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Ugo Volli
Cartoline
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Le Br e i pifferai dell'islamismo 29/08/2017
Le Br e i pifferai dell'islamismo
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

molti di voi certamente non ci hanno fatto caso e non a torto, ma in questi mesi cade il quarantesimo anniversario di quel momento orribile per la democrazia italiana che fu il 1977, l’inizio degli “anni di piombo” insanguinati da autonomi e brigatisti. Non mi sembra certo una data da celebrare, se non forse per ricordare che con la fermezza che alcuni allora dimostrarono (il Pci, parte della DC, i partiti laici, alcuni giornalisti che magari ci rimisero la vita come Tobagi e Casalegno, non i socialisti di Craxi, gli ultrasinistri e nemmeno il Vaticano che sul caso Moro fu assai trattativista), il terrorismo, anche quello “radicato” nelle “masse popolari”, si può sconfiggere.

Vale però la pena di fare una considerazione sull’atteggiamento degli intellettuali. Vale la pena di rileggere un momento fondamentale della storia intellettuale del nostro paese. Cito da un vecchio articolo della Stampa: http://www.lastampa.it/2011/04/11/cultura/il-coraggio-civile-uno-se-lo-puo-dare-DZe9YzPETJyyoi0mIEvj6N/pagina.html.

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“A Torino si doveva celebrare il processo alle Brigate rosse, ma dopo l’assassinio, il 28 aprile, di Fulvio Croce, presidente dell’Ordine degli avvocati, che avrebbe dovuto scegliere i difensori d’ufficio dei brigatisti, non si trovavano giurati popolari per formare la corte d’assise. In un’atmosfera che sembrava preludere a una resa dello Stato alle Br, il premio Nobel Montale, in una intervista al Corriere della Sera, alla domanda se avrebbe fatto il giudice in quel processo, rispondeva che no, avrebbe avuto la stessa paura di tutti gli altri. Perché non si può chiedere a nessuno di essere un eroe. E anzi aggiungeva che si poteva praticare il precetto evangelico «Non giudicare». […] si faceva vivo, sempre sul Corriere della Sera, anche Leonardo Sciascia, che sposava la causa di Montale: «Come non capisco che cosa polizia e magistratura difendano, ancor meno capisco che io, proprio io, fossi chiamato a fare da cariatide a questo crollo o disfacimento, di cui in nessun modo e minimamente mi sento responsabile». All’inizio di quell’anno, l’autore del Giorno della civetta aveva dato le dimissioni dagli incarichi politici accettati, e si trovava in una fase di acceso scontro con il partito comunista. Lo scetticismo con cui guardava alla diserzione dei giudici popolari preludeva alla posizione che avrebbe assunto nei giorni del sequestro di Aldo Moro: «Né con lo Stato né con le Br».”

Questo slogan era stato lanciato da “Lotta Continua”, come l’altro “compagni che sbagliano” e ottenne moltissime adesioni. Perché è interessante parlarne oggi? Perché, senza che nessuno abbia il coraggio di dirlo questo stesso atteggiamento è altrettanto diffuso oggi fra intellettuali, giornalisti, militanti politici della sinistra, artisti, sindacalisti, cantanti, personaggi del mondo dello spettacolo, universitari; probabilmente anche fra i giudici: “né con lo Stato né con i terroristi”. I quali certo, fanno cose orribili, anche più orribili dei brigatisti che hanno sempre badato a colpire dei nemici identificati per nome o almeno per divisa; ma sono pur tuttavia per queste sensibilità qualcosa di non così diverso da “compagni che sbagliano”, o degli infiltrati dei servizi segreti “deviati” (questo si disse anche delle BR), non davvero islamici come i brigatisti non erano davvero rossi, o, quando la loro appartenenza è irrefutabile, individui offesi dal potere, dall’arroganza dell’Occidente (magari dall’”occupazione” israeliana), che certamente sbagliano a colpire indiscriminatamente ma insomma sono dalla parte giusta. La parte giusta per questo pensiero è quella degli occupanti di Piazza Indipendenza a Roma che si scontrano violentemente con la polizia, è quella delle Ong che consapevolmente commettono reati per favorire l’immigrazione clandestina, usando solo come pretesto il nobile motivo di salvare la vita in mare, è, con tutti i velami del caso, quella di Bergoglio e dei politici italiani ed europei che ne seguono la linea. La legge non è importante, ragionano costoro, anzi è un modo per difendere “il Potere”, quel che conta è da che parte stai. E la parte giusta è quella che punta, per dirlo col vecchio Marx, “al rovesciamento dello stato di cose esistente”, si tratti di arrivare al socialismo o all’islamismo. Tutto fuorché l’odiata “democrazia formale” del liberalismo.

Allora, nel 1977, il nemico principale era il Pci del compromesso storico, come oggi lo è il Pd di Renzi. Per il “convegno internazionale contro la repressione” calarono a Bologna Deleuze e Guattari e Foucault, pronti a dar lezioni di antifascismo (perché il Pci era il fascismo, è chiaro) alle masse popolari. A fianco dei terroristi (con le opportune distinzioni, è chiaro) grandi e piccini si schieravano rispettabili pifferai giornalistici e politici: il Manifesto, Lotta Continua, tutta un’intellighentsia che non voleva rinunciare al vecchio mito della Rivoluzione. Sono gli stessi che ora in Italia appoggiano i poveri invasori, in America si schierano contro Trump e per gli “Antifa” (in realtà per nulla antifascisti nei metodi violenti e nell’intolleranza, ma al contrario fascisti rossi) e in Israele contro Netanyahu.

Guardando chi sono e quel che fanno, confrontandoli coi loro nonni di quarant’anni fa, io resto ottimista: sconfiggeremo il terrorismo islamista e anche i suoi pifferai e apologeti.

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