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Rassegna Stampa
02.02.2017 Furio Colombo 'double face': conosce Israele, allora perchè attacca Trump?
Lo intervista Umberto De Giovannangeli

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «'A Trump non interessa Israele ma solo Netanyahu'»

Riprendiamo dall' UNITA' di oggi, 02/02/2017, a pag. 9, con il titolo "A Trump non interessa Israele ma solo Netanyahu", l'intervista di Umberto De Giovannangeli a Furio Colombo.

Il titolo scelto per presentare l'articolo non rende giustizia alla complessità dei motivi fatti emergere da Furio Colombo. Colombo, per esempio, insiste sul doppio standard dell'Europa verso Israele e su decenni di politiche dettate più dal business con il mondo arabo che dal diritto e dalla giustizia. Certo, attacca Trump, anche se la politica di Trump verso Israele è la migliore da sempre!

Ecco l'intervista:

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Umberto De Giovannangeli

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Furio Colombo

"Donald Trump non è vicino a Benjamin Netanyahu in quanto primo ministro dell'unica democrazia in Medio Oriente, ma in quanto Netanyahu è parte di quella destra estrema, radicale, dura che il nuovo presidente degli Stati Uniti cerca di legare a sé, alla sua visione del mondo e delle relazioni internazionali. In tutto questo, l'amicizia tra i due popoli, i due Paesi non c'entra nulla». Se c'è un intellettuale che conosce e ama, con intelligente criticità e passione civile, Israele, questo è Furio Colombo. 

Per la sua lunga storia professionale, Colombo è anche un profondo conoscitore del «pianeta Usa». E dunque è la persona più adatta per analizzare i rapporti esistenti tra il neo inquilino della Casa Bianca e colui che per la quarta volta, un record nella storia d'Israele, è alla guida dello Stato ebraico. «Trump - rimarca Colombo - ha deciso di cavalcare e alimentare ogni spinta più estrema, anche di carattere razzista, che porti ad una rottura con quella che è stata la politica del suo predecessore alla Casa Bianca. È questo, ad esempio, il segno dell'abbattimento dell'Obamacare, che lascia senza assistenza sanitaria 20 milioni di persone, e così, per altri versi, è anche il suo voler cavalcare la paura e l'insicurezza di un Paese, Israele, che si sente accerchiato da Vicini ostili, per segnare una netta discontinuità in politica estera con Barack Obama».

In molti s'interrogano, spesso senza avere elementi di conoscenza, se quello sbocciato tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu sia davvero un grande "amore politico". Le cose stanno proprio così? Fino a qualche mese fa, nessuno aveva davvero cognizione di cosa Trump avesse a che fare con Israele, quale idea avesse a proposito del processo di pace o cos'altro. L'unica cosa che si sapeva è che una persona molto legata alla vita ebraica, è entrata a far parte della famiglia-Trump: il marito di Ivanka, Jared Kushner. Si tratta di una persona di successo, di grande successo imprenditoriale nella vita newyorkese. Jared non ha mai nascosto il suo legame con Israele e il suo sostegno alla comunità ebraica statunitense. Ma questo non basta per affermare che Donald Trump abbia maturato una politica «filo-israeliana» strutturata.

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Donald Trump con Benjamin Netanyahu

Resta il fatto che nelle sue esternazioni, prima da candidato e poi da Presidente eletto, Trump abbia sottolineato la sua totale condivisione della politica di Netanyahu. L'impressione è che Trump non sia interessato al rapporto con Israele per quello che è, il focolaio nazionale del popolo ebraico, l'unica democrazia in vita in Medio Oriente. A Trump non interessa la difesa d'Israele, della sua sicurezza, della sua esistenza. L'impressione è che a Trump interessi Netanyahu perché leader di destra non perché sia il leader che governa lo Stato d'Israele. Questo è un punto nodale. Non è Israele che sta a cuore a Trump, ma stabilire e rafforzare i rapporti con una destra dura, spregiudicata e, se necessario, estrema. Noi non stiamo parlando del rapporto fra un grande Paese democratico e ciò che rappresenta libertà e democrazia in Medio Oriente, ma del rapporto fra due leader che appartengono allo stesso tipo di destra.

