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Corriere della Sera Rassegna Stampa
22.08.2014 Il dramma degli ostaggi nelle mani dell'Isis
Analisi di Guido Olimpio, intervista di Lorenzo Cremonesi al terrorista Haji Othman

Testata: Corriere della Sera
Data: 22 agosto 2014
Pagina: 5
Autore: Guido Olimpio - Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Il blitz fallito e il riscatto da cento milioni - Gli altri occidentali tenuti in ostaggio? Li uccideremo tutti se non finiranno i raid'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 22/08/2014, a pag. 5, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo "Il blitz fallito e il riscatto da cento milioni " e l'intervista di Lorenzo Cremonesi al terrorista dell'Isis Haji Othman, dal titolo 'Gli altri occidentali tenuti in ostaggio? Li uccideremo tutti se non finiranno i raid'


Immagine dal video della decapitazione di James Foley


Di seguito, l'articolo di Guido Olimpio:


Guido Olimpio

WASHINGTON — L'Isis voleva molto denaro per rilasciare il giornalista James Foley. Almeno Zoo milioni di euro. Ai quali aveva aggiunto un'altra richiesta: il rilascio di alcuni cornpagni, compresa Aafia Siddiqui, una pachistana detenuta in Texas con l'accusa di terrorismo. I militanti hanno spedito diverse email alla famiglia del reporter e ad alcuni amici nel 2013, ossia un anno dopo il sequestro. Volevano esercitare pressioni psicologiche, ma il prezzo fissato sembrava fuori d'ogni logica e «non serio». Poi, nell'ultimo contatto, sono passati alle minacce pesanti. Prologo alla brutale esecuzione di Foley. Al retroscena, emerso ieri, se ne è aggiunto un altro, probabilmente collegato. Gli Usa hanno cercato di salvare il giornalista ed altri prigionieri occidentali con una missione delle forze speciali in Siria. Operazione non riuscita perché i cittadini stranieri erano stati spostati. La storia del blitz risale al 4 luglio. Quel giorno fonti locali raccontano di un misterioso episodio. Commandos che indóssano divise con insegne americane e giordane sono piombate in elicottero in un villaggio vicino a Raqqa. Hanno «tagliato» le vie di comunicazione, quindi hanno attaccato un covo di terroristi. Passano i giorni, l'episodio viene dimenticato. Ma riappare nella serata di mercoledì, con una rivelazione pilotata dalla Casa Bianca: abbiamo tentato di salvare Foley. L'intelligence ha raccolto dati ritenuti affidabili sulla presenza dei prigionieri, la dritta viene da una fonte «umana». Forse un membro della Ougaidat, la tribù che aiuta i militanti nella gestione degli ostaggi. O magari ex ostaggi che hanno anche fornito dettagli sulle torture riservate a Foley: in quanto americano era trattato come una bestia, con fante esecuzioni e una crocifissione. Il Pentagono affida il piano alla Delta Force e al 16oesimo Special Operations Aviation Regi-ment, i Night Stalker. Lungo nome per il reparto di sofisticati elicotteri Black Hawk modificati. Sono fantasmi nella notte. Hanno alle spalle tanti blitz, compreso quello che ha portato all'uccisione di Osama. Insieme a loro probabile la presenza degli Osprey, a decollo verticale. Quindi i droni. Partiti da una base amica (Giordania? Turchia?), gli elicotteri toccano terra vicino alla caserma «Bin Laden». Nuclei di commandos bloccano le vie d'accesso mentre il grosso assale il covo. Segue un conflitto a fuoco intenso e la ricerca dei prigionieri. La ricognizione si chiude senza hurrah: non c'è traccia degli stranieri. La Delta Force si ritira. Un testimone aggiunge: hanno portato via una dozzina di persone, forse islamisti. Una batteria anti-aerea è distrutta. Momenti drammatici. Arriva l'ordine di tutti a casa. Obama sperava di festeggiare il 4 luglio — giorno dell'indipendenza americana — con un annuncio di vittoria. Invece cala il segreto. Ora si discute a lungo sull'intelligence. E inevitabile. Ci si chiede perché il colpo sia andato a vuoto. Quanto era buona la fonte? Poteva finire in un disastro. La risposta è che si doveva tentare. Voci riferiscono che l'unità Usa avrebbe mancato di poche ore due cortei con a bordo figure importanti dell'Isis. E, ovviamente, si litiga sulla questione riscatti. Il governo è sempre stato contrario, però qualcuno ha chiesto polemicamente: abbiano scambiato il soldato Bergdahl con i talebani, perché non si è trattato sul reporter? I colleghi del giornalista spiegano che avevano discusso dj raccogliere fondi, ma somme molto più basse dei loo milioni di euro. Una parte dell'attenzione è poi puntata sui killer. Indiscrezioni sostengono che i prigionieri sarebbero sotto il controllo di guerriglieri del Caucaso — Georgia e Cecenia — insieme a volontari occidentali, probabilmente britannici, e sauditi della regione di Najd. Criminali che non sono usciti dal mirino americano. Ieri il segretario alla Difesa Hagel ha parlato di strategia di lungo termine in quanto gli estremisti — stimati in 17 mila — possono tornare all'offensiva. Gli Usa, dunque, potrebbero colpire 17sis anche in Siria, sono pronti a inviare altri 300 marines a Bagdad, vogliono creare una vera base in Kurdistan. Obama aveva escluso «boots on the ground». Invece ha già un migliaio di uomini in Iraq e ne ha mandati in Siria. Non è l'America a decidere, ma il Medio Oriente.

