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Informazione Corretta Rassegna Stampa
23.08.2014 Claude Lanzmann: ecco l'articolo integrale
Scrittore e regista: chi lo imita in Italia ?

Testata: Informazione Corretta
Data: 23 agosto 2014
Pagina: 1
Autore: Claude Lanzmann
Titolo: «La crociata pro-Gaza anti-Israele dei 'Quattro moschettieri'»

Come annunciato su IC di ieri, http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=54935 ecco la traduzione integrale dell'articolo di Claude Lanzmann, uscito su LE MONDE di giovedì 21 agosto dal titolo: "La crociata pro-Gaza anti-Israele dei 'Quattro moschettieri': Rony Brauman, Régis Debray, Edgar Morin e Christiane Hessel hanno torto".
(Traduzione di Yehudit Weisz)


Claude Lanzmann

Si chiama “scambio sproporzionato”. Eric Marty ne aveva scritto in modo impeccabile sul numero 677 diTemps Modernes. Per recuperare e restituire alla sua famiglia uno dei suoi soldati, Gilad Shalit, tenuto in ostaggio da Hamas per oltre cinque anni, Israele aveva liberato all’istante 1.027 prigionieri palestinesi che stavano scontando lunghe pene per crimini e stragi, alcuni persino l’ergastolo, poiché in Israele non esiste la pena di morte: 1027 a uno! Non era stato il primo scambio. Era già successo quattro o cinque volte: lo scambio sproporzionato era già stato attuato da diversi governi israeliani - di destra e di sinistra. Nessuno allora, sia tra i partiti propensi allo scambio sia tra coloro che, vigili, tenevano puntigliosamente la contabilità dei misfatti di Israele, aveva pensato bene di gridare alla sproporzione, di denunciare lo scandalo ontologico dello scambio sproporzionato, sì uno scandalo, perché implicava in primo luogo che le vite umane non hanno lo stesso valore! La verità è che, dopo la Shoah e la morte di sei milioni di ebrei che ci si vergogna quasi di ricordare, gli israeliani accordano alla vita di ciascuno di loro un valore incommensurabile, un valore tale che sembra che questo Paese autorizzi i suoi nemici a sottoporlo a un ricatto permanente, il che porta a provocazioni della peggior specie. Non è questo il luogo per dissertare sull’unicità del rapporto tra l’ebraismo e la vita che, in particolare dopo la Shoah, ha continuato a crescere e radicarsi. Ma le 64 giovani reclute che hanno appena perso la loro vita a Gaza, hanno avuto appena diritto a una menzione di compassione nell’incredibile “ultimatum” a François Hollande, Presidente della Repubblica, pubblicato da Le Monde martedì 5 agosto, co-firmato da Rony Brauman, Regis Debray, Edgar Morin, con in coda, al fine di mettere a tacere qualsiasi obiezione, il quarto moschettiere, la moglie del defunto Stéphane Hessel, l’indignato, di nome Christiane. Testo fazioso, bugiardo, vile e provocatorio, della cui falsità, delle sue omissioni, in una parola, del suo vuoto le auguste menti che l’hanno redatto non potevano non essere a conoscenza. Siamo consapevoli che a ferragosto, per essere certi che si sarebbe prestata loro l’attenzione che la gravità delle loro parole avrebbe richiesto, abbiano immaginato di appellarsi al Presidente della Repubblica, e lo abbiano arruolato sotto la loro bandiera per darsi maggiore visibilità, convincendolo che lui era il “contabile” (sic) di una certa idea della Francia e gli abbiano ordinato di agire, cioè di scatenare una crociata anti-Israele e di prenderne il comando. Non hanno avuto il coraggio di proporre lo schieramento di una o due squadriglie di Rafale, che avrebbe potuto risolvere la questione come avvenne per la Libia e garantire alla Francia salvo l’onore. Ma non dubitiamo affatto che questa brillante idea sia stata accarezzata da pochi. Confidiamo che François Hollande abbia pensato: “Chi credono di essere? ” come François Mitterrand, che sapeva rispondere a tutte le forme di ultimatum e soleva dire a chi pretendeva di forzargli la mano “Chi credete di essere? Per chi mi prendete?”