Nella visione della nuova Amministrazione Usa c'è ancora uno spazio per quella soluzione, evocata da Obama e dai leader europei, al conflitto israelo-palestinese, fondata sul principio dei "due Stati"? Gli spazi ci possono anche essere ma il problema non è questo. Trump non sta facendo nulla che rappresenti realmente interessi, ansie, aspettative d'Israele. Nella sua narrazione non c'è nulla di quell'antico legame di amicizia che esiste tra i due Paesi, gli Stati Uniti e Israele. Gli interessi di cui Trump si fa garanti sono quelli di un leader, Netanyahu, che per l'idea di destra che incarna, è assolutamente affine al mondo di Trump. In questo, Israele c'entra poco o nulla. Netanyahu è per Trump uno dei tanti leader di destra con cui stringere un rapporto. Ad accomunarli è anche una visione di dominio che è tipica di una destra radicale.

In Israele esistono "anticorpi" contro questa deriva? Se Israele, sbagliando, ha pensato che la sua salvezza fosse affidarsi alla destra, di questo l'Europa porta una pesante responsabilità. L'Europa, voglio dirlo con nettezza, non ha alcun diritto né legittimità per "processare" Israele. Non può ergersi a giudice perché Israele è stata lasciata e in ostaggio in Medio Oriente dalla incapacità europea, dalla inettitudine dei Governi europei e dell'Unione Europea. Questa è una responsabilità pesantissima. Nei fatti, negli atteggiamenti, anche nella narrazione, l'Europa non ha mai lavorato veramente per l'inclusione. L'Europa non si è mai fatta carico davvero delle ansie, delle paure, reali, fondanti, che hanno scandito la storia d'Israele dalla sua fondazione ad oggi. Troppo spesso la "diplomazia degli affari" ha fatto chiudere gli occhi di fronte al fatto che Israele è circondato dai Paesi che non nascondono la loro volontà, i loro propositi di distruzione di Israele in quanto Stato ebraico. Troppo spesso l'Europa ha dato l'idea che la sua preoccupazione primaria non fosse quella di farsi carico della sicurezza d'Israele, ma quello di "tagliare le ali" a Israele per impedirle di "dominare" nell'area. Israele è stata vissuta come potenza dominante, e dunque da ricondurre a propositi meno bellicosi. Ma questo non è solo un errore politico. E' un insulto alla Storia: perché in tutte le guerre che hanno accompagnato la sua nascita e i suoi 69 anni di vita, Israele è stata attaccata. Difendersi è stato un obbligo, non una vocazione. 

Il suo è un potente j'accuse all'Europa. È l'amara constatazione della realtà. L'Europa avrebbe potuto svolgere un grande ruolo in Medio Oriente, in un rapporto inclusivo con Israele. Invece ha delegato questo ruolo alle varie Amministrazioni Usa. La Storia non può essere manipolata, due presidenti americani, Jimmy Carter e Bill Clinton, sono arrivati a un passo dalla pace, e a un passo dalla pace erano arrivati due primi ministri d'Israele, uno di destra, Menachem Begin, e uno di sinistra, Yitzhak Rabin. Questo smonta tutte narrazioni anti-israeliane che si sono susseguiti dal '48. L'Europa è stata politicamente assente e culturalmente indifferente. Dietro l'affermazione di una destra ultranazionalista c'è la solitudine d'Israele. Sola nel denunciare l'affermarsi dell'Iran come potenza nucleare e nel fronteggiare la minaccia del radicalismo islamico nella regione. La destra ha cavalcato questo senso di solitudine, ne ha fatto un pezzo fondante della sua politica. La destra ha interpretato la "psicologia di una nazione" che ha guardato alla destra come un'ancora di salvezza, garanzia dell'esistenza stessa dello Stato ebraico. L'Europa non può negare le proprie responsabilità.

Per tornare al rapporto Israele-Stati Uniti. Trump sembra intenzionato a smantellare la politica del suo predecessore. È una volontà totalizzante, che non riguarda solo i rapporti con Israele. Trump era in cerca di qualunque cosa che potesse rappresentare la distruzione delle politiche di Obama, anche se questo significava assumere istanze apertamente razziste. È quanto si è verificato con lo smantellamento dell"Obamacare". Quanto a Israele, Trump è vicino a Netanyahu perché lo sente affine, funzionale alla sua visione del mondo. Sostenerlo, è un altro modo per seppellire il lascito di Obama.

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