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Informazione Corretta Rassegna Stampa
21.07.2016 Chi parla per gli ebrei americani?
Commento di Caroline Glick

Testata: Informazione Corretta
Data: 21 luglio 2016
Pagina: 1
Autore: Caroline Glick
Titolo: «Chi parla per gli ebrei americani?»

Chi parla per gli ebrei americani?
Commento di Caroline Glick

(Traduzione di Yehudit Weisz, da The Jerusalem Post)

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Peter Beinart

Venerdì scorso, a Hebron, Peter Beinart (*giornalista di Haaretz) e alcune decine di ebrei antisionisti hanno vissuto una meravigliosa esperienza. Indossavano divertenti magliette blu e hanno cantato “Tiqqun olam” (riparazione del mondo) in due lingue. Hanno fatto finta di essere degli attivisti per i diritti civili. Si sono fatti filmare per mostrarsi coraggiosi. Si sono presentati alle forze di sicurezza dopo aver distrutto i pascoli di un contadino palestinese, mentre semmai avrebbero dovuto difenderlo. Cinque cittadini con la doppia cittadinanza, israeliana e americana, sono stati arrestati. E il resto ha fatto pranzo più tardi. Tutto sommato, è stata una grande esperienza.

La scena di Beinart e dei suoi compagni ammanettati, che cantavano le canzoni di Debbie Friedman a Hebron, era così assurda da sembrare quasi divertente. Ma c’era un che di minaccioso nella loro performance solipsistica. Ecco cosa ha riferito Beinart al giornalista del JTA (Jewish Telegraphic Agency) che si era unito alla protesta: “Mi sento come se stessi assistendo alla nascita di una nuova leadership .... La gente tenterà di considerare questi ragazzi di sinistra senza alcun collegamento con la comunità ebraica. Ma ... in realtà questi ragazzi provengono dal suo stesso seno”. Secondo JTA “molti appartengono a gruppi di sinistra che si definiscono di difesa di Israele, come J Street e il New Israel Fund, e altri a gruppi che più decisamente dividono la comunità ebraica, tra cui Jewish Voice for Peace, che sostiene il movimento BDS ( Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni ) contro Israele, e IfNotNow, che tiene i propri sit-in di protesta nei gruppi ebraici statunitensi”.

In altre parole, provengono dalla frangia estrema della comunità ebraica americana e non rappresentano una presenza statisticamente significativa. Ritengono però che le loro voci di minoranza dovrebbero bilanciare la stragrande maggioranza degli ebrei americani che sono in disaccordo con loro, e non perché a loro piace tiqqun olam. L’esibizione di Beinart non è una novità. Abbiamo visto diversi casi di frange della comunità ebraica sostenere che il loro antisionismo gli dà il diritto di mettere sotto accusa l’intera comunità.

Lo scorso aprile, per esempio, dopo che il capo degli Studenti per la Giustizia in Palestina, un gruppo di odiatori di Israele della Facoltà di Legge di Harvard, aveva posto una domanda antisemita a Tzipi Livni che si trovava lì in visita ufficiale, l’intera comunità ebraica presente presso la scuola, lo aveva condannato. Hanno chiesto che Husam El-Qoulaq si scusasse e che venisse punito per aver chiamato Livni “puzzona”. Ma poi, otto studenti ebrei, che non appartenevano alla comunità, hanno rilasciato una dichiarazione di sostegno a Qoulaq. Anche se non parlavano a nome della comunità, perché sono solo ebrei per nascita, gli otto studenti credevano di avere il diritto di contraddire l’intera comunità, sostenevano che non doveva essere presa sul serio la sua posizione. Beinart ed i suoi compagni vogliono farci credere che loro non sono solo un gruppo di “sinistra”, ma che vogliono che la leadership nazionale ebraica soddisfi le loro esigenze, come se fossero voci importanti nella comunità. Ma questi ebrei estremisti di Harvard non rappresentano nessuno.

Secondo i dati del 2013 del Pew Center, fra gli ebrei americani più di tre quarti si sentono legati ad Israele, convinti che rappresenti una parte importante della loro identità ebraica. Il 50% degli ebrei americani sostengono - o sono neutrali- riguardo agli insediamenti in Giudea e Samaria; il 44% sono contrari. Gli ebrei americani credono, con un margine di 3 a 1, che Israele è più sincero nella sua ricerca della pace di quanto lo siano i palestinesi. Meno dell’8% di coloro che s’identificano come ebrei, non credono che Israele sia una parte essenziale della loro identità ebraica. È vero, l’attaccamento a Israele è più debole tra gli ebrei più giovani. Ma, come ha osservato il sondaggio del Pew Center, non è chiaro se ciò sia dovuto all’età o ad un cambiamento di valori sociali. Storicamente, i giovani diventano più pro-Israele man mano che crescono. In entrambi i casi, però, questo non basta per legittimare coloro il cui attivismo si oppone alla stragrande maggioranza degli ebrei americani.

