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L'Espresso Rassegna Stampa
22.12.2003 Mettere in bocca agli altri le proprie opinioni
pur di attaccare Israele

Testata: L'Espresso
Data: 22 dicembre 2003
Pagina: 100
Autore: Tahar Ben Jelloun
Titolo: «Ragazzi senza veli»
Su L’Espresso di questa settimana compare un articolo di Tahar Ben Jelloun che opera una pericolosa manipolazione di concetti e fatti mischiandoli con la percezione dei valori. Si tratta dell’esposizione di uno scambio di email tra due ragazze sedicenni: una figlia di genitori musulmani e l’altra figlia di genitori cattolici.
Lo scambio di email riguarda soprattutto l’Islam e il modo in cui lo stesso viene visto e giudicato dall’esterno dal cosiddetto mondo "occidentale". In particolare vengono affrontati i pregiudizi sull’Islam, il velo, gli imam e altri simboli che spesso vengono impropriamente considerati portatori di valori negativi. Fin qui sembrerebbe una conversazione assolutamente innocente ed anzi meritevole in quanto intende affrontare con il linguaggio semplice di due sedicenni i pregiudizi negativi che sussistono nei confronti dell’Islam.
Ma sul finire di questa conversazione, Tahar Ben Jelloun non ha evitato una pericolosissima esposizione da parte delle due ragazze. Il dialogo si occupa della libertà di vivere in Francia piuttosto che in Marocco ma per un bizzarro salto logico (che temiamo ci sfugga) finisce per riguardare la situazione dei palestinesi e degli attacchi terroristici nei confronti di Israele. Riportiamo testualmente lo scambio per lasciare ai nostri lettori.

Cara Mérième, vorrei farti una domanda: sei contenta di vivere in Francia? O se vogliamo metterla in quest'altro modo: ti piacerebbe vivere in Marocco?

Cara Lydia, il Marocco è un bellissimo paese, ma senza le amiche mi annoierei. Quest'anno ho dovuto passare una parte delle vacanze in colonia in Corsica e un'altra parte a Tangeri in famiglia, ma per fortuna c'erano le mie amiche e i miei amici. Insomma, la Francia è il mio paese. Il Marocco pure, ma io non vorrei dover scegliere. È una questione di libertà. Io faccio sempre più fatica a discutere del problema palestinese con le mie compagne ebree del liceo. Sono prevenute. Appena comincio a parlare della storia di questo popolo mi tirano fuori gli attentati suicidi, l'antisemitismo, l'islamismo ecc. Non c'è modo di avere una discussione serena e intelligente.

Cara Mérième, gli attentati contro i civili sono insopportabili. Ti rendi conto? Vai a mangiare una pizza con gli amici e ti arriva addosso una bomba sotto forma di corpo umano. Che orrore. Cosa pensi di quelli che si suicidano ammazzando gli altri?

Cara Lydia, né io né i miei genitori siamo favorevoli a questi orrendi attentati. Ma al di là del dolore immenso, io mi pongo una domanda: cosa mai può spingere un ragazzo o una ragazza della nostra età ad andare a morire invece di vivere? Io penso che la vita non abbia lo stesso senso per chi ha una casa, un paese, una famiglia che lavora e la possibilità di fare progetti, e chi è stato privato di tutte queste cose. Non cerco di giustificare l'ingiustificabile, ma rifletto.
Come abbiamo avuto modo di evidenziare altre volte, gli articoli di Tahar Ben Jalloun risultano caratterizzati da presentazioni di fatti sotto una lente squisitamente politica (che spesso presentano pericolose distorsioni) o da visioni miopi della realtà. In questo caso viene utilizzato uno scambio di opinioni fra sedicenni (abile tecnica per non poter essere direttamente indicato come autore delle frasi) per poter affermare le proprie opinioni.

Il ragionamento esposto per il tramite delle due ragazze – i nostri lettori certamente lo riconosceranno – è estremamente parziale e pericoloso. Non si tiene conto dell’incitamento all’odio e all’antisemitismo, del trattamento riservato a coloro che si sottraggono al "martirio" o alle loro famiglie, del trattamento che invece viene promesso a coloro che abbracciano l’idea del suicidio, dei finanziamenti di stati arabi per le attività terroristiche, dei finanziamenti che vengono destinati alle attività terroristiche dallo stesso Arafat (fra cui anche i fondi UE), dell’utilizzo dei bambini da parte palestinese (come scudi umani o "fattorini" di armi). Al contrario, si da per scontato che Israele sia uno Stato sanguinario e conquistatore, con l’intenzione di cagionare violenze e di lasciare nella miseria il popolo palestinese. Inoltre desideriamo ricordare la necessaria distinzione fra la legittima critica allo Stato di Israele e l’antisemitismo (che innanzitutto nega il diritto all’esistenza dello stesso).

Nel discorso delle due ragazze sedicenni non compare – e non è legittimo pretenderlo – nulla di tutto questo che è un ragionamento estremamente complesso e delicato. Ma Tahar Ben Jalloun conosce molto bene questi argomenti e non doveva usare due ragazze per le sue personali intenzioni: banalizzare fatti e concetti e riproporre uno slogan propagandistico.

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