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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
20.08.2014 Israele e Hamas: la falsa simmetria di Ugo Tramballi
che dimentica la differenza tra chi vuole distruggere e chi si difende

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 20 agosto 2014
Pagina: 1
Autore: Ugo Tramballi
Titolo: «Il nodo del riconoscimento reciproco»
Riprendiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 20/08/2014, a pag. 13, l'articolo di Ugo Tramballi dal titolo " Il nodo del riconoscimento reciproco"

Tramballi equipara il mancato di riconoscimento di Israele da parte di Hamas al mancato riconoscimento di Hamas di Israele: entrambe sarebbero le vere cause del conflitto.
Si tratta di una tesi falsamente equidistante. Hamas vuole distruggere Israele e uccidere tutti gli ebrei, non nel giorno del giudizio, ma subito. Questi obbiettivi sono nella sua carta costituitva. Israele non vuole distruggere nulla e nessuno, si limita a difendersi.  E' questa l'origine del conflitto. Ed è questo il motivo per cui Israele non lo accetta come interlocutore. Su che cosa dovrebbe trattare, infatti ? Sulla propria cancellazione dalla carta geografica ? Che la Confindustria abbia una linea-guida dipendente dal petrolio arabo era arcinoto, come lo sono le cronache di Ugo Tramballi, il quale non si era mai spinto fino a tanto. Il Sole24Ore e il Manifesto uniti nella a lotta al servizio dell'estremismo islamico. E poi dicono il capitalismo... ma mi facci il piacere, avrebbe detto Totò.


Di seguito, l'articolo:




Ugo Tramballi




Richieste di Hamas: "Morte a tutti gli ebrei"
John Kerry: "Potresti almeno incontrarlo a metà strada ?"


Sono mille le spiegazioni tecniche del nuovo fallimento dell'ennesima tregua della ripetitiva guerra per Gaza. Anche in questo conflitto così insensato ai più, ognuno ha ragioni e presunzioni da far pesare. Ma c'è una sola ragione, la più semplice, che spiega l'impossibilità di un compromesso solido e duraturo di questo conflitto che sembra non aver mai fine: il rifiuto di riconoscere l'uno l'esistenza dell'altro. Israeliani e Hamas trattano per interposta persona, in questo caso i diplomatici egiziani. Per Israele il movimento islamico palestinese è solo un'organizzazione terroristica; per Hamas gli ebrei dovrebbero essere tutti buttati a mare. I giudizi in realtà non sono sempre così netti: in questi anni gli uni e gli altri hanno mandato segnali di fumo ma le occasioni di calma, quelle nelle quali la trattativa prevale, sono sempre state così brevi che le opportunità non sono mai state approfondite. Il diniego prevale ed è inscalfibile come l'acciaio. Così, qualsiasi richiesta minore e comprensibile - come per esempio dare respiro alla gabbia di Gaza nella quale sono rinchiusi più di un milione e mezzo di palestinesi, o garantire agli israeliani che dalla Striscia non arrivino altri razzi - diventa una montagna invalicabile. Ogni punto negoziale, anche irrilevante, è una lotta per la vita e la sopravvivenza di un intero popolo. E difficile da spiegare a chi ha osservato incredulo da lontano più di un mese di guerra brutale (la terza in cinque anni), la mobilitazione della diplomazia mondiale, gli appelli del Papa, le tregue che si facevano, scadevano e si rifacevano: ma la realtà è che nonostante tutto questo, l'opinione pubblica di Gaza è con Hamas e quella di Israele con il governo Netanyahu. Nella seconda qualche pacifista manifesta, nella prima no. Ma sono dettagli irrilevanti. Se attorno alla Striscia cadesse la gabbia, gli israeliani si rivolterebbero contro il loro governo; e se Hamas accettasse di disarmare per permettere l'ennesima ricostruzione, Gaza scenderebbe in piazza a protestare. Domani o fra un mese, i nemici troveranno un compromesso minimo e indolore per tutti, solo perché sono esausti. Ma la modica quantità di compromesso per impedire a israeliani e palestinesi di riprendere la loro guerra oggi, è quella che garantirà la prossima domani.

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