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Avvenire Rassegna Stampa
01.10.2017 Siria: la Russia potenza coloniale
Analisi di Francesco Palmas

Testata: Avvenire
Data: 01 ottobre 2017
Pagina: 15
Autore: Francesco Palmas
Titolo: «Sulla Siria avanzano le ombre russe»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 01/10/2017, a pag.15 con il titolo "Sulla Siria avanzano le ombre russe", l'analisi di Francesco Palmas.

La politica di Putin nei confronti della Siria è l'espressione moderna del vecchio colonialismo. Curioso che così non venga definito dai nostri 'esperti' in politica estera. Eppure i requisiti ci sono tutti. Se rende conto il quotidiano dei vescovi, nel pezzo documentato di Francesco Palmas, che analizza le tecniche di penetrazione in Siria del governo russo. Che in Italia sia proibito criticare Putin?Che siano i rapporti commerciali a dettare la linea?

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Francesco Palmas

Due anni e 90mila bombardamenti dopo, la Russia tira le somme della sua guerra in Siria. Un intervento dirimente, giocato di sorpresa, secondo i canoni della dottrina Gerasimov. I russi hanno sparigliato le carte. 1130 settembre 2015 sono scesi in campo, quando Assad stava ormai per esser defenestrato dai ribelli. Hanno rovesciato la scacchiera e riposizionato le pedine. Assad ha ormai vinto le battaglie delle grandi città, lungo l'asse cruciale Damasco-Aleppo. Combatte ancora, nell'est del Paese. Protetto dai raid e dalle forze speciali miste russo-siriane, ha cambiato le sorti della piccola Dien Bien Phu siriana, quella Deir ez-Zor strangolata dal Daesh per due anni. Un'area petrolifera che fa gola anche ai curdi e che gli americani vorrebbero ghermire per spezzare il continuum sciita fra Damasco e Baghdad. Ma che cosa ha mosso l'interventismo russo in Siria? Vitto. Ambizione geopolitica, calcolo diplomatico, realpolitik, business delle armi e scarsa considerazione per le migliaia di civili uccisi. I russi hanno piantato la bandiera in Siria e non se andranno più. Hanno conquistato una base aerea, la prima oltreconfine, e una base navale in fieri. Hanno cancellato i tre quarti del debito siriano, affittando per 49 anni il porto di Tartus. Forse lo pagheranno con armi, forse con l'annullamento del debito restante. Ne faranno una grande base navale, nel mare nostrum, punto d'approdo e di stazionamento per sommergibili nucleari. Putin è ambizioso.Vuole altri scali navali in Egitto e in Libia. Sta per fare qualcosa che non era mai riuscita agli zar, né ai sovietici: accedere in pianta stabile al Mediterraneo. Va letto in quest'ottica anche il modus vivendi trovato con la Turchia, che controlla l'accesso mediterraneo della flotta russa del Mar Nero, in forte potenziamento. Le guerre cambiano gli scenari e i rapporti di forza. Sono grandi vetrine per gli armamenti. In Siria, i russi hanno usato gli ultimi ritrovati della loro industria bellica, macinando contratti, senza riguardo per le popolazioni sofferenti. Militarmente parlando, hanno ormai vinto la guerra. Hanno rinvigorito il blasone dell'Annata rossa e lanciato un messaggio preciso al mondo: "Russia is back", la Russia è tornata. È un attore mediorientale ineludibile, abile nel mediare fra le istanze dei suoi partner israeliani e iraniani. Mosca ha sfruttato in pieno le ambiguità occidentali, spedendo una forza coerente fin dall'inizio, con una strategia chiara e costi sostenibili, anche in periodi di magra. A uscirne galvanizzato è il potere dissuasivo di Mosca, che acquista una proiezione geografica inattesa. La Russia ha usato la guerra per impressionare non solo i nemici locali, ma anche la Nato e l'Occidente. Quando ha sparato dal mar Caspio e dal Mediterraneo i nuovi missili Kalibr, il messaggio è stato rilanciato da tutte le agenzie. Il colpo è perfettamente riuscito. In un attimo la flottiglia del Caspio è diventata una forza operativa dall'influenza pan-regionale, grazie ai nuovi missili da 1500-2500 chilometri. Potrebbe colpire obiettivi ubicati tanto sulla frontiera finlandese quanto in Afghanistan. Una piccola rivoluzione copernicana, che fa il paio con la spiegazione di Vladimir Kozin, consigliere speciale del governo russo: «I bombardamenti dal Caspio dimostrano che anche le infrastrutture dello scudo missilistico Usa in Romania e in Polonia sono a portata di tiro e molto vulnerabili». Questa è la Siria, una guerra locale, però giocata per aumentare l'influenza nel mondo.

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