. Chi potrebbe immaginare che Hamas, acerrimo nemico di Israele e della sua esistenza - i programmi, insegnati ai ragazzi e alle ragazze nelle scuole di Gaza, ne sono una riprova senza speranza evidente e unanime - sarebbe stato colto di sorpresa dai bombardamenti israeliani? E’ lui che li ha voluti. Di quali potessero essere l'orrore e la rabbia ispirati dal numero di civili morti e feriti, è Hamas il principale responsabile. Le sue donne che simulano il terrore vengono riportate con un cinismo gelido dalle quattro anime belle dell’ “ultimatum”. Questa non è la prima volta che l'esercito di Israele entra a Gaza e, dato che ogni volta, le sue perdite sono così pesanti, un trabocchetto fin dall’inizio nella storia di questa nazione, si comprende la sua riluttanza a inviare i propri figli a morte certa. Ma questa perfida bestia è così: quando è attaccata, si difende. Attacca persino senza preoccuparsi delle "sproporzioni" che le saranno addebitate comunque sia. I nostri moschettieri si chiudono in una discussione grottesca tra l’incidente di volo della Malaysia Airlines, attribuito a Vladimir Putin, e i morti palestinesi, vittime “prese di mira” e rivendicate da Israele. Il fatto che Israele “prenda di mira” le sue vittime dovrebbe aumentare la sua reputazione e il suo onore. Cellulari, volantini, SMS, avvertono le persone che stanno per essere colpite. Ci si congratula in modo ridicolo con il Presidente della Repubblica “per prendere in mano il destino e il dolore delle famiglie delle vittime di una catastrofe aerea in Mali”- come se non avesse niente di meglio da fare! -, ma si tace scrupolosamente sui 10.000 missili pronti per essere lanciati nei tunnel di Gaza come le statue dei guerrieri Xian del Shaanxi, in attesa del loro turno per colpire in modo, questo sì, indiscriminato, le città israeliane di Gerusalemme, Tel Aviv e Haifa, per la prima volta raggiungibili. Hamas sapeva perfettamente che l'assassinio dei tre adolescenti israeliani rapiti, sommato al lancio di missili verso le città israeliane, avrebbe provocato la reazione dello Stato ebraico: esattamente quel che voleva. La sua provocazione ha avuto successo, ma ciò non significa che sia stata in grado di bloccare il crescente isolamento di Hamas nel mondo arabo, che è stato senza dubbio lo scopo nascosto del vasto dispiegamento di forze. Ci parlano di Gaza come di una prigione a cielo aperto, e le proteste di Hamas contro la chiusura da parte degli egiziani del valico di Rafah e lo smantellamento dei tunnel che passano sotto la frontiera meridionale, sono state prese per oro colato. La loro propaganda è ben costruita, ma come ogni propaganda, mente. La gente non muore né di fame nè di sete a Gaza, i negozi sono pieni di merci, basta avere un po’ di denaro per far sì che la lotta di classe esista lì come altrove. I ricchi abitanti di Gaza che vivono nelle loro grandi ville sulle colline, non fanno la carità ai rifugiati che considerano come un cancro. "Abbiamo avuto l'opportunità di andare a Gaza, dove c'è un Istituto Culturale Francese; e gli SOS che riceviamo dai nostri amici sul posto, che vedono i loro cari morire in terribile solitudine, ci hanno sconvolto”, scrivono Rony, Edgar, Regis e Christiane. Parliamo dell'Istituto Culturale Francese a Gaza: è una bolgia umanitaria, installata come avamposto della propaganda anti-israeliana rilanciata da mille altoparlanti che cercano di farla passare per una città nemica e per questo motivo soggetta a un blocco come il ghetto di Varsavia.

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