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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.01.2015 Scontro di civiltà: ormai solo Federica Mogherini non lo vede, legga cosa sta accadendo in Yemen
Ivo Caizzi intervista Federica Mogherini, Paolo Gentiloni; cronaca di Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 20 gennaio 2015
Pagina: 14
Autore: Ivo Caizzi - Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Lotta al terrorismo: 'L'Europa si allei con gli Stati arabi' - Gli sciiti si ribellano, Yemen nel caos»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/01/2015, a pag. 14, con il titolo "Lotta al terrorismo: 'L'Europa si allei con gli Stati arabi", l'intervista di Ivo Caizzi a Federica Mogherini, Paolo Gentiloni; a pag. 15, con il titolo "Gli sciiti si ribellano, Yemen nel caos", la cronaca di Lorenzo Cremonesi.

Ormai Federica Mogherini è tra i pochi in Europa che ancora negano la realtà che hanno sotto gli occhi: lo scontro di civiltà, negato dalla responsabile della politica estera dell'Ue. Cosa altro deve accadere perché la Mogherini se ne accorga?
Consigliamo a Mogherini di leggere quello che sta succedendo in Yemen, poi ci dica se è il caso di collaborare con uno Stato ormai quasi nelle mani dei terroristi, come riferisce Lorenzo Cremonesi.

Ecco gli articoli:

Ivo Caizzi: "Lotta al terrorismo: 'L'Europa si allei con gli Stati arabi"


Federica Mogherini                      Paolo Gentiloni

L’Unione europea punta a contrastare il terrorismo islamico concordando misure di intervento comunitarie e alleandosi con vari governi musulmani. Nel Consiglio dei 28 ministri degli Esteri dell’Ue a Bruxelles, presieduto dall’Alto rappresentante Federica Mogherini, è stata impostata questa strategia incontrando il segretario generale della Lega araba Nabil Al Arabi. Tra le proposte Ue spicca lo scambio di informazioni tra i servizi segreti nazionali, che spazierebbe dai dati sui passeggeri dei voli aerei (Pnr) fino a quelli sui sistemi di finanziamento dei gruppi estremisti. In Italia oggi al Consiglio dei ministri è atteso il pacchetto antiterrorismo coordinato dal ministro dell’Interno Angelino Alfano in collaborazione con il Guardasigilli Andrea Orlando. «Abbiamo bisogno di una alleanza per rafforzare la nostra cooperazione», ha spiegato Mogherini, anticipando la linea che guarda all’Islam moderato e sarà discussa nel summit sull’antiterrorismo dei 28 capi di Stato e di governo dell’Ue in programma il 12 febbraio a Bruxelles. «Stiamo affrontando un terrorismo di matrice islamica, tuttavia i loro primi bersagli e primi nemici sono la stragrande maggioranza dei governi e dei credenti musulmani», ha sottolineato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni appoggiando l’alleanza Ue con Paesi arabi. L’emergenza è esplosa dopo gli attacchi sanguinosi di terroristi islamici nel giornale satirico Charlie Hebdo e nel supermercato kosher di Parigi. Giovedì scorso due presunti jihadisti sono stati uccisi in una sparatoria nella cittadina vallone di Verviers in Belgio. L’Ue, che in passato aveva nominato un finora poco utilizzato coordinatore delle attività antiterrorismo, intende accelerare sotto la pressione di vari Paesi membri. Francia, Belgio, Italia, Regno Unito e Olanda hanno sollevato anche il problema delle migliaia di musulmani europei trasferitisi a combattere in Siria e in Iraq. Il ministro degli Esteri belga Didier Reynder ha sostenuto l’importanza dello scambio di informazioni antiterrorismo, che ha considerato decisivo per individuare il gruppo di presunti jihadisti a Verviers e i loro collegamenti in Grecia e Turchia. In Belgio è stato schierato l’esercito per aiutare la polizia a proteggere gli obiettivi sensibili. Ma Gentiloni ha ribadito la contrarietà dell’Italia agli eccessi perché «non possiamo accettare che la minaccia del terrorismo cambi il nostro modello di società, basato sulle libertà fondamentali». Dal Consiglio sono trapelate resistenze a istituzionalizzare e automatizzare la condivisione delle notizie riservate. Pesano la concorrenza e le «gelosie» tra i servizi segreti nazionali. Ma il premier Renzi, da «Quinta Colonna», su Rete4, fa sapere: «Ci sono state almeno un paio di operazioni» contro il terrorismo condivise dall’Italia «con i servizi segreti degli altri Paesi». E Mogherini ha parlato di estendere la collaborazione a Stati come Turchia ed Egitto: "Dobbiamo evitare la percezione che ci sia uno scontro di civiltà".

