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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
22.05.2016 Rilettura femminista della Bibbia
Commento di Giulio Busi al libro di Tamar Ross

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 22 maggio 2016
Pagina: 37
Autore: Giulio Busi
Titolo: «Rilettura femminista della Bibbia»

Riprendiamo dal SOLE24ORE/DOMENICA di oggi, 22/05/2016, a pag. 37, con il titolo "Rilettura femminista della Bibbia", la recensione di Gliulio Busi al libro di  Tamar Ross, Constructing Faith, a cura di Hava Tirosh-Samuelson e Aaron W. Hughes, Brill,Leida, pagg. 312, euro 33

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Giulio Busi                                La copertina

Dal testo di Giuio Busi, segnaliamo il capoverso "il libro sacro, e il patrimonio delle usanze e della legge, non sono contenuti fissati per sempre, ma un'energia, che si libera in ogni generazione, nei modi plausibili e comprensibili per quell'epoca." Un concetto della fede ebraica ignorato, che crea confusione quando vengono paragonate le fedi monoteiste. A differenza di cristianesimo e islam, l'ebraismo, nel proprio testo sacro, contiene una regola precisa, l'interpretazione. E' attraverso l'interpretazione che gli ebrei seguono le proprie regole religiose, questo spiega come l'ebraismo sia oggi compatibile con la società moderna, anzi, in molti casi, sia stata proprio l'interpretazione dei testi sacri  ad essere causa e motivo della modernità nella quale vivono le società democratiche. Prima fra tutte Israele.

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Ecco il pezzo:

E' una porta stretta, quella del pensiero contemporaneo. E chi voglia oltrepassarla, deve spogliarsi di molti panni, antichi e nobili. Come fare a portare con sé fede e innocenza religiosa, anche oltre la soglia della ragione che tutto dubita? Tamara Ross è studiosa e filosofa, una voce importante nel femminismo ebraico di orientamento ortodosso. Della pretesa degli storici d'essere oggettivi e imparziali ha fatto esperienza fin dai suoi studi accademici, negli Stati Uniti prima , e in Israele poi, dove insegna all'Università Bar Ilan di Tel Aviv. Rispetto a cosa, vuol essere imparziale uno storico? Alla verità del passato, da ricostruire con il freddo metodo della scienza, o alla verità del presente, che come un mare in tempesta ci lambisce, a volte ci sommerge, quasi sempre c'impensierisce? E la fede, poi, che pretese conoscitive può mai avere, con le sue deboli prove fattuali, con quel credere, così tangibile nelle azioni e nelle parole e pure sfuggente nelle sue cause profonde. Quando Mosè vuol preparare la sua gente alla rivelazione divina, sul Monte Sinai, mette in guardia il popolo: «Siate pronti fra tre giorni, non vi accostate a donna». Per una donna ebrea di oggi, che sia credente e viva il proprio ruolo con convinzione, quella separazione e tabuizzazione del femminile, proprio alle soglie della teofania, può essere frustrante e incomprensibile. Ross, che credente e convinta interprete della tradizione lo è senza dubbio, ha cercato, in scritti importanti, di riflettere sullo statuto di immutabilità del testo sacro. Se la Bibbia e la tradizione rabbinica attribuiscono alla donna un ruolo subalterno, e usano un linguaggio maschilista, dove s'annida l'errore? È l'interprete, che fraintende, o è il testo, che è come avviluppato in un mondo arcaico, paternalistico, discriminatorio? Tamara Ross ha il dono di una prosa cauta ed equilibrata. E non ama le posizioni radicali. Chiede a se stessa e agli altri con tono educato, sebbene le domande siano gravi ed eloquenti. Se il linguaggio della rivelazione stride con la sensibilità contemporanea, a chi dar retta? Cosa rimane di divino, se ogni testo, anche quello biblico, può essere storicizzato, visto nei limiti dell'ambiente in cui è stato redatto? Molto, risponde la Ross, anzi tutto e un poco di più, ed è affermazione sorprendente quando ci saremmo aspettati un rifiuto o una critica distruttiva. Il concetto cardine attorno a cui si muove questa rilettura femminista è quello di interpretazione cumulativa. La rivelazione non avviene una volta per tutte, in maniera definitiva, ma dipende e si sviluppa dalla comunità a cui è rivolta, la custodisce, la medita, l'approfondisce. In questo senso, l'apparizione sul Sinai è solo un inizio. E se quest'inizio parla la lingua della società patriarcale del Vicino oriente antico, tutto il lavorio delle generazioni successive, e di quelle attuali, è anch'esso parte costitutiva dell'incontro tra divino e umano. Partita dalla questione femminile, la Ross giunge a considerazioni che abbracciano il più ampio problema dell'attualità del discorso religioso. Non è modificando il testo che si riscrive il giudaismo. Piuttosto, il giudaismo, di cui le donne fanno ora parte in maniera più consapevole, può impossessarsi sempre più profondamente della forza della Torah. Come a dire, che il libro sacro, e il patrimonio delle usanze e della legge, non sono contenuti fissati per sempre, ma un'energia, che si libera in ogni generazione, nei modi plausibili e comprensibili per quell'epoca. Non sfugge come questa visione sia calibrata sul senso, tutto postmoderno, di una verità contestuale. Religione, insomma, non come sistema chiuso ma come esperienza che si avvera nella sua intensità storica ed emotiva. La porta stretta della ragione e della critica la si può varcare anche di slancio, conservando solo l'essenziale. Tamara Ross è convinta che per continuare a credere nel passato sia necessario cambiarlo, oggi.

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letterealsole@ilsole24ore.com

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