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Corriere della Sera Rassegna Stampa
17.07.2014 Illusioni: l'accordo Usa-Iran per stabilizzare il Medio Oriente
l'analisi irrealistica di Paolo Valentino

Testata: Corriere della Sera
Data: 17 luglio 2014
Pagina: 10
Autore: Paolo Valentino
Titolo: «Ma la vera svolta in Medio Oriente dipende dall'intesa con l'Iran»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 17/07/2014, a pag. 10, l'articolo di Paolo Valentino dal titolo "Ma la vera svolta in Medio Oriente dipende dall'intesa con l'Iran".

Valentino scorge nella prospettiva di un accordo tra Usa e Iran la possibilità di una stabilizzazione del Medio Oriente. In assenza di garanzie certe circa la cessazione dei programmi nucleari di Teheran, tuttavia, un accordo costituirebbe un gravissimo pericolo, non solo per Israele ma per tutta la regione e per la stessa Europa.
Anche oggi, inotre,  l'Iran è uno dei principali destabilizzatori del Medio Oriente, attraverso un costante sostegno al terrorismo, in particolare di Hamas ed Hezbollah. Un accordo che lo rafforzasse contibuirebbe a rendere la regione ancora più pericolosa di quanto già non sia.

Di seguito, l'articolo:


Paolo Valentino L'ayatollah Khamenei

Dev’esserci più di un fondo di verità, se anche analisti conservatori come Leslie Gelb o diplomatici con una grande esperienza in Medio Oriente come Ryan Crocker, indicano l’intesa in fieri sul nucleare con l’Iran come il vero, potenziale game changer , la svolta, nel grande terremoto in corso nella regione. Seicento anni di Storia si stanno disfacendo sotto i nostri occhi. La struttura politica impostata dagli Ottomani nel 1500 è quasi del tutto crollata. Le artificiali costruzioni degli imperi coloniali sono a pezzi. E gli Stati Uniti, comunque privi di un disegno strategico, appaiono sempre meno in grado di influenzare gli avvenimenti, dominati dall’avanzata dello Stato islamico in Siria e Iraq, dalla nuova esplosione di violenza nella Striscia di Gaza, dalla continua instabilità dell’Afghanistan. In questo scenario caotico e pericoloso, il negoziato con Teheran appare come la sola carta in mano a Washington e agli occidentali per innescare una nuova dinamica nell’area. Probabilmente, ma non è detta ancora l’ultima parola, l’accordo non si farà il 20 luglio. Il segretario di Stato John Kerry ha lasciato Vienna parlando di «grosse divergenze» ancora esistenti su temi decisivi, ammettendo però che progressi sostanziali siano stati fatti. Un rinvio è probabile. Ma ormai è solo questione di tempo. Qui non entriamo nel merito. Ogni accordo dovrà assicurare che Teheran non sviluppi l’atomica militare, si sottometta al regime di non proliferazione e possa così avere un’industria nucleare pacifica nel pieno rispetto delle regole internazionali. Ma non c’è dubbio che un’intesa restituirebbe l’Iran a un ruolo di interlocutore regionale, del quale gli Stati Uniti e l’Europa oggi hanno assolutamente bisogno per far fronte alle crisi in corso. Teheran e Washington condividono interessi importanti in Iraq, in Siria e in Afghanistan. Per Teheran, la creazione di uno Stato islamico sunnita ai suoi confini sarebbe una catastrofe. E a Bagdad i leader persiani devono scegliere se appoggiare i loro clienti sciiti in una guerra settaria, ovvero lavorare con la comunità internazionale per costruire un Iraq federale. Ma è l’intera regione che sarebbe scossa positivamente dal ritorno e dalle nuove responsabilità del regime iraniano, che potrebbe infine volgere a fini positivi i suoi network d’intelligence, i suoi legami storici, religiosi, politici e geografici con i Paesi vicini. Ci sarebbero più opzioni disponibili e meno possibilità di ricatto. E anche le monarchie del Golfo, fin qui ostili a ogni affrancamento di Teheran, sarebbero costrette a scelte più chiare nei confronti del pericolo dello Stato islamico integralista.

Per esprimere la propria opinione al Corriere della Sera telefonare al numero 02/62821 oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@corriere.it

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