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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Jami Attenberg I Middlestein 09/06/2014

I Middlestein                                         Jami Attenberg
Traduzione di Rosanella Volponi
Giuntina                                                    euro 15

 Il suo web-specchio rimanda l’immagine di una donna americana giovane e ancor più giovanile. Che si tratti di Facebook, di Twittero del suo blog, eccola Jami Attenberg: brillante «alternativa», scambia battute con gli amici; ama da morire i cani (il suo Sid è la star fotografica) e racconta imprese da appassionata «combattente» della lotta al crimine, come il fantasioso recupero della sua bicicletta rubata. Ma, dietro il linguaggio quasi infantile così tipico del social network, c’è un’ottima scrittrice: classe 1971, laura alla Johns Hopkins University, 4 romanzi già pubblicati e il quinto in arrivo tra un anno. I Middlestein, l’ultimo uscito negli Usa, è il primo tradotto in italiano (traduzione di Rosanella Volponi, Giuntina, pp. 250, € 15,00) ed è arrivato in libreria proprio qualche giorno fa. Se le trame delle sue opere precedenti (The Melting Season, The Kept Man e Instant Love) si concentrano di volta in volta su sesso, matrimonio, rapporti tra gli esseri umani, scoperta del sé, nella saga familiare I Middlestein tutti questi elementi sono miscelati insieme con capacità matura. Siamo nella periferia agiata di Chicago; e i personaggi appartengono alla media borghesia ebraica: ne riflettono tutti i tic, conformismi, eccentricità e drammi individuali. Figura alpha della famiglia è Edie, ossessionata dalla necessità autodistruttiva di mangiare. Anche gli altri protagonisti dominanti sono donne: la famiglia di Edie, Robin; la moglie del figlio Rachelle; la nipote, Emily: Già nell’aspetto, i rapporti di forza tra i due sessi sono evidenti: la massa di ricci scuri e il fuoco nei grandi occhi neri si trasmettono per linea femminile. E basta guardare il volto di Jami Attenberg per trovare una prima nota autobiografica. Però forse c’è di più. Quanto le interessano gli alimenti lo ha dichiarato una volta al «Jeewish Daily Forward» leggendario quotidiano ebraico americano; e la Rete pullula di suoi riferimenti gastronomici. «Il cibo era fatto d’amore, e l’amore era fatto di cibo», si legge nelle prime pagine del romanzo. E allora, perché la matriarca Edie lo trasforma in arma? Solo suo marito Richard alla fine comprende «perché Edie aveva mangiato fino a morirne. Perché il cibo era un luogo meraviglioso per nascondersi». Da delusioni, errori fallimenti. Persino dall’amore.

Daria Gorodisky

Corriere della Sera

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