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Corriere della Sera Rassegna Stampa
30.04.2016 Titolo e articolo diventano la miglior difesa di un terrorista
Se un terrorista è così sensibile, allora non è un terrorista

Testata: Corriere della Sera
Data: 30 aprile 2016
Pagina: 18
Autore: Giuseppe Guastella
Titolo: «Provavo rabbia per le bombe israeliane sui bimbi di Gaza»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 30/04/2016, a pag.18, con il titolo "Provavo rabbia per le bombe israeliane sui bimbi di Gaza" l'rticolo di Giuseppe Guastella.

Titolo e contenuto saranno estremamente utili all'avvocato che si assumerà la difesa dei terroristi fermati prima che potessero mettere in pratica i loro piani.
Vedete, declamerà il difensore, colui che accusate possiede un'animo sensibile, soffriva per i bimbi di Gaza, uccisi dai cattivi israeliani, come può volere la morte di innocenti ? e poi, vedete, sostengono che uccidere è contro i principi del Corano, sono una bella famiglia, lo scrive anche il Corriere della Sera, che non è certo un giornale complice del terrorismo !
Complimenti al Corriere e al cronista, con i ringraziamenti dello Stato Islamico !

Ecco il pezzo: 

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Giuseppe Guastella                              Abderrahim Moutaharrik

MILANO Appena qualche decina di metri separano in linea d’aria le celle in cui a San Vittore sono rinchiusi Abderrahim Moutaharrik e sua moglie Salma Bencharki. Piangono e si disperano per i due figli (2 e 4 anni) ora con i nonni. Giurano che con il terrore delle bandiere nere non c’entrano. «Sarò il primo ad attaccarli in questa Italia crociata», dice Moutaharrik intercettato. L’accusa ritiene che voleva fare un attentato all’ambasciata di Israele a Roma, ma il campione di kickboxing al suo legale, l’avvocato Francesco Pesce, che lo ha incontrato in carcere, giura tra le lacrime che era uno solo sfogo: «Vedevo in continuazione le immagini di persone, soprattutto bambini, uccise dai bombardamenti israeliani nella striscia di Gaza in Palestina. Non ce la facevo a resistere, non potevo sopportare quello che facevano gli israeliani, ma non ho mai fatto niente contro Israele». Così come assicura che, al di là di frasi pesanti e minacciose, non nutre «alcun risentimento verso il popolo israeliano e il suo Stato» e soprattutto non ha mai tentato di procurarsi delle armi: «Sono pronto a chiarire tutto». E la Siria? Dalle intercettazioni si comprende che voleva andare nel Califfato. «Non volevo aiutare l’Isis ma il popolo siriano martoriato da una tremenda guerra e combattere chiunque lo opprime», dice al legale aggiungendo che «l’intenzione era di partire con la mia famiglia». Poi, però, decide di restare e al foreign fighter Koraichi, che sembra invitarlo a colpire Roma, chiede che «almeno che i miei figli crescano un po’ nel paese del Califfato». All’avvocato Pesce, Moutaharrik, invece, dichiara che in più di 16 anni in Italia si è fatto molti amici di etnie e religioni diverse. «Non ho mai pensato di fare del male all’Italia o al popolo italiano. Dove vivo, molti mi vogliono bene e mi rispettano, e io faccio lo stesso». Perché quando sul ring indossava la bandiera dell’Isis? «È un simbolo islamico che ha oltre 1.400 anni che oggi viene associato a terrore e violenza, ma non vuol dire adesione al terrorismo. C’è scritto che “Non esiste altro Dio all’infuori di Allah”». Anche Salma ha scelto Pesce come legale. «Uccidere innocenti è contro i principi del Corano. Saremmo andati in Siria se mio marito avesse deciso e avremmo portato i figli perché non volevo che crescessero senza un padre. Dicono che sono una terrorista islamica, ma io non prego nemmeno Allah, e ogni tanto litigo con mio marito per questo».


lettere@corriere.it

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