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Rassegna Stampa
09.12.2016 L'Unità vecchia maniera: riecco gli attacchi contro Israele
L'autore è Umberto De Giovannangeli

Testata:
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Israele, nuove colonie contro la pace»

Riprendiamo dall' UNITA' di oggi, 09/12/2016, a pag. 11, con il titolo "Israele, nuove colonie contro la pace", il commento di Umberto De Giovannangeli.

L'Unità non è più quella trinariciuta, ma Umberto De Giovannangeli, nostalgico (ex) comunista, torna a scrivere contro Israele. Il linguaggio che utilizza (Terrasanta, occupazione, colonie ecc.) è completamente sbilanciato contro lo Stato ebraico.

Quello che è peggio è il titolo, che si trasforma in una vera e propria accusa a Israele, che sarebbe l'ostacolo per la pace. Neanche una parola sul terrorismo palestinese: un'assenza ingiustificata che non stupisce...
L'Unità quotidiano del PD?  del PD di D'Alema, certamente, di Renzi non dovrebbe, poi ci viene in mente la Farnesina...

Ecco l'articolo:

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Umberto De Giovannangeli

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Legalizzare l'occupazione. Legiferare su un atto unilaterale che va contro la legalità internazionale e le risoluzioni Onu. Dare un colpo mortale a ciò che resta, davvero poco, della possibilità di giungere ad un acconto di pace in Terrasanta. Legalizzare l'illegalizzabile. È quanto ha cominciato a fare la Knesset (il Parlamento israeliano) che nei giorni scorsi, in prima lettura, si è pronunciata a favore di un nuovo disegno di legge che prevede di legalizzare 4mila insediamenti nella Cisgiordania occupata, su terreni privati palestinesi. Per diventare legge, il testo, votato da 60 deputati contro 49, deve ora superare tre letture alla Knesset.

L'iniziativa di legge è già stata fortemente criticata dalla comunità intemazionale. Ma questo non ha frenato l'azione del governo di Gerusalemme dove forte è la presenza della destra ultranazionalista legata a doppio filo con il movimento dei coloni. Un passo indietro, breve, nel tempo. Il progetto di legge sulla regolamentazione retroattiva degli insediamenti israeliani in Cisgiordania «permetterebbe una confisca dei diritti della proprietà privata dei palestinesi a beneficio dei coloni e ciò significherebbe superare un ulteriore limite anche nelle pratiche che abbiamo visto finora in Israele». A lanciare l'allarme, lo scorso 22 novembre, era stata l'Alta Rappresentante per la politica estera della Ue, Federica Mogherini, intervenuta durante il dibattito al Parlamento europeo.

L'approvazione di una legge del genere per Lady Pesc significherebbe «l'opposto di quanto il Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Ue, Onu, Russia, ndr) ha richiesto: vale a dire la salvaguardia della soluzione che si basa sui due Stati. «La scelta», ha riconosciuto l'Alta Rappresentante, «è nelle mani di Israele, ma io ritengo che sia normale esprimere da parte nostra il nostro punto di vista come farebbe qualsiasi amico». La speranza dell'Europa è che il governo israeliano faccia «la cosa giusta», aveva concluso Mogherini. Una speranza vana. Nel corso del dibattito precedente al voto, il leader dell'opposizione laburista Isaac Herzog ha definito il disegno di legge «orribile proposta della Knesset». Herzog ha fatto appello a tutti i deputati ad opporsi al disegno di legge, affermando che «mai prima, nella storia del Paese, la Knesset ha votato in contraddizione con la legge nazionale ed internazionale». Durissimo il giudizio di Ilan Gilon, parlamentare del Meretz (la sinistra sionista) secondo cui quel disegno «ricorda le leggi dei Paesi del terzo mondo, che vengono scritte retroattivamente per cancellare i loro crimini».

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Gerusalemme, il Muro occidentale e la Città vecchia

Ma l'appello non è stato raccolto: a maggioranza il Parlamento ha proseguito sulla strada della colonizzazione legalizzata. Quella che ha nel ministro dell'Istruzione, e leader del partito Habayit Hayehudi (Casa Ebraica), Naftali Bennet il sostenitore più convinto e deteminato. Dopo il voto, Bennet si è pronunciato così: «Proprio come abbiamo vinto in questa votazione, vinceremo in futuro, con tenacia, fede ed in accordo con il primo ministro Benjamin Netanyahu e con gli altri partiti dello schieramento nazionalista». Il governo aveva dato il via libera alla proposta di legge con un voto unanime.

Sul fronte opposto si schiera Yousef Jibril, deputato della Lista comune (alleanza politica di quattro partiti arabi israeliani): «Chiunque voglia avere ulteriore prova della crudeltà, immoralità e violenza dell'occupazione, la trova in questo disegno di legge - denuncia Jibril - che regala la terra a ladri crudeli e sputa in faccia alla legge e alla comunità internazionale». «La legalizzazione degli outpost - scrive Peace Now in un recente rapporto - non è solo un atto di approvazione retroattivo di fatti sul terreno, ma fa anche da luce verde per future costruzioni illegali, nell'idea che il governo le legalizzerà retroattivamente. Inoltre, una volta che un outpost sarà legalizzato, è probabile che venga espanso attraverso nuovi piani fino a trasformarlo in una colonia vera e propria». «La separazione creata da Israele fra i palestinesi e le terre usate per l'agricoltura e il pascolo consente ai coloni di costruire impuniti case, avamposti e prendere il sopravvento sulle risorse idriche. Al contempo, gli abitanti sono oggetto di attacchi di natura fisica», rimarca a sua volta B'Tselem, Ong israeliana che si batte contro l'occupazione nei Territori palestinesi. Queste leggi, concludono gli esperti di BTselem, «violano il diritto internazionale esono basate su una interpretazione distorta delle norme applicate da Israele in Cisgiordania».

Da Ramallah, le reazioni della dirigenza palestinese delineano uno scenario di fuoco: «I recenti provvedimenti israeliani stanno per condurre verso la catastrofe nella regione», afferma Nabil Abu Rudeina, portavoce del Presidente dell'Anp, Mahmud Abbas (Abu Mazen). «La leadership palestinese si rivolgerà al Consiglio di Sicurezza dell'Onu e a tutte le altre organizzazioni internazionali per fermare queste misure israeliane», annuncia Abu Rudeina. Riya al-MaliId, ministro degli Esteri palestinese, ha accusato a sua volta il governo israeliano di voler «imporre fatti sul terreno e creare nuove realtà, legalizzando le azioni illegali che commette».

Proteste che non minano la sicurezza dei falchi israeliani, convinti di poter contare sul sostegno di colui che dal 20 gennaio 2017 siederà alla Casa Bianca, Donald Trump. Per lui parla uno dei suoi più stretti consiglieri, Jason Greenblatt in predicato secondo diversi analisti di essere nominato da Trump inviato per il Medio Oriente. Alla Radio militare israeliana, Greenblatt ha detto che il presidente eletto «non vede negli insediamenti un ostacolo alla pace». «Non appartiene certamente alla visione di Trump - ha spiegato - la condanna dell'attività di insediamenti» da parte israeliana. Il cerchio si chiude.

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