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Informazione Corretta Rassegna Stampa
29.05.2017 IC7 - Il commento di Andrea Jarach: Terrorismo: strategie e stupidità
Dal 21 al 27 maggio 2017

Testata: Informazione Corretta
Data: 29 maggio 2017
Pagina: 1
Autore: Andrea Jarach
Titolo: «IC7 - Il commento di Andrea Jarach: Terrorismo: strategie e stupidità»

IC7 - Il commento di Andrea Jarach
Dal 21 al 27 maggio 2017

Terrorismo: strategie e stupidità

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Una settimana, quest'ultima, talmente densa di eventi storici, dalla visita di Trump in Medio Oriente, al cinquantesimo anniversario della riunificazione di Gerusalemme, in cui purtroppo siamo costretti ancora una volta a dare attenzione al terrorismo islamista globalizzato. Il quale colpisce ormai ovunque in Europa e nel Mediterraneo. Cercherò di dare una interpretazione delle reazioni a questo terrorismo da parte delle autorità e da parte di una fascia intellettuale che è giustificazionista a prescindere.

Da parte delle autorità, in testa le somme cariche della Chiesa Cattolica e Papa Francesco, osserviamo sconcertati come sembri essere sceso un velo di apatia che fa accettare ogni atto terroristico come isolato e frutto della follia di singoli. È però così chiaro il movente religioso di questi atti che, oltre a fonti nel Corano stesso, questo terrorismo trova alimento nella rete di complicità islamiste presenti ormai ovunque. A questo (mi colpisce soprattutto il Papa come difensore della cristianità) si risponde apparentemente con ordinarie azioni di polizia, più o meno efficaci. Ma non certo accettando lo stato di guerra che di fatto è in atto.

Perché? Ho riflettuto a lungo e mi sono ricordato quando nella mia tesi di laurea, dedicata al terrorismo internazionale ormai quaranta anni fa, sostenevo che lo scopo del terrorismo era certamente quello di danneggiare il "nemico" ma soprattutto, attraverso la risonanza mediatica tra le masse, fare la funzione di quello che in una bomba è il detonatore. Senza questo detonatore anche la bomba più potente, quella nucleare, non sprigiona la sua tempesta di fuoco. In effetti la strategia di risposta alle provocazioni terroristiche, che sembra non dar peso alle minacce e alle azioni dei soldati del Jihad disseminati tra noi, avrebbe uno scopo "calmante" delle masse di islamici non particolarmente radicalizzati. Questi altrimenti potrebbero trovare un motivo di sollevazione e orgoglio nella nuova guerra agli infedeli. Trattando invece i soldati del Jihad da malati di mente isolati, senza troppa enfasi mediatica e senza risposte eclatanti, si tiene il livello dello scontro il più basso possibile.

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Quello che intendo dire è che milioni di giovani maschi che frequentano le moschee sono pronti a infiammarsi dentro le nostre società e non si può pensare di tenere a freno queste masse se fossero spinte da motivazioni di orgoglio religioso. Questo richiede misura nelle risposte e attenzione nell'uso dei media. E grande autocontrollo da parte dei media stessi. Ricordate il titolo di un quotidiano italiano dopo i fatti di Parigi: "Bastardi islamici". Non è certo intelligente fare il gioco del nemico. Poi, come ha imparato Israele negli anni delle stragi terroristiche quotidiane, nel silenzio, i capi e gli ingegneri del terrore devono essere eliminati senza clamori mediatici.

Quindi in sintesi credo che l'atteggiamento a volte davvero incomprensibile dei governi nei confronti del terrorismo islamista (incluso il governo della Chiesa) sia dovuto alla consapevolezza di non estendere l'incendio oltre il controllabile. Quello che però risulta incomprensibile, se non addirittura configurabile come incapacità di intendere, è la reazione di alcuni intellettuali di fronte al terrorismo islamista. Un esempio per tutti Sveva Casati Modignani, collaboratrice del Corriere della Sera e scrittrice di successo. In un talk show, dopo la recente strage di Manchester, esordiva con il dire che lei abita a Milano in una via multietnica e che è come se vivesse isolata in casa sua, circondata. Mi aspettavo quindi dopo questa constatazione un commento forte sul terreno di coltura del terrorismo islamico radicale... no, la signora Casati ha detto che all'origine del terrorismo vi sono le diseguaglianze sociali. Questa sua posizione, in settimana, la ho sentita in varie occasioni alla radio da parte di giornalisti e intellettuali.

Qui si entra a mio parere nel patologico affrontabile solo da psichiatri. Tutti sanno ormai che il terrorismo islamista non si nutre di miseria e di ignoranza, ma di solidarietà sociale (vedi le pensioni alle famiglie dei martiri offerte dalle moschee o dai governi di Hamas e Fatah) e di grandi intellettuali invasati al culto del Jihad come mezzo per raggiungere la meta indicata dal profeta Muhammad. Negare questo è saggio, se serve a evitare danni maggiori, ma criminale se serve a darsi una motivazione politicamente corretta nell'ambito di una vecchia ideologia di sinistra che voleva tutti i buoni tra i paesi del Terzo Mondo considerati poveri, e i malvagi tra i ricchi, di solito gli Stati democratici occidentali. Non vedere che le diseguaglianze più acute (a partire da quella tra uomo e donna) si trovano nei paesi apertamente islamici è proprio delle menti ideologicamente malate, dall'estrema destra all'estrema sinistra. E il ruolo di Israele... Forse qualcuno comincia a capire, dopo migliaia di vittime del terrorismo, che Israele è la prima linea in questa terza guerra mondiale ancora non riconosciuta. E che la sua capacità di prevenzione e reazione del terrorismo maturata in anni di guerra può essere molto utile al mondo intero.

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Andrea Jarach - Presidente Gruppo Proedi


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