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Cristiani a Gerusalemme 08/09/2017

Gentilissima Signora Fait,
i commenti di ieri e di oggi (6 e 7 settembre) agli articoli di Avvenire e dell’Osservatore Romano relativi al documento sottoscritto dai capi delle Chiese di Terra Santa (uso appositamente questo termine perché le loro giurisdizioni ecclesiastiche si estendono oltre i confini di Israele, comprendendo, almeno per alcune di esse, anche la Giordania) parlano di un’inesistente demonizzazione della Corte Suprema di Israele.
In realtà, il Patriarcato greco-ortodosso lamenta l’erroneità ed ingiustizia di una sentenza della Corte distrettuale di Gerusalemme e, come si legge in Avvenire, preannuncia un ricorso proprio alla Corte Suprema contro tale sentenza. Ovviamente, non posso sapere chi abbia ragione nel merito della vicenda (relativa ad edifici del Patriarcato greco-ortodosso siti a Gerusalemme che, secondo il patriarca, sarebbero stati venduti da un soggetto non legittimato a rappresentare il Patriarcato), ma di certo nessuna accusa è stata mossa alla Corte Suprema, che deve ancora pronunciarsi sul caso.
Senza contare che anche l’eventuale critica nei confronti di una sentenza della massima autorità giudiziaria non equivarrebbe a ‘demonizzare’ Israele e le sue istituzioni.
I commenti di IC, inoltre, non considerano l’altro elemento di preoccupazione indicato nel documento: il disegno di legge sulle vendite di beni ecclesiastici proposto da una deputata di Kulanu, che le autorità ecclesiastiche delle varie Chiese temono possa avere effetti gravemente negativi sull’esercizio del diritto di proprietà e, in particolare, sulla possibilità di vendere beni immobili al normale prezzo di mercato ed utilizzare le relative entrate per il mantenimento di chiese, monasteri, ecclesiastici ed il finanziamento delle attività caritative e pastorali (cui certo non bastano le offerte domenicali dei fedeli, una parte dei quali, anzi, è economicamente aiutata dalle istituzioni caritative cristiane).
A leggere certi commenti di IC, sembra che i cristiani debbano accontentarsi di non essere perseguitati e non debbano fiatare di fronte a iniziative politiche o sentenze che li danneggino o li mettano in difficoltà.
Francamente, non mi sembra il miglior modo di rendere onore ad Israele.
Forse a Lei potrà parere esagerato parlare di ‘tentativo sistematico di indebolire la presenza cristiana a Gerusalemme’, ma i cristiani a Gerusalemme sono pochissimi (nell’ordine dei 10-15.000, fra tutte le confessioni, in una città di almeno 800.000 abitanti), per lo più arabi, solo in parte cittadini israeliani, e temono molto che la presenza cristiana nella città in cui il cristianesimo è nato si riduca a quella di preti, frati, suore e pellegrini.

Molto cordialmente,

Annalisa Ferramosca

Gentile Annalisa,

 i rapporti burocratici tra Israele e le chiese cristiane ma spesso anche con il rabbinato, sono complicatissimi perchè molte leggi sono rimaste ferme all'epoca ottomana con tutte le pecche e la confusione che questo comporta. C'è da aggiungere però che a volte i religiosi cristiani fanno i furbetti come quando protestarono perchè Israele aveva imposto di pagare le tasse a chi gestiva esercizi pubblici che davano proventi come collegi, ristoranti, alberghi ecc.
Per anni non hanno pagato le tasse e quando Israele ha chiesto loro di mettere le cose a posto è successa una tragedia.
Se il Patriarcato greco ortodosso vincerà il ricorso alla Corte Suprema verranno rispettate le sue decisioni. Difficile sapere chi abbia ragione ma se il Patriarca si è fatto imbrogliare da un suo collaboratore allora le cose si complicheranno ulteriormente. A Gerusalemme i cristiani sono pochi perchè sono quasi tutti arabi quindi costretti a fuggire da un mondo musulmano sempre più radicale però i cristiani non arabi che vivono nella parte nuova della città vivono come ogni altro cittadino israeliano. Non credo comunque sia compito di Israele incrementare la popolazione cristiana nella Capitale. Sono curiosa quanto lei di vedere come andrà a finire questa storia.

 Un cordiale Shalom


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