Lorenzo Cremonesi: "Gli sciiti si ribellano, Yemen nel caos"


Lorenzo Cremonesi

Yemen di nuovo nel caos. Ieri la capitale Sanaa ha vissuto momenti di guerriglia urbana: il palazzo presidenziale colpito a cannonate, lo stesso convoglio di auto del presidente Abd Rabbu Mansour Hadi preso di mira dai cecchini, strade vuote, combattimenti nei quartieri dove risiedono i capi militari e i membri del governo, spari presso l’abitazione del ministro della Difesa. Fonti mediche sul posto confermano almeno 9 morti e una quarantina di feriti. Con le prime ombre della sera è stato imposto un fragile cessate il fuoco, restano spari isolati. L’impressione è che i combattimenti possano riprendere da un momento all’altro: in serata, i ribelli hanno circondato il palazzo del premier yemenita, Khaled Bahah, mentre quest’ultimo si trovava nella residenza. Così torna sotto l’occhio dei riflettori un Paese che in genere viene poco seguito dai media occidentali. Le violenze nella regione tutto attorno sono ultimamente di tale gravità che il pur destabilizzato Yemen passa in secondo piano. Tuttavia, proprio di Yemen si è tornati a parlare dopo l’attacco del 7 gennaio contro il periodico satirico parigino Charlie Hebdo , quando emerse che gli attentatori potessero essere legati alla cellula yemenita di Al Qaeda. E, adesso, i combattimenti di Sanaa ripropongono l’attualità del contenzioso religioso, ma anche militare, tra sciiti e sunniti, che dall’invasione americana dell’Iraq nel 2003 lacera il mondo islamico con rinnovata virulenza e vede al suo cuore il braccio di ferro tra Iran e Arabia Saudita. L’origine delle tensioni risale infatti al 2004, quando la tribù degli Houthi, una setta residente nelle province settentrionali di sciiti cosiddetti Zaidi (che per usanze e credenze sono prossimi ai sunniti), cominciarono una ribellione armata contro il regime dell’allora presidente Ali Abdullah Saleh (egli stesso di credo Zaidi). I ribelli accusavano il regime di essere corrotto, legato ai sauditi e troppo filoamericano. In pochi anni lo scontro si è allargato. Sanaa accusò l’Iran di fomentare i rivoltosi sciiti e trovò aiuto a Riad. Del caos approfittarono le cellule locali di qaedisti, puristi sunniti, pronti persino a lottare a fianco degli sciiti pur di eliminare il governo centrale. Tutto ciò spinse gli americani a compiere alcuni raid mirati contro i qaedisti dopo il 2009. Ma con scarso effetto. L’onda lunga della «primavera araba» raggiunse anche Sanaa nel 2011, tanto che un anno dopo Saleh fu costretto alle dimissioni. Ciò è però servito a poco, da allora le forze governative hanno progressivamente perso terreno. Tanto che nel settembre scorso le colonne militari Houthi sono arrivate a Sanaa. La promessa di una nuova Costituzione e maggior potere ai ribelli non è servita. Nel solo 2014 i morti negli scontri sono stati oltre 7.000. Ormai i giorni del presidente Mansour sembrano contati. Una settimana fa il suo capo di gabinetto e braccio destro, Ahmed Awad bin Mubarak, è stato rapito nel cuore della capitale. «Siamo vittime di un vero colpo di Stato», ha dichiarato ieri la portavoce del presidente, Nadia al Saqqaf. Il regolamento dei conti pare alle sue battute finali.

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