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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Chi sarà il futuro leader in Egitto ? 21/11/2009
Chi sarà il futuro leader in Egitto ?
di Zvi Mazel
(Traduzione a cura di Emanuel Segre Amar)


a sin. il presidente egiziano Mubarak, a destra Zvi Mazel

Chi sarà il futuro leader in Egitto? Un nuovo nome è stato aggiunto alla lista dei pretendenti all’incarico di Presidente dell’Egitto. In un’intervista al quotidiano indipendente egiziano Al Shouruk, rilasciata nei giorni scorsi, Amr Moussa, ministro degli esteri dal 1991 al 2001, nonché segretario generale della Lega araba dal 2001, ha ammesso di prendere in considerazione se sottoporre la propria candidatura, pur senza essere ancora giunto ad una decisione finale. Questo ha creato una grande agitazione all’interno del mondo arabo dove il 73enne Moussa è molto noto. La corsa alla presidenza egiziana è stata uno degli argomenti di maggiore interesse in tutto il Medio Oriente da numerosi anni a questa parte. Quanto avviene in Egitto, il più grande paese arabo, finisce con l’influenzare tutta la regione. La sua stabilità di lunga data ed il suo pragmatismo sono fattori essenziali per il trattato di pace con Israele, per le relazioni con l’Occidente ed per il confronto con l’Iran. L’Egitto può aver perduto un po’ del suo prestigio e della sua influenza, ma rimane l’estremo baluardo moderato della regione. La possibilità di una candidatura di Mussa è giunta ai giornali pochi giorni dopo l’annuncio che Ayman el-Nour, leader di un piccolo partito di opposizione, Al Rad (Domani), stava lanciando, insieme ad altri gruppi di opposizione, una campagna contro il prospettato passaggio della leadership da Hosni Mubarak a suo figlio Gamal. Lo stesso Nour era stato candidato nelle elezioni del 2005, ma aveva ricevuto solo il 3% dei voti. Era stato poi accusato di aver falsificato i documenti utilizzati per il suo partito, ed era stato condannato a cinque anni di prigione, ma rilasciato dopo un solo anno sia per la forte pressione americana, sia per il suo fragile stato di salute. Gli egiziani non appaiono tranquilli di fronte alla prospettiva della candidatura del giovane Mubarak, e molti vi si oppongono. Dopo il rovesciamento della dinastia reale nel 1952, gli egiziani non sembrano a proprio agio di fronte ad una nuova dinastia che si presenti dalla porta di servizio. E per di più il 46enne Gamal Mubarak non ha davvero nulla di carismatico. E’ solo considerato un buon economista, con dei saldi legami con l’Occidente. Suo padre lo ha nominato nel 2002 segretario generale del partito attualmente di maggioranza, il partito nazionale democratico (NDP), e di conseguenza ha potuto prendere parte attiva nella gestione dei problemi interni dell’Egitto; ha così conquistato una grande platea di fronte al partito e alla popolazione. Ma tutto ciò, apparentemente, non basta. I partiti di opposizione sono ora uniti in una campagna con gli slogans: “Non erediterà!” e “Non guiderà!”. L’attività di questi partiti di opposizione ha provocato una contro-campagna lanciata dall‘NDP con lo slogan; “Noi vogliamo te!”. Gli slogans di entrambi gli schieramenti appaiono essere attentamente scelti per il loro impatto emozionale nella lingua araba egiziana, ed evidenziano la gravità del conflitto. Incidentalmente, una popolare cantante ha anche scritto una canzone adulatoria in favore della candidatura di Gamal. Di particolare interesse su questo argomento è l’attitudine dei Fratelli Musulmani, movimento proibito in Egitto, ma che negli ultimi anni è diventato la maggior forza di opposizione. Dopo una serie di notizie contraddittorie – secondo una di queste si vorrebbe unire coi partiti di minoranza laica in opposizione a Gamal – è stato rivelato che il partito non ha ancora preso le proprie decisioni. Profonde differenze di opinione sono emerse tra i Fratelli Musulmani, con la generazione più giovane impaziente di giocare un ruolo maggiore quando si devono prendere delle decisioni, mentre la vecchia guardia rimane arroccata sulle sue posizioni e rifiuta qualsiasi tentativo di democratizzazione. Nelle ultime settimane la speculazione si è fatta strada con voci non confermate secondo le quali il “leader supremo”, Muhammed Mahadi Akef, avrebbe intenzione di abbandonare la propria carica nel 2010. In un’intervista rilasciata al quotidiano Al Masri al-Yom, Akef non è si è sbilanciato su questo argomento, ma ha dichiarato che durante le elezioni parlamentari del 2005 era addivenuto ad un accordo con l’NDP che prevedeva che 50 rappresentanti dei Fratelli Musulmani potessero sedere in Parlamento in cambio di una riduzione degli attacchi contro il governo. In effetti 88 membri del movimento furono poi eletti – un quinto del numero totale dei rappresentanti del popolo – e sostengono un ruolo di opposizione molto visibile sia sui temi di politica interna che di politica internazionale, e sono anche dei duri oppositori alle relazioni con Israele. Akef ha lasciato intendere di non essere contrario all’idea di raggiungere un accordo simile prima delle prossime elezioni parlamentari del 2011. I Fratelli Musulmani si oppongono al principio della trasmissione ereditaria del potere, ma, dal momento che il loro principale obiettivo è quello di imporre in Egitto la sharia, la legge religiosa, non intendono veder arrivare un altro candidato laico. Considerato il fatto che è ufficialmente proibito, il partito non può presentare un proprio candidato alla Presidenza, e, come nel 2005, i suoi candidati al Parlamento si dovranno presentare singolarmente come “indipendenti”. Mubarak è ora stato presidente per 28 anni, ed è al suo quinto mandato. Non vi è alcun ostacolo legale ad una sua candidatura per un sesto mandato nel 2011, dal momento che dalla fine degli anni ‘80 la legge che limitava i mandati presidenziali ad un massimo di due è stata abrogata su sua iniziativa. Mubarak ha 81 anni, ed un ulteriore mandato di sei anni sembra eccessivo per un uomo che ha dovuto attraversare così tante tempeste. Al momento sta adoperandosi per lasciare la successione al figlio, anche se non lo ha mai ammesso ufficialmente, non avendone approvato la candidatura. Ha anzi dichiarato numerose volte che il prossimo presidente dovrà essere “eletto democraticamente”. E tuttavia, qualora la candidatura del figlio trovasse un’eccessiva opposizione, egli potrebbe ripresentare la propria “per il bene del Paese” che, va ricordato, si trova a dover fronteggiare dei problemi economici e sociali di prima grandezza. Fino ad ora le forze di opposizione non sono riuscite a coalizzarsi su un leader carismatico che possa presentare una autentica minaccia per i due Mubarak. Sono stati fatti i nomi di Mohamed El-Baradei, che tra non molto sarà ex capo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, e quello del dr. Ahmed Zuweili, uno scienziato, egiziano di nascita, che vive negli USA, ed è l’unico scienziato arabo ad aver vinto un premio Nobel; tuttavia entrambi mancano di esperienza politica e non sembrano avere quel carisma necessario per trascinare le folle. Amr Mussa ha entrambe queste doti. Brillante, carismatico, estremamente popolare, è anche un veemente oppositore di Israele e della normalizzazione. Ma si deve osservare, tuttavia, che, qualora nel 2011 vincesse le elezioni presidenziali, avrebbe 75 anni, e ne avrebbe 81 al termine del mandato. Si è bisbigliato che Mubarak, vedendo in lui un rivale, ne abbia attivamente favorito la candidatura a capo della Lega Araba per toglierlo di torno. L’annuncio, della settimana scorsa, fatto da Moussa, è sentito da molti come una sfida diretta al vecchio leader. Va ora ricordato che, prima delle ultime elezioni presidenziali, vi era stato un grande movimento di base per promuovere la candidatura di Moussa. In realtà Moussa rifiutò, forse perché sentiva Mubarak ancora troppo potente. Ma il Presidente ne prese buona nota. E subito dopo le elezioni l’articolo 76 della Costituzione, quello relativo alle candidature, venne abrogato. E’ oggi necessario, per un candidato indipendente, raccogliere 250 firme di membri del Parlamento e dei consigli locali o dei distretti per potersi presentare. Un obiettivo, questo, quasi impossibile da raggiungere in considerazione del fatto che i rappresentanti dell’NDP controllano la maggioranza di tutte queste istituzioni. Inoltre, per poter presentare un candidato, un partito deve essere formato e riconosciuto dalle autorità competenti da almeno 5 anni, ed i suoi candidati devono aver raggiunto almeno il 5% dei voti in entrambe le Camere del Parlamento. Ed ancora, il candidato deve essere stato membro della direzione generale del partito per almeno un anno. Di conseguenza, è praticamente impossibile per un partito minore soddisfare tutte queste condizioni. Il Partito Nazionale Democratico riunirà la propria sesta assemblea generale alla fine del mese, ma è poco probabile che una decisione sul nome del candidato per la Presidenza venga presa in tale occasione. Il mandato di Mubarak dura ancora due anni, ed il partito non vuole accelerare con troppo anticipo. La grande incertezza, in questo dibattito, verte attorno alla posizione dell’esercito. Fin dalla Rivoluzione degli Ufficiali del 1952 che ha messo fine alla monarchia, tutti i presidenti sono stati ufficiali dell’esercito; Gamal Abdel Nasser, Anwar Sadat e lo stesso Mubarak. Ci si può chiedere se l’esercito sia ancora abbastanza forte da poter decidere, dietro la scena, chi debba essere il futuro presidente. Accetterà Gamal Mubarak, un civile, o non favorirà piuttosto il generale Omar Suleiman, comandante dei servizi di sicurezza egiziani, che attualmente occupa il posto di ministro e gode della fiducia del presidente, e che, si mormora, sarebbe in corsa? O forse uscirà dall’esercito il nome di un altro candidato, fino ad oggi ancora sconosciuto? Se ciò avverrà con il beneplacito del presidente, allora un simile candidato potrà concorrere come indipendente, ed i rappresentanti dei partiti gli assicureranno le firme necessarie. Nei giorni scorsi un’altra voce si è fatta sentire: l’anziano pubblicista Hassanein Heykal ha parlato contro la “presidenza ereditaria”, ed ha denunciato la tendenza in crescita nei regimi arabi di avere un figlio che succede al padre, come è stato il caso della Siria e come è previsto che succeda in Libia e nello Yemen. Heikal è stato il braccio destro di Nasser, ma Sadat lo ha mandato in un esilio politico. Sta attualmente scrivendo le proprie memorie, ed è chiamato a commentare episodi storici per la televisione Al Jazeera; ed intanto è rispettato come una sorta di “grande vecchio” della politica egiziana. Da questa sua posizione potrà influenzare i seguaci di Nasser, sempre attivi sulla scena egiziana. La mano di Mubarak è sempre forte sulla barra del timone, ed è anche un politico consumato. Al momento giusto sarà lui a prendere la decisione, a meno che, naturalmente, come spesso succede in Medio Oriente, non intervenga la mano del fato.



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