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Corriere della Sera Rassegna Stampa
21.07.2014 Islam: una tradizione di tolleranza inesistente
tranne che nella mente di Roberto Tottoli

Testata: Corriere della Sera
Data: 21 luglio 2014
Pagina: 5
Autore: Roberto Tottoli
Titolo: «La decadenza dell'islam e il mito del ritorno alla purezza»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 21/07/2014,  a pag. 5, l'articolo di Roberto Tottoli dal titolo "La decadenza dell'islam e il mito del ritorno alla purezza".
 
Si tratta di un riassunto inadeguato che non tiene conto dei fatti ma solo delle buone intenzioni che esistono solo nella mente di Tottoli. Maometto, sin dall’inizio, chiarì la vera natura dell’islam: o ti converti e ti uccido. Avvenne, non a caso, alle tribù ebraiche che ebbero la sventura di trovarsi sulla strada di Maometto. Vennero tutte trucidate. Non si capisce quindi di quale tradizione scriva Tottoli.

Di seguito, l'articolo:


Roberto Tottoli

 Voi siete la migliore comunità mai suscitata fra gli uomini , dice un passo del Corano (3:110). E la promessa fu a lungo mantenuta: la Bagdad del califfato abbaside o la Cordova musulmana non avevano nulla da invidiare alle più grandi capitali cosmopolite della storia. A quei tempi l’islam era quello dei grandi dibattiti teologici e della filosofia, della religiosità popolare ma anche della speculazione giuridica più articolata. Non mancavano gli ulema che difendevano la tradizione, ma erano una voce insieme ad altre, sovente inascoltata. In un Impero che permetteva prosperità dall’Oceano Atlantico alla Cina, c’era stato spazio per tutti, soprattutto per la convinzione che fosse l’islam a garantire il primato.
Per capire che le cose erano cambiate e che l’Occidente cristiano, soprattutto dopo la scoperta dell’America, era cambiato, ci volle l’invasione di Napoleone dell’Egitto nel 1798. Da allora cominciò un’altra storia: un mondo musulmano conquistato dagli stati europei e sotto dominazione coloniale nel volgere di pochi decenni. Fu un mondo scaraventato drammaticamente di fronte alla modernità europea, con equilibri sociali e religiosi messi in discussione. Il fattore religioso cominciò allora ad entrare in gioco nei tentativi che dall’Egitto all’India si fecero per creare un «modernismo» islamico, che accogliesse le novità occidentali. Era un modo per preservare la propria fede e difenderla davanti a una realtà troppo diversa dal passato glorioso, cercando di sfuggire alla crisi profonda. Con scarso successo.
Da subito non mancarono posizioni diverse, da parte di chi a questa frustrante nuova realtà proponeva come soluzione a tutti i problemi il Corano e la tradizione profetica. Furono i primi radicali moderni, a partire dai Fratelli Musulmani, che condividevano con i modernisti la diagnosi: se l’islam si era ridotto così era perché dopo la morte di Maometto la comunità aveva sbagliato qualcosa in quella lunga storia medievale. Però per i radicali la terapia era diversa: non ci si doveva adattare all’occidente, bensì difendere l’essenza della propria tradizione, tornare alle «origini». E così, in un mondo arabo e islamico che ha visto tramontare negli ultimi decenni speranze di sviluppo politico e sociale, l’islam è rimasto ben presto l’unica forza in campo.
Alla lunga sta prevalendo la linea tradizionalista, incarnata negli ultimi anni dai salafiti. Un islam, il loro, arroccato in difesa contro ogni possibile influenza esterna, che dà solo certezze e che sta tragicamente cancellando differenze e sensibilità diverse. Il salafismo soddisfa in fondo i desideri di sconfiggere frustrazioni mai superate e di dominare una realtà sempre più complessa. Anche se, purtroppo per tanti altri musulmani, va in un’altra direzione rispetto alla loro storia e al resto del mondo .

Per esprimere la propria opinione al Corriere della Sera, telefonare al numero 02/62821 oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@corriere.it

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