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Ugo Volli
Cartoline
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La geografia del terrorismo e le leggi della stupidità umana 21/08/2017

La geografia del terrorismo e le leggi della stupidità umana
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

al di là della cronaca, il terrorismo islamico ha una storia e una geografia.
La storia è antica e inizia dai primi omicidi ordinati da Maometto contro i “poeti” (i giornalisti di allora) che si permettevano di non essere d’accordo con lui.
Ne ricordo due. Guarda caso, uno era ebreo, si chiamava Ka'b iben al-Ashraf (https://en.wikipedia.org/wiki/Ka%27b_ibn_al-Ashraf) , l’altra era una donna, ʻAṣmāʼ bint Marwān ( https://en.wikipedia.org/wiki/%27Asma%27_bint_Marwan ). Entrambi furono uccisi a tradimento da “soldati dell’Islam” mandati dal “profeta” dopo che ebbe preso il potere alla Mecca, nel 624, quasi mille e quattrocento anni fa. Tanto basta per la religione della pace.

Anche la geografia è vasta, va dalle stragi tremende compiute in India dai conquistatori musulmani di etnia turca fra il XII e il XVII secolo, un vero e proprio genocidio, fino alla distruzione completa della civiltà cristiana in Spagna fra l’VIII e il XIII secolo, dall’Africa razziata e ridotta in schiavitù fino in Nigeria alle immense violenze subite dai Balcani.

Ma è meglio restare alla fase attuale, all’offensiva “anticolonialista” incoraggiata dall’Unione Sovietica contro l’Occidente a partire dagli anni Cinquanta che si prolunga fino ad oggi. Solo in questi ultimi giorni vi sono stati attentati a Barcellona e in Finlandia, nella Siberia occidentale russa e (naturalmente taciuti dai media) in Israele, in Africa e in Iraq, in Egitto e perfino contro Hamas a Gaza (da parte di terroristi islamici che considerano insufficiente il suo impegno terrorista).
E’ possibile che mi sia dimenticato altri attentati, o che essi siano stati in qualche modo nascosti al pubblico, il che accade sempre più di frequente, con la complicità di giornali che hanno rinunciato al loro dovere di informare su questo tema. Ma le indicazioni che ne derivano sono sufficienti, magari integrandole col ricordo dei non pochi e non piccoli attentati islamici svoltisi negli Stati Uniti.

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Che geografia disegna questo elenco? Sono casuali certe frequenze, come quelle che riguardano in Europa la Francia, il Belgio, la Gran Bretagna, la Germania? E’ facile mostrare che no. Gli attentati avvengono in vicinanza di zone dov’è fitto l’insediamento musulmano, in particolare quello di nuovi immigrati e dei loro figli. Non vi è altra correlazione altrettanto significativa. I terroristi non appartengono a strati sociali particolari, molte ricerche mostrano che non sono affatto i più poveri e disperati. Non protestano contro questa o quella religione prevalente, questo o quel governