|
| ||
|
||
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 11/07/2017, a pag. 26, con il titolo "Il conformismo di sinistra su islam, immigrati e reati", l'analisi di Giovanni Belardelli.
Ecco l'articolo:
Questo in fondo è successo anche di fronte alla legge sul cosiddetto ius soli: benché la maggioranza degli italiani sembri ormai contraria (come mostrava un sondaggio sul Corriere del 25 giugno) sia il premier Gentiloni sia il segretario del Pd Renzi hanno promesso che andranno avanti egualmente. Quasi che addebitassero le perplessità, i dubbi, le paure di milioni di italiani a un loro più o meno consapevole razzismo invece che considerarli come il prodotto di paure magari sbagliate, ma di cui bisogna comprendere almeno le ragioni. La sinistra, insomma, rischia di essere vittima (vittima, perché alla fine questo conformismo intellettuale che impedisce la riflessione fa perdere voti) del proprio stesso successo nell’ambito del discorso pubblico, del fatto cioè di aver saputo accreditare certe opinioni e valutazioni come le uniche consentite alle persone dabbene (quel che usualmente si chiama il «politicamente corretto»). Ad esempio, si può sostenere che vi sia una correlazione tra immigrazione e delinquenza? Naturalmente no, dal punto di vista del discorso pubblico consentito. Sì, se invece si guarda ai dati empirici, come quelli sulla criminalità degli immigrati resi noti un anno fa dalla Fondazione David Hume: secondo questi dati il tasso di criminalità relativa degli immigrati è in Italia sei volte superiore a quello dei nativi (il dato medio europeo è quattro). Sono dati di cui varrebbe la pena discutere, ma a farlo si rischia subito un’accusa di razzismo o islamofobia. Così come la stessa accusa si rischia se ci si interroga, come ha di recente fatto Maria Latella ( Messaggero del 23 giugno), sul fatto che gli episodi di aggressione in strada da parte di sconosciuti, di cui purtroppo le cronache riferiscono continuamente, sono da addebitare spesso a uomini provenienti «da culture nelle quali una violenza sessuale non è un reato». Non so se è una valutazione del tutto esatta; è però un’opinione che meriterebbe d’essere discussa, anzitutto per le evidenti implicazioni sul tema dell’integrazione; ed è anche un’opinione coraggiosa perché sfida il conformismo politico-culturale, dominante non solo in Italia. Lo stesso conformismo che per quindici anni — come riferì un’inchiesta indipendente del 2014 — aveva indotto poliziotti e assistenti sociali di una cittadina inglese, per loro stessa ammissione, a non intervenire di fronte agli abusi su centinaia di bambini compiuti da membri della comunità pachistana, per il timore di essere accusati altrimenti di razzismo. Ecco, se di moschee, immigrazione e di tante altre cose imparasse a discutere apertamente, forse il Pd riuscirebbe a recuperare l’attenzione e il voto di tanti ex elettori. Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante lettere@corriere.it |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |