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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Tzahal, uguali di fronte alla legge 03/08/2012

Tzahal, uguali di fronte alla legge
Lettera da Gerusalemme, di Angelo Pezzana


uno shtetl                                     Angelo Pezzana


Haredim,                               soldati di Tzahal

Fra gli argomenti che hanno creato una frattura profonda all’interno della società israeliana, nessuno è così forte quanto quello che investe la definizione di ‘alachà’ – la legge religiosa – in Israele. Che non definisce in realtà la naturale pratica religiosa, la cui osservanza dipende dai singoli cittadini, e che si esprime in diverse maniere, fino a non esserci affatto, come per coloro che non sono praticanti o atei. L’osservanza e l’insegnamento della alachà è qualcosa di più, implica lo studio di Torà e Talmud per una vita intera nelle scuole religiose (yeshivot), comprende l’esenzione di tutte quelle regole civili, tra le quali il lavoro come professione e il servizio militare, che in Israele è obbligatorio per i giovani dai 18 ai 26 anni.

Il problema esisteva già al momento della ricostituzione dello Stato nel 1948, ma, allora, gli haredim( letteralmente ‘i seguaci’) – questo il nome esatto di colore che vengono definiti ultra ortodossi-erano un numero irrilevante, tale da spingere David Ben Gurion a fare approvare nel 1949 dalla Knesset la cosidetta ‘Legge Tal’, che consentiva,appunto, l’ esenzione dal servzio militare ai giovani, allora qualche centinaio,che studiavano nelle Yeshivot (scuole religiose). Oggi quei giovani sono 57.000, un numero che è stato alla base della sentenza della Corte Suprema lo scorso febbraio, nel dichiarare decaduta quella legge, in palese contrasto con il criterio di uguaglianza di tutti i cittadini. Dallo scorso martedì la ‘Legge Tal’ è ufficialmente defunta, ma, qui sta il problema, non potrà essere sostituita da un’ altra sino a che la Knesset riprenderà i lavori il prossimo ottobre. Da ora, però, il Ministero della Difesa ha la facoltà di chiamare alla leva anche i giovani ‘haredim’, il problema sta nel capire in quale modo, dato che il governo in carica, presieduto da Netanyahu, non ha provveduto a redigerne una nuova. Il motivo è facile da intuire, Bibi è un politico laico, ma come tutti i politici in Israele – tranne poche eccezioni, appartenenti in genere all’opposizione- sa quanto conta il voto dei partiti religiosi, che rappresentano circa il 20% della Knesset. In questo momento, Bibi ha due problemi da affrontare. 1) anche se Israele, grazie alla saggia guida di Stanley Fischer, governatore della Banca d’Israele, è riuscito a rimanere al di fuori della crisi economica che ha colpito i paesi occidentali, non è bastata la tenuta della banche per evitare che anche in Israele i prezzi siano cominciati a salire, con il conseguente aumento della tassazione. Bibi e Yuval Steinitz, Ministro dell’Economia, si sono trovati al centro della tempesta, anche se la situazione non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella europea o americana. La spina nel fianco è Ehud Barak, fedele alleato di governo, ma anche leader di un partito che propone l’abbandono delle teorie economiche della scuola  di Milton Friedman, e che, in vista di una possibile crisi governativa, deve essere pronto quando l’immagine del suo partito dovrà essere ben distinta da quelle degli altri, Likud in testa.

2) il secondo è quello del ‘dopo la Legge Tal’, cosa fare finchè non ne sarà approvata una nuova. Un segnale positivo è che ci sono 2.000 volontari fra i giovani ‘haredim’, che vogliono fare il servizio militare, bisogna accettarli, anche se la mancanza di una legge rende la materia confusa ? E con gli altri, che fare, se non adottare la tecnica di far scivolare la decisione dopo la riapertura della Knesset ?

Netanyahu, in questa estate, nella quale si chiariranno i rapporti con gli Usa sulla questione nucleare iraniana, di tutto ha bisogno tranne che una bufera all’interno della coalizione. Intanto i giornali pubblicano interviste con i giovani ‘haredim’, dalle quali traspare un mondo rimasto fermo agli Shtetl dell’Europa centrale prima che venissero spazzati via dal nazismo. Il senso di lealtà verso il paese, che è stato capace di ricostruire una società ebraica in grado di integrare anche i loro usi e costumi, sembra non avere senso per chi ritiene che sarà sufficiente la protezione di Dio per affrontare il nemico, non serve un esercito, saranno lo studio e la preghiera il fattore vincente. Con tutto il rispetto che si deve a delle teorie che hanno prodotto capolavori nella letteratura, come non rimanere stupefatti di fronte alla totale ignoranza della storia dell’ultimo secolo, come non restare allibiti di fronte a dei giovani che pur riconoscono l’esistenza di nemici che vorrebbero distruggere il paese dove vivono, ma che se questo non è ancora avvenuto, non avviene, è soltanto grazie alla protezione divina ? Solo ignoranza o fanatismo ?

La questione della laicità dello Stato, prima o poi, si porrà in modo drammatico. Non sappiamo se sarà Bibi Netanyahu a doverla affrontare, ma rinviarla non ne faciliterà certamente la soluzione.


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