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Informazione Corretta Rassegna Stampa
23.02.2017 Come si visita il monumento della vergogna
Analisi di Roberto Giardina

Testata: Informazione Corretta
Data: 23 febbraio 2017
Pagina: 1
Autore: Roberto Giardina
Titolo: «Come si visita il monumento della vergogna»

Come si visita il monumento della vergogna
Analisi di Roberto Giardina

A destra: Trapani in visita allo stadio olimpico con un gruppo di studenti di Reggio Emilia

Polemiche in Germania sul passato che passa, o forse no, in questo anno elettorale (si vota il 24 settembre). Per raccogliere i voti dei nostalgici, Björn Höcke, uno dei leader dell´AfD, il movimento populista, ha tuonato a Dresda contro l´Holocaust Mahnmal, il monumento che dal 2005 nel centro di Berlino, a poche decine di metri dalla Porta di Brandeburgo, ricorda i sei milioni di ebrei uccisi dai nazisti. “Un monumento della vergogna”, ha detto Höcke, professore di storia al ginnasio. In risposta alle critiche, anche da destra, ha ricordato che Rudolf Augstein, il fondatore e direttore dello “Spiegel”, scomparso nel 2002, aveva usato le stesse parole. Una menzogna. Augstein disse che il Mahnmal era un “monumento alla vergogna”.

Esattamente il contrario. Quelli dell´AfD si sono accorti che il nostalgico Höcke ha esagerato, e che rischia di far perdere più voti di quanti ne guadagni, si è proposto di espellerlo dal partito, ma finora si temporeggia. I vaneggiamenti di Höcke hanno stimolato le polemiche sul monumento dell´architetto americano Peter Eisenmann, inaugurato nel 2005, una distesa di stele di cemento vasta quasi quanto due campi di calcio, 19900 metri quadrati. Si dovrebbe vederlo dall´alto: appare come le onde di un mare di cemento. Ogni anno lo visitano oltre 500mila turisti, stranieri e tedeschi. Alcuni non si comportano come dovrebbero. L´ingresso è libero, si può vagare a piacere nel labirinto di steli di diversa altezza, coppiette si baciano, ragazzini saltano da una stele all´altra. E´ un´offesa alle vittime, si sdegnano in molti. Abbiamo chiesto che succede, e che ne pensa, a Salvo Trapani, che guida le visite al Denkmal, e anche ai campi di concentramento e di sterminio, da Sachsenhausen, alla periferia di Berlino, a Dachau, alle porte di Monaco, a Auschwitz.

Immagine correlata
Neonazisti tedeschi

“Ma era stato previsto da Eisenmann, lui non voleva che il monumento fosse chiuso da barriere di protezione, come un nuovo Lager. Il Denkmal non è un cimitero, vuole ricordare da vivi le donne e gli uomini sterminati nelle camere a gas. Ci si trova nel cuore del monumento e si pensa a ciò che avvenne, il comportamento di alcuni giovani non è un oltraggio alle vittime, ma esprime un desiderio di vivere. Altra cosa sono le scritte. Nel 2008, ricordo, furono tracciate croci uncinate sulle steli. E anche adesso, di quando in quando, qualcuno traccia scritte oltraggiose. Alcuni giorni fa qualcuno ha scritto “Es lebe Jesus”, viva Gesù, io l´ho interpretato come un insulto voluto alle vittime ebree. Ho informato i responsabili che hanno provveduto a cancellarlo.” Trapani, 44 anni, da venti a Berlino, si considera con autoironia una sorte di esule. Giovane omosessuale non si trovava a suo agio a Catania, dove è nato,ed ha trovato rifugio a Berlino. Si è laureato in storia dell´arte, e dal 2010 ha creato una cooperativa, la CulterelLabs (tre tedeschi, e un italiano, oltre a lui) che organizza viaggi sui luoghi della memoria in collaborazione con l´Istoreco, l´Istituto per la Storia della resistenza e della società, di Reggio Emilia. In questi giorni ha guidato oltre mille giovani italiani, divisi in tre gruppi, dal 13 febbraio al tre marzo,in visita a Ravensbrück e a Sachsenhausen. Immagine correlata
L'Holocaust Mahnmal, a Berlino

Guida solo italiani? “No, anche visitatori inglesi o americani. O tedeschi e svizzeri in Italia, sui luoghi della Resistenza e delle stragi naziste”.

Quali sono le loro reazioni? “Gli americani si comportano come liberatori. Durante la visita, ricordo che a giungere per primi a Auschwitz furono i soldati dell´”Armata Rossa”. I ragazzi italiani si sorprendono quando spiego che tra l´arrivo al Lager e la fine nella camera a gas passavano appena 45 minuti. Venivano eliminati senza perdere tempo. I giovani sono convinti che passassero settimane o mesi. Andiamo anche a Dachau, che non era un campo di sterminio, e fu il primo Lager aperto nel 1933 poche settimane dopo la presa di potere da parte di Hitler. Ci finivano gli oppositori, i comunisti, o quelli considerati asociali, come gli omosessuali. Ci sarei finito anch´io. Non sono previste visite appositamente per loro, ma quando li guido a Dachau si meravigliano che nei cippi che ricordano le vittime, manchi la stella rosa. Ma tutto rimonta agli Anni Sessanta e Settanta quando ancora vigeva il paragrafo 175 del codice penale che risaliva al tempo di Bismarck e puniva l´omosessualità.” Rimontava al 15 maggio del 1871, e rimase in vigore fino al 10 marzo del 1994, cinque anni dopo la caduta del “muro”, e quattro dalla riunificazione delle Germanie.

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Roberto Giardina 


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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