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Corriere della Sera Rassegna Stampa
26.07.2014 L' Ambasciatore antisemita rinuncia all'incarico. Un compromesso tra la Farnesina e il governo ungherese
Cronaca di Paolo Valentino

Testata: Corriere della Sera
Data: 26 luglio 2014
Pagina: 3
Autore: Paolo Valentino
Titolo: «L’inviato antisemita rinuncia. Passo decisivo della Farnesina»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 26/07/2014, a pag. 3, l'articolo di Paolo Valentino dal titolo "L’inviato antisemita rinuncia. Passo decisivo della Farnesina".


Péter Szentmihályi Szabó

ROMA — Péter Szentmihályi Szabó ha gettato la spugna, prima ancora che la richiesta di accreditamento come ambasciatore d’Ungheria a Roma giungesse alla Farnesina. Di fronte allo sdegno provocato in patria e all’estero dalle voci sulla sua nomina imminente da parte del governo di Viktor Orban, lo scrittore e commentatore politico di estrema destra, bollato come «noto anti-semita» dalla Anti-Defamation League, ha rinunciato, dicendosi non più disponibile per l’incarico.
A mandare il segnale decisivo alle autorità magiare che non fosse proprio il caso di insistere sul nome di Szabó, è stata una nota del nostro ministero degli Esteri: «La Farnesina auspica per lo sviluppo proficuo del dialogo italo-ungherese, che entrambi i Paesi possano disporre dei migliori e più efficaci canali di comunicazioni e confida dunque che per la guida della rappresentanza diplomatica sia proposta una personalità in grado di contribuire efficacemente al consolidamento delle relazioni tra i due Paesi». Un linguaggio diplomatico, ma molto chiaro.
Esprime soddisfazione la comunità ebraica di Roma, attraverso il suo presidente, Riccardo Pacifici: «Mentre nel resto d’Europa si manifesta con slogan contro gli ebrei, l’Italia dimostra ancora una volta di possedere tutti gli anticorpi per combattere l’antisemitismo».
Al telefono da Budapest, Szabó, che ha 69 anni, ci ha spiegato di aver deciso di farsi da parte perché non vuole «essere motivo di imbarazzo nei rapporti tra Italia e Ungheria». Ma si è difeso dicendo che gli attacchi contro di lui sono «privi di fondamento, basati su pregiudizi e false premesse. “Non mi considero antisemita. Lungi da me ogni sentimento razzista o xenofobo. Se vuole sapere la mia opinione, la polemica non è contro di me, ma contro il governo ungherese e il primo ministro Orban».
Pure, il caso contro Szabó si basa su argomenti molto solidi. Sostenitore delle teorie sulla congiura ebraica, ha più volte accusato gli ebrei di «aver tratto benefici dal business dell’Olocausto». Nel saggio «Gli agenti di Satana» pubblicato nel 2000, lo scrittore affermava: «Vivono qui in Ungheria, ma ci odiano. Non capisco perché rimangono, se è così male qui, in questo Paese accogliente, che è così stupidamente paziente. Non è difficile riconoscerli perché sono vili e impertinenti. Il denaro è il loro Dio, la loro lingua madre». E ancora: «Cerchi scuri sotto gli occhi, la pelle flaccida, palme sudate, piedi freddi».
A chi si riferiva? Di chi parlava? «La storia dell’Ungheria — dice Szabó — è quella di una nazione vittima, di un Paese diviso. Molti popoli di diversa nazionalità sono venuti da noi da rifugiati, si sono stabiliti qui e poi hanno cominciato a chiedere l’autonomia. Forse quello che ho scritto può essere malinteso. Ma io mi riferivo a tutti coloro che sono diventati ungheresi ma non hanno mai voluto condividere i valori, l’identità e i problemi della nazione. Gli ebrei non sono la sola componente di quel problema, potrei citare altre nazionalità, rumene, tedesche, che non hanno mai voluto essere parte della nazione ungherese».
Riassumendo, il mancato ambasciatore di un Paese membro dell’Unione Europea da un lato dice che non è antisemita, dall’altro dichiara tranquillamente che gli ebrei sono parte di un problema identitario e di integrazione, che affliggerebbe la nazione ungherese. E per evitare equivoci, parla anche di «mancata accettazione della cultura egemone» da parte delle varie minoranze che vivono oggi in Ungheria.
Se poi andate a chiedergli, cosa ne pensa dell’ondata di antisemitismo che si registra in Europa, vedi le manifestazioni in Francia, in Olanda e a Berlino, la sua risposta sembra quasi «voce dal sen fuggita». «Credo che l’allarme sia un po’ esagerato. Leggo che in quasi tutti i Paesi d’Europa ci sarebbe un aumento dell’antisemitismo. Ma penso che bisogna vedere le cose nella giusta dimensione e parlare di episodi isolati. Comunque posso dirle che non è il caso dell’Ungheria. Ci sono pochissime persone interessate a questo problema».

Per esprimere la propria opinione al Corriere della Sera telefonare al numero 02/62821 oppure cliccare sulla mail sottostante

lettere@corriere.it

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