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Corriere della Sera Rassegna Stampa
30.09.2016 La ragazza saudita che sfida le convenzioni dell'islam: scalatrice
Commento di Viviana Mazza

Testata: Corriere della Sera
Data: 30 settembre 2016
Pagina: 15
Autore: Viviana Mazza
Titolo: «Raha, la scalatrice saudita: 'Apro la via alle ragazze'»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 30/09/2016, a pag. 15, con il titolo "Raha, la scalatrice saudita: 'Apro la via alle ragazze' ", il commento di Viviana Mazza.

Speriamo che l'esempio di Raha Moharrak serva a muovere qualcosa nel mondo islamico e in particolare in Arabia Saudita. Tutti i grandi cambiamenti della storia, d'altra parte, prendono a modello casi emblematici e li diffondono. Vedremo se questo caso porterà a cambiamenti in meglio per le donne musulmane. Certo, Raha è riuscita in quanto appentenente alla élite del potere, ma tutto serve. Certo, nemmeno lei può guidare in pubblico, ma avere l'autista consola. Un merito però ce l'ha, lei si è ribellata.

Ecco l'articolo:

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Viviana Mazza

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Raha Moharrak

«Se io sono riuscita a cambiare la mentalità di mio padre, anche gli altri padri sauditi possono cambiare. E altre ragazze potranno ottenere più di me. Possono convincere il padre o il “guardiano”». Raha Moharrak è la prima donna saudita a scalare sei delle sette montagne più alte del mondo, un simbolo per la speranza di riforme in Arabia Saudita. Ha cominciato cinque anni fa, dal Kilimangiaro. «Cercavo qualcosa di nuovo, non ero contenta delle aspettative sociali, ovvero che mi sposassi — dice al Corriere della Sera — Avevo 25 anni. Non volevo cambiare la mia vita solo perché era previsto dalla società. Ho sentito di una spedizione sul Kilimangiaro e mi sono incuriosita». Si è allenata per due mesi: si faceva portare dall’autista nel deserto (le saudite non possono guidare, «un’altra cosa che deve cambiare ma non succederà da un giorno all’altro»); faceva trekking sulle dune trasportando uno zaino pieno di sabbia perché, in un Paese che scoraggia lo sport femminile sin dalle scuole, non c’erano strutture dove preparasi.

«Lo sport è considerato una cosa da maschi e contro la religione per via dell’abbigliamento». Il Kilimangiaro è stata la sua prima vetta. «Mi sono innamorata. Mi sono sentita a casa. E sono impazzita, ho deciso di continuare a scalare». Ma c’era un problema: la sua famiglia all’inizio non era d’accordo. In questi mesi le donne saudite hanno lanciato una campagna sui social media chiamata «Io sono la guardiana di me stessa», contro il sistema in vigore nel Regno secondo cui le loro scelte — dallo studio ai viaggi all’estero alle cure ospedaliere — dipendono dalla volontà del «guardiano» maschio (il padre, il marito, il fratello, il figlio). Hanno inviato al re 2.500 telegrammi e una petizione da 14 mila firme. Raha non è d’accordo con la regola del «guardiano», ma scardinarla «è una partita diversa», più difficile. «Non è detto, potrebbe cambiare. Non avrei immaginato di trovarmi in piedi sul tetto del mondo, ma l’ho fatto». Intanto, però, ha adottato una strategia di ribellione diversa: convincere il «guardiano».

La sua città, Gedda, è «leggermente più aperta di altre», ma non è stata una passeggiata. «Mio padre temeva per la mia sicurezza e per le reazioni sociali. Ci sono state volte che ha detto di no e io ho disobbedito, avrei potuto perdere la mia famiglia e loro avrebbero potuto perdere me, ma io ho cercato il loro consenso, non volevo dover scegliere tra la famiglia e la passione. Mio padre ha dovuto evolversi per accettarmi. Così abbiamo vinto». In montagna Raha non porta il velo e scala insieme a uomini: nel suo Paese «ci sono state reazioni di rabbia, delusione e frustrazione, ma significa che ho fatto qualcosa di buono». Gli scalatori stranieri spesso la deridono prima di vederla in azione, ma non le importa, la sfida è un’altra: «Quando scali combatti contro la tua mente, non contro la montagna. Lotti con quella voce che ti dice di mollare». La storia di Raha mostra come le saudite stanno lentamente conquistando gli spazi pubblici e cercando di ridefinire il proprio ruolo tra modernità e tradizione.

Oggi trentenne, fresca di master in graphic design ottenuto a Dubai, non esclude di sposarsi «se troverò una persona che regga il passo». E sta scrivendo un libro. Ma prima c’è un’ultima cima da affrontare: Denali, la grande e incostante montagna dell’Alaska. «Ho tentato una volta: valanghe, ghiaccio fino ai fianchi, vittime in un altro team, ho rischiato di morire». Ci riproverà l’anno venturo. «Voglio che Denali sia parte della mia storia, che io riesca a scalarlo o che fallisca».

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