Di seguito, l'intervista di Lorenzo Cremonesi:


Lorenzo Cremonesi


ERBIL — Pronto Haji Othman? «Sì, con chi parlo?». Sono il giornalista italiano, ricordi? Ci siamo parlati due settimane fa. Avevo avuto il tuo numero dai cristiani scappati da Mosul e sfollati a Erbil. Posso farti un paio di domande? «Ancora! Ma non ti avevo detto di non telefonarmi più?». E' vero. Ma è importante. Solo un paio di domande. Vorremmo capire cosa pensate voi del Califfato. «Va bene, ma in fretta. Yallah, non ho tempo». Comincia così la conversazione telefonica avuta ieri mattina con Haji Othman, che i cristiani di Mosul descrivono come rappresentante del «Califfato» per i rapporti con le comunità non islamiche. La prima volta ci eravamo parlati per circa cinque minuti il io agosto. Adesso la conversazione non dura più di quattro. La sua voce è più calma. La linea più pulita. Il mio interprete sostiene che ha l'accento iracheno di Mosul. Per evitare che interrompa subito occorre partire con una domanda che in qualche modo lo stimoli a chiacchierare. Giunge voce che abbiate reclutato oltre 6.300 combattenti tra i musulmani locali a Mosul nelle ultime tre settimane. Come spieghi il vostro successo? «No, guarda che sbagli. Le tue informazioni non sono corrette. In realtà abbiamo accolto 23.000 nuovi fratelli tra le nostre file. E 6.000 di loro arrivano dall'estero, sono mohajerin (utilizza il termine diffuso nel mondo arabo per indicare i volontari nelle brigate internazionali della "guerra santa"). Sono tanti fratelli arrivati da tutto il mondo per unirsi a noi. Però adesso basta. Devo andare». Ancora un attimo. L'Europa e in particolare l'Italia hanno promesso che invieranno armi ai curdi. Che ne pensi? «Lasciate pure che i curdi ricevano tutte le armi che vogliono. Non importa. Noi stiamo ricevendo ancora più armi e di migliore qualità da quegli stessi luoghi da cui partono per i curdi. Per noi non cambia nulla, non costituisce un problema. Restiamo molto più forti». Perché avete decapitato il giornalista americano James Foley? Cosa volete dimostrare? C'è un attimo di silenzio, poi la sua voce cambia tono. Prima era come annoiata, frettolosa. Adesso sembra sinceramente entusiasta, quasi allegra. «La notizia della decapitazione è stata per noi motivo di grande gioia. Dall'altro ieri tutta Mosul e le regioni attorno sono in festa, la gente celebra questa azione. Siamo in festa. Ma ora basta, devo andare, chiudo». Per favore, un ultima domanda: cosa succederà agli altri ostaggi stranieri? «Ah! Questo dipende da Obama. Se non la smette di bombardarci, li uccideremo tutti. Capito? Li uccideremo tutti. E tu non mi telefonare più».

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