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Corriere della Sera Rassegna Stampa
22.02.2015 Libia: il traffico di uomini serve a finanziare lo Stato Islamico
Analisi di Giovanni Bianconi

Testata: Corriere della Sera
Data: 22 febbraio 2015
Pagina: 14
Autore: Giovanni Bianconi
Titolo: «Libia, allarme sui trafficanti di uomini: 'Quegli affari servono a finanziare l'Isis'»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 22/02/2015, a pag. 14, con il titolo "Libia, allarme sui trafficanti di uomini: 'Quegli affari servono a finanziare l'Isis' ", l'analisi di Giovanni Bianconi.


Giovanni Bianconi         Marco Minniti


Un barcone di immigrati dalla Libia viene soccorso presso Lampedusa

Che i terroristi di matrice islamica utilizzino i barconi per spedire in Italia kamikaze e soldati della Jihad mescolati alle migliaia di clandestini in cerca di futuro, è un’ipotesi tanto azzardata quando priva di riscontri. Non ci crede il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, che coordina le inchieste sul traffico di esseri umani, e lo negano analisti e studiosi di quanto sta accadendo sull’altra sponda del Mediterraneo. Più verosimile, invece, è che lo Stato islamico arrivi a sfruttare parte del redditizio flusso di migranti, e con quei profitti finanzi le guerre civili che provocano le fughe di massa verso le coste europee. Lo sostiene Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica Limes , e lo conferma il sottosegretario delegato alla Sicurezza Marco Minniti: «Più si deteriora la situazione libica, più i trafficanti di persone diventano dominus degli affari; ed è chiaro che ci può essere un punto di contatto anche con l’organizzazione terroristica tout court , perché con uno Stato fragilissimo, niente più entrate economiche e pozzi petroliferi fermi, l’unica cosa che funziona è il traffico di esseri umani».

Da qui l’ipotesi che lo Stato islamico approfitti anche delle bande che organizzano le spedizioni di profughi per accumulare denaro e rafforzare la causa jihadista . «Ci sono i trafficanti di uomini — spiega ancora Minniti — come di petrolio, di droghe e opere d’arte; e poi c’è l’Isis, che in quelle stesse zone ha messo in piedi una struttura statale e ovviamente ha rapporti coi trafficanti. Consentendo i loro affari e lucrando sui loro guadagni». Conclude il sottosegretario: «I trafficanti di uomini non sono terroristi, ma dobbiamo considerarli come se lo fossero; perché non sono meno pericolosi e perché è ben possibile che da loro arrivino nuovi fondi per il terrorismo internazionale». L’analisi emerge dal convegno su «l’immigrazione che verrà» organizzato dai magistrati di Area (le correnti della «sinistra giudiziaria») a Catania, dove l’ufficio diretto dal procuratore Giovanni Salvi conduce importanti indagini sui gruppi criminali transnazionali che gestiscono la tratta dei migranti. Tra carenze di tipo normativo, investigativo e organizzativo. Ad esempio quelle seguite alla fine dell’operazione Mare Nostrum, che si spingeva molto più in là delle acque nazionali. Situazione di cui le organizzazioni approfittavano, perché portavano i gommoni per un breve tratto e lanciavano l’allarme, abbandonando i profughi all’intervento della Marina militare.

Questo ha fatto sì che nel 2014 l’Italia abbia accolto più del doppio dei migranti dell’anno precedente, ma ha anche permesso l’identificazione di 366 scafisti e il sequestro di 7 navi. Ora che Mare Nostrum è stata sostituita da Triton, dal raggio d’azione molto più limitato, i soccorsi sono più incerti e «le indagini per la repressione del fenomeno sono meno incisive», racconta il sostituto procuratore Rocco Liguori. Ma le difficoltà non riguardano solo investigatori e inquirenti. Ci sono quelle dei giudici chiamati a gestire le domande di asilo, con organici del tutto inadeguati.

A Catania la sezione del Tribunale civile che si occupa di separazioni, divorzi, diritti dei minori e contenziosi vari è chiamata a gestire anche i ricorsi dei richiedenti asilo: una pendenza di 1.696 procedimenti per la protezione internazionale. «Le iscrizioni dei nuovi casi sono quasi decuplicate dal 2010 e quasi raddoppiate dal 2012», denuncia il consiglio giudiziario. Il procuratore generale Salvatore Scalia spiega che «un richiedente asilo deve attendere 16 mesi per ottenere un’audizione, e 34 mesi per conoscere l’esito della decisione»; periodi lunghissimi trascorsi nei centri di accoglienza, con costi molto alti per lo Stato sui quali, «emerge la trama di un grande business nazionale sapientemente costruito sui migranti e sulla negazione dei loro diritti», come svelato dall’indagine romana su «Mafia Capitale».

Dal Consiglio superiore della magistratura, che ha destinato 20 magistrati in più a Milano per «l’emergenza Expo», il consigliere Piergiorgio Morosini auspica nuove risorse necessarie a «garantire la tutela di diritti di migliaia di persone, più importanti di Expo 2015».

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