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Avvenire Rassegna Stampa
28.09.2017 Robert Capa e Gerda Taro, fotografia e tragedia in tempo di guerra
Recensione di Lisa Ginzburg

Testata: Avvenire
Data: 28 settembre 2017
Pagina: 26
Autore: Lisa Ginzburg
Titolo: «La vita di Gerda Taro e quelle foto con Capa»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 28/09/2017, a pag. 26 con il titolo "La vita di Gerda Taro e quelle foto con Capa" la recensione di Lisa Ginzburg.

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Lisa Ginzburg

Rinvenire, repertoriare, apre il gioco all'invenzione. Il passato "ritrovato" occhieggia verso il futuro, la memoria fa da ponte per le peregrinazioni della fantasia: la storia si fa antecedente della forma-romanzo. Nel 2008, quando in modo rocambolesco (romanzesco) è riapparsa la «valigia messicana» con 4500 fotogrammi di Robert Capa e Gerda Taro, quel ritrovamento è stato un rinvenire. Insieme alle immagini, ritrovavano vita i frangenti immortalati dagli scatti. Come un danno fosse stato riparato, per quel che grazie a quelle immagini adesso era dato sapere, ma anche per quanto dopo allora sarebbe stato dato ricostruire, figurandosi i fatti e i loro testimoni. «Per ritrovare qualsiasi cosa bisogna attingere alla memoria, che è una forma d'immaginazione» scrive Helena Janeczek ne La ragazza con la Leica (Guanda, pagine 333, euro 18,00), biografia romanzata di Gerda Taro, la giovane ebrea polacca, magnetica compagna dell'ungherese Capa, anche lei fotografa, morta in modo eroico e atroce, schiacciata da un cingolato nella battaglia di Brunete, tra le più efferate della Guerra civile spagnola.

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Robert Capa con Gerda Taro

Il breve, intensissimo tratto di vita ricostruito da Janeczek con molta finezza, è un rinvenimento. Materiale d'archivio foggiato ad arte assume forme diverse, si anima, si compatta, si dirama: diventa romanzo. Attorno a Gerda Taro - alla sua contagiosa energia vitale, fatta di fascino seduttivo e di audacia (duecentomila persone ne accompagnarono il feretro nel cimitero di Père Lachaise), di carica umana e di estremismo esistenziale, volteggia un caleidoscopio di personaggi. Conoscenze, flirt, amori e amici di Gerda, donne e uomini che di fronte a quella ragazza minuta eppure prorompente, scattante, tenace, ma anche civetta e misteriosa, marcati dalla forza della sua personalità cedettero a una fascinazione incondizionata. Gerda Taro rapiva, ammaliava. Intorno a lei, il mondo trasversale e chiaroscurato di giovani talenti, anima e corpo impegnati come militanti antifascisti tra la Germania pre-nazista, la Spagna della Guerra civile, Parigi "terre d'accueil" (negli stessi anni nei quali fu esilio/rifugio per Walter Benjamin), Roma. Sempre tesi e sempre entusiasti, pronti a mobilitarsi in giro nel mondo pur di avversare i più cupi venti di guerra, testimoniandone. «Vivere a tutti i costi, ma non a ogni prezzo». Rigorosi e poliedrici.

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La copertina (Guanda ed.)

Il fulcro del libro sta nell'intersezione di fantasia e storia. Come allestisse un tableau vivant, Janeczek fa parlare, agire, interagire questa élite transnazionale, determinata, vitale talvolta in modo isteroide. L'immagine di Gerda Taro si delinea progressivamente, e la felice storia d'amore con Capa è tassello di un mosaico più grande. Energia catalizzante, quella della loro relazione, in grado di includere in sé, affastellandoli, fatti storici, legami umani, urgenze dettate da ideali, scelte indovinate, passi falsi, lucido guardare, captare, ritrarre. Grazie alle diverse narrazioni incrociate, lo zoom restringe la lunghezza del raggio di captazione, e la messa a fuoco è graduale. Un materiale documentario assemblato con intelligenza narrativa fa sì che l'immagine di Gerda risulti nitida pur nella sua complessità, quando per davvero fa irruzione. La coralità delle voci che testimoniano di lei (la «grazia inflessibile», lei «volubile e volitiva, un metro e mezzo di orgoglio e ambizione, senza i tacchi»), rende verosimile e legittimo un procedimento di «reviviflcazione» che avrebbe potuto scivolare, stonare. Il mondo di Gerda riprende vita, colori - anche il grigio di quando smette di respirare, e chi l'aveva incontrata si ritrova spezzato (Capa non si consolò mai), per quella perdita assurda, prematura sino all'abnorme, al non sopportabile. Come romanzare una vita vissuta per quanto straordinaria quella vita sia stata? Entro che sorta di confini e secondo quali criteri finzionali e/o storiografici è dato restituirne lo scorrere, il mero accadere, giorno dopo giorno? Nonostante Janeczek vinca la sua scommessa, e la miscela di memoria e fantasia nel caso di La ragazza con la Leica sia solido supporto a una storia che convince, il quesito resta. Non tutto il contenuto delle valigie si ritrova, non tutto, del bagaglio di una memoria, può essere "rinvenuto" dalla fantasia. Per quanto galvanizzante brilli la luce dell'immaginazione, le congiunture più fatali, le sinuosità più complesse di ogni biografia, restano non completamente dicibili. Ineffabilità necessaria, con cui la scrittura non smette di misurarsi; affinando le sue armi, non ultima la saggia consapevolezza di dovere in parte deporle.

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