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Ugo Volli
Cartoline
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Dove si gioca il futuro di Israele 18/09/2017
Dove si gioca il futuro di Israele
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: soldati israeliani sul Golan

Cari amici,

in una situazione in cui la disinformazione ("edificante", beninteso) è al centro del codice di comportamento dei media e dunque le armi di distrazione di massa lavorano a pieno ritmo, mi permetto di insistere. Bisogna guardare alla situazione strategica del medio oriente, non ai pettegolezzi sparsi da giornalisti interessati sulla famiglia Netanyahu e neppure alle questioni più serie, ma meno decisive, sull'organizzazione dello Stato di Israele, sul ruolo della Corte Suprema, sulla laicità dello Stato e gli attacchi (politici assai più che religiosi) che i movimenti riformati, con l'appoggio dei giudici, lanciano contro lo status quo dell'ebraismo in Israele e in sostanza contro il governo Netanyahu.

La situazione strategica di Israele non si decide né sul rapporto con l'Autorità Palestinese né con Hamas, che sono diventati se non irrilevanti, variabili dipendenti. La crisi dei metal detector sul monte del tempio, affrontata da Netanyahu con la solita straordinaria intelligenza politica, lo ha mostrato chiaramente: senza più la sponda americana che offriva loro Obama, non contano più granché sul piano politico. Sul piano militare neanche e in più Hamas dipende da Qatar e Iran.

Il pericolo dunque sta a Nordest, più esattamente in Iran. Gli ayatollah stanno sviluppando da decenni un grande piano, che risponde insieme alla rivincita della minoranza sciita sulla millenaria oppressione sunnita e all'ambizione di restituire alla Persia la sua antica gloria, che la portò per oltre un millennio (fra il 600 aEV e il 600 dC) a essere a lungo il potere dominante del Medio Oriente, dall'India alla Greci, dall'Egitto al Caucaso. Israele, massima potenza militare della regione, è un ostacolo per questo disegno e insieme un simbolo del nemico per tutto il mondo islamico. Chi riuscisse a distruggerlo ne avrebbe l'appoggio, totale, al di là delle differenze settarie.

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Benjamin Netanyahu

L'Iran è già andato straordinariamente avanti in questo progetto. Domina il governo iracheno e buona parte del territorio di questo stato; Attraverso Hezbollah generosamente finanziato controlla il Libano (http://www.jpost.com/Middle-East/Iran-News/Iran-pays-830-million-to-Hezbollah-505166); insieme a Hezbollah ha ormai fatto vincere la guerra civile siriana al suo satellite Assad, è all'attacco in Yemen, Bahrein, sulla parte orientale dell'Arabia: ha stretto accordi con due ex avversari come Qatar e Turchia, gode della protezione e delle forniture militari della Russia, in quella che è ormai un'alleanza solida. L'Iran ha anche un rapporto di collaborazione nucleare con la Corea del Nord (http://www.israelhayom.com/2017/09/10/report-iran-secretly-helped-n-korea-with-nuclear-program/), che costituisce uno dei maggiori pericoli per la pace nel mondo e sarebbe una ragione sufficiente anche per chi non ha a cuore Israele per considerare l'accordo sostenuto da Obama un gravissimo errore storico.

Attraverso questi passaggi è quasi riuscito a realizzare quello che sembrava fino a poco fa un sogno proibito, il controllo di un ponte di territorio che supera i mille chilometri che separano l'altipiano persiano dal Mediterraneo. Ci sono ancora di mezzo i curdi e c'è l'opposizione strategica israeliana. Due ossi duri, che l'Iran cerca di superare con l'appoggio russo. Israele ha parlato coi russi chiedendo quantomeno che le truppe controllate dall'Iran siano tenute lontano dal confine israeliano, oltre il limite dell'artiglieria e dei missili tattici. Le indiscrezioni dicono che Putin ha risposto dicendo che capisce i problemi di Israele ma che non sono i suoi, e impegnandosi solo su un distacco minimo. Si parla di 5 chilometri, che possono essere superati con un lanciarazzi portatile a spalla (http://www.jpost.com/Middle-East/Moscow-rejects-Israeli-request-for-buffer-zone-in-Syria-505169). Israele, come si sa, non vuole dipendere da nessuno e ha preso in mano la sua difesa, bombardando una settimana fa una fabbrica di armi chimiche e a quanto pare anche di razzi di precisione, che sta esattamente sul percorso del "ponte" fra l'Iran e il Mediterraneo.

Nel frattempo è emerso che anche il rapporto con gli Usa non è facile. Al Pentagono (il Ministero della Difesa) e soprattutto al Dipartimento di Stato (il Ministero degli esteri), prevale ancora largamente la percezione obamiana del medio oriente come una zona del mondo da cui l'America farebbe bene a ritirarsi consegnando le chiavi all'Iran (e insieme a questo un evidente fastidio per Israele: http://www.jewishworldreview.com/0917/glick091317.php3. Vi sono testimonianze di vere e proprie liti con il consigliere della sicurezza nazionale Herbert Raymond McMaster, si parla di urla, di un suo funzionario di origini musulmane allontanato dalla riunione per richiesta di Israele, insomma, di un clima molto difficile. Naturalmente, come accade in diplomazia, tutte queste voci sono state smentite (http://freebeacon.com/national-security/u-s-israel-reject-claims-relationship-strained-deny-closed-door-shouting-match/). Difficile dire dove stia la verità. Certo Israele sa di dover fare da solo e di doversi preparare a una guerra al suo confine settentrionale, come mostrano le manovre di quest'ultima settimana, le più grandi dall'ultima guerra del Libano. Il futuro dello stato ebraico si giocherà forse ancora sulle alture del Golan e sulle pendici del Monte Hermon.

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http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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