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Corriere della Sera Rassegna Stampa
21.08.2017 Alleluja! Il Corriere scopre l'islamofascismo
Francesco Chiamulera intervista Can Dündar , giornalista turco in esilio in Germania

Testata: Corriere della Sera
Data: 21 agosto 2017
Pagina: 5
Autore: Francesco Chiamulera
Titolo: «Così si espande l'islamofascismo»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 21/08/217, a pag.5, con il titolo "Così si espande l'islamofascismo", l'intervista di Francesco Chiamulera a Can Dündar.

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Can Dündar

 Alleluja! E' la prima volta che leggiamo la parola "islamofascismo" su un giornalone importante quale il Corriere è, il primo per diffusione, se non altro. Vediamo se ora questa parola verrà ritenuta degna di essere stampata anche sugli altri giornali.
In esilio Can Dündar, 56 anni, ex direttore del quotidiano Cumhuriyet, dopo l'arresto nel 2015 in Turchia oggi vive in Germania, un paese democratico dove può esprimenre il suo pensiero senza essere sbattuto in prigione, come è avvenuto in Turchia.
Dell'islam dice: " se questa religione ha anche un volto di pace, lo mostri.Non si vede". Una lezione di coraggio, Dündar l'islam l'ha conosciuto bene, sotto la dittatura di Erdogan, sa di cosa parla. Ai nostri tremolanti quaquaraquà l'invito a guardare la realtà dell'islam per quello che è.
Oppure è più rassicurante -per loro- essere invitati al Meeting di Rimini o alla Rassegna Spritualità di Torino, dove -come recita lo spot pubblicitario del Papa- si costruiscono ponti, non muri.

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Ecco l'intervista (mandatela ai vostri amici, ve ne saranno grati, il coraggio e la lucidità di Dündar comunicano una forza straordinaria)

Che sia in Italia per presentare il suo libro, Arrestati (Nutrimenti), che sia in Germania, dove ora vive, o altrove, Can Dündar ha il telefono che scotta. Suona per le telefonate degli amici, dei giornalisti di mezzo mondo, e soprattutto dei colleghi di Cumhuriyet, principale quotidiano turco di opposizione, del quale è stato direttore, prima di venire arrestato e incarcerato nella grande prigione di Silivri, vicino a Istanbul. Aveva denunciato, in un articolo, l'invio per mezzo di convogli turchi di armi dirette allo Stato Islamico. Ovvero: la connessione tra il governo Erdogan e organizzazioni terroristiche. Dündar guarda oggi all'Europa — da Barcellona alla «sua» Berlino — con profonda preoccupazione, per quella che definisce «la espansione dell'islamofascismo».
Can Dündar, cosa intende?
«La questione è semplice. La maggioranza degli islamici non sono terroristi. Ma quasi tutti i terroristi che agiscono in Europa e anche nelle nazioni musulmane sono islamici. Dunque è evidente che c'è un problema all'interno dell'Islam. Dovremmo parlarne apertamente, che si sia religiosi oppure no. E non voglio ovviamente biasimare l'intero mondo islamico, o 'Guardate che uso fa Erdogan dell'Islam 'Se questa religione ha anche un volto di pace, lo mostri. Non si vede una religione, ma il problema esiste. E non esito a chiamare tutto questo islamofascismo».
In che senso mette insieme le due parole, Islam e fascismo?
«Guardate al modo in cui il presidente turco Erdogan ha usato l'Islam per espandere il proprio potere. A come ne ha fatto una sorta di ideologia fascista, a suo servizio. Un cocktail assai pericoloso. E se l'Islam ha un altro volto, un volto di pace, bene, questo è il momento in cui coloro che lo possiedono lo mostrino. Al momento non lo si vede».
Si è chiesto dove siano le radici del terrorismo jihadista europeo?
«E difficile riprendere il bandolo della matassa di una lunga, lunga storia. Dico solo che uno dei punti di snodo è stata certamente la guerra in Iraq, con quello che si è portata dietro. Ovvero, lo Stato Islamico. Gli americani hanno agito in modo così duro, selvaggio, ingiusto, infiammando il sentimento antioccidentale in tutta l'Europa. Ero furioso anche io, che non sono antioccidentale. Ed esattamente come è cominciato in Iraq, sarebbe un errore pensare che questo immenso fenomeno possa finire bombardando la Siria». Erdogan ha invitato gli elettori tedeschi a non votare per Angela Merkel o per l'Spd di Martin Schulz nelle prossime elezioni per il Bundestag. Perché lo fa?
«Perché Erdogan odia le critiche. E odia chi lo critica. Merkel e Schulz si sono semplicemente uniti al suo club. Ogni dittatore ha bisogno di nemici: lui ne ha trovato uno nel governo tedesco. Per questo cerca di mobilitare le persone contro i grandi partiti». Riuscirà a farlo? Tre milioni di turchi vicano in Germania. Ma Cdu e Spd secondo i sondaggi raccolgono almeno 11 55% dei consensi.
«No, è chiaro che non accadrà. Erdogan sa che la sua azione non ha alcuna oggettiva possibilità di influenzare le elezioni di settembre. Lo fa solo per infondere nella gente la convinzione che lui abbia la possibilità di esercitare una qualche forma di influenza sulla politica europea. E — bisogna ammetterlo — fin qui questo azzardo gli è riuscito».
La marcia turca per la giustizia e contro il regime di luglio scorso è riuscita a unire le opposizioni?
«Per certi versi credo di sì. Si è conclusa con una manifestazione imponente. Ha anche aiutato a trasformare, almeno parzialmente, il carattere stesso di un uomo politico, Kemal Kiliçdaroglu, leader del Chp, primo partito di opposizione. E parso più carismatico. Ma resto convinto che il futuro della Turchia dipenda da quanto l'opposizione kemalista sarà in grado di allearsi con un elemento con il quale ha sempre avuto dei grossi dissensi: i curdi. E i partiti che li rappresentano, a cominciare dall'Hdp».
Ha citato ICihçdaroglu. In questi giorni si sono moltiplicate le voci di un suo possibile, imminente arresto.
«Sarebbe una sciagura: l'altro leader dell'opposizione, Selahattin Demirtas, è già in galera. Erdogan usa la religione per sovvertire il secolarismo turco, questo straordinario esperimento di democrazia laica in un paese a maggioranza musulmana. Da questo momento in avanti da un regime così mi aspetto, purtroppo, qualsiasi cosa».

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