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Purtroppo, invece di riconoscere che Beinart e i suoi colleghi non rappresentano un collegio elettorale significativo e ignorarne le provocazioni, la leadership nazionale ebraica negli Stati Uniti sta costantemente legittimando lui e la sua fazione antisionista. Così i leader ebrei USA stanno trasformando il loro più grande timore, che i giudizi anti-Israele si diffondano nella comunità, mentre in realtà, possono solo essere una minaccia teorica per il futuro degli ebrei americani. La scorsa settimana, l’AIPAC (America-Israel Public Affairs Committee) ha invitato il gruppo anti-israeliano Breaking the Silence, finanziato dall’UE, riceve la maggior parte dei suoi finanziamenti dai governi europei e è diretto da israeliani, a parlare con una delegazione di rabbini americani. Questa Ong procura ai propri finanziatori rapporti pieni di false accuse di crimini di guerra contro le Forze di Difesa israeliane. I suoi collaboratori sono stati sorpresi e filmati da parte dei membri di AdKan (gruppo di attivisti di destra) a raccogliere informazioni sui sistemi di combattimento dell’IDF, su tattiche e piani operativi di riservisti e soldati in servizio attivo. In altre parole, Breaking the Silence è un gruppo anti-israeliano che persegue le politiche anti-israeliane di governi stranieri. Non ha rappresentanza elettorale in Israele. Parla a nome di se stesso e quello che dice è falso.

Eppure AIPAC ha deciso di dare voce a questo gruppo, sono stati invitati a dibattere come se fossero un gruppo legittimato a farlo. Invitandolo a rivolgersi ai suoi membri, l’AIPAC lo sostiene, proprio come la Columbia University sostenne chi voleva annientare Israele, quando, nel 2007, invitò il Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad a parlare ai propri studenti. La decisione di AIPAC di legittimare Breaking the Silence va di pari passo con la sua azione che ebbe successo nel 2012, quando convinse la base repubblicana a ridurre il sostegno a Israele nel programma elettorale. AIPAC pensava che era preferibile ridurre il sostegno repubblicano a Israele per avvicinarli ai democratici, piuttosto che fare pressione sui democratici a rafforzare il loro sostegno a Israele e quindi allinearsi con i repubblicani. La folle idea che si aiuta Israele, facendo capire che lo si realizza diminuendolo, è fin troppo familiare.

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Nel 1990 il Pew Center aveva pubblicato un rapporto da cui si evince che il tasso di matrimoni misti tra gli ebrei americani, negli ultimi cinque anni, aveva superato il 50%. Come Jonathan Tobin ha osservato in Commentary, nel 2013, le principali organizzazioni ebraiche americane hanno risposto alla notizia, adottando il concetto di “esagerazione”. L’idea era che facendo sentire le coppie miste a proprio agio nella comunità, queste avrebbero poi scelto di rimanere ebree. I dati dal 2013 hanno invece dimostrato che questa idea è stata un completo fallimento. Ingenti risorse sono state spese per quasi 30 anni per far sì che coniugi non ebrei si sentissero a casa. Eppure secondo i dati, la maggior parte delle coppie miste rimangono al di fuori della comunità e non crescono i propri figli come ebrei. In altri termini, il loro matrimonio misto era un segno che avevano già lasciato la comunità. Un investimento di gran lunga migliore sarebbe stato quello di dedicare risorse comuni, a quegli ebrei che realmente vogliono rimanere tali. Devono avere tutti gli strumenti educativi, sentirsi sostenuti e messi alla prova.

Peter Beinart e la sua banda, non hanno messo in scena a Hebron trovate pubblicitarie ridicole perché ci tengono a essere ebrei. Si comportano in questo modo perché si preoccupano di essere di sinistra. Credono che la sinistra stia diventando antisemita e vogliono assicurarsi che saranno presenti sulla scena dopo che questo sarà accaduto. Porre fine all’abbraccio della leadership con le voci anti-sioniste è il compito degli ebrei impegnati d’America. La stragrande maggioranza degli ebrei americani sono sionisti, non dovrebbero consentire che la loro voce venga attutita, e tanto meno soffocata da una piccola folla di estremisti che hanno già scommesso contro la comunità.

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Caroline Glick
 


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