno scenario di transizione, anche di alcuni anni, durante i quali saremmo come la Norvegia, cioè dentro il mercato unico ma fuori dalle istituzioni Ue. Questa è la “soft Brexit”».

E qual è il problema? «Il problema con la “soft Brexit” è semplice: non risolve nulla, perché saremmo sempre soggetti a leggi e regolamenti Ue e alla libera circolazione. I conservatori non ingoieranno la “soft Brexit” oltre un periodo di transizione di massimo due anni: dopo ci sarà una “hard Brexit” in cui la Gran Bretagna lascia il mercato comune e negozia un accordo di libero scambio. Non credo che su questo si torni indietro».

E quale sarà la relazione futura tra Londra e l’Europa? «Storicamente, la Gran Bretagna è sempre stata una parte d’Europa semi-distaccata: il dibattito sul coinvolgimento britannico nel Continente risale a due secoli fa, si è ripetuto nel 1914 e nel 1939 e non si è mai fermato. La Gran Bretagna si dirige fuori dalla Ue, il divorzio non verrà annullato, sarà costoso e protratto nel tempo. Alla fine Londra sarà nella stessa relazione con Bruxelles nella quale io sono con la mia ex moglie: non siamo in rapporti del tutto amichevoli ma non possiamo smettere di comunicare fra di noi, siamo vicini perché abbiamo bambini e interessi comuni, ci saranno molti cattivi sentimenti ma non si potrà troncare la relazione. La Manica non è così ampia, il commercio continuerà in modo sostanziale».

E il futuro dell’Europa dopo il distacco della Gran Bretagna? «Per l’Europa la questione principale non è la Brexit, la Ue è già andata avanti. La questione principale è cosa fare per rendere l’Europa un successo. Il problema è la fragile frontiera esterna lungo il Mediterraneo e la mancanza di una coerente politica di sicurezza verso la Russia. Ma non sono convinto che i leader europei abbiamo buone risposte a questi problemi».

Considera dunque l’immigrazione come una minaccia al futuro dell’Europa? «Dal punto di vista di uno Stato nazionale o di una confederazione una frontiera sicura è un requisito di base. Se non puoi controllare il traffico attraverso i tuoi confini perdi una delle caratteristiche distintive di uno Stato, la sovranità. L’ondata migratoria che abbiamo visto nel 2015-16 era grande, ma non abbiamo la garanzia che non ce ne sarà una ancora più grande nel futuro. È una prospettiva estremamente attraente andare in Libia, mettersi su una barca, essere raccolti da una Ong e venire sbarcati in Italia. Molti lo hanno fatto e ancora di più lo faranno in futuro. L’Europa è alla vigilia di una crisi migratoria ancora maggiore nei prossimi dieci anni: e cosa facciamo ora somiglia a mettere un cerotto su una enorme ferita. Non basta pagare i turchi o i libici, devi trovare modi più efficaci per prevenire questi sbarchi nel Mediterraneo e non credo che abbiamo minimamente risolto il problema».

Questo potrà tornare ad alimentare il populismo? «È un’illusione pensare che perché Wilders e Le Pen hanno perso il populismo sia qualcosa che accade solo nel mondo anglosassone, tra quei pazzi di americani e britannici. Wilders ha detto al forum Ambrosetti a Cernobbio che i populisti sono dalla parte della storia perché saranno giustificati sulle questioni chiave dell’immigrazione e dell’estremismo islamico. A meno che le élite europee, a Parigi, Berlino e Bruxelles, per non menzionare Roma, vengano fuori con risposte credibili alla combinazione di migrazioni di massa ed estremismo islamico, la gente si rivolgerà di nuovo ai populisti. Magari non quest’anno, ma non credo ci vorrà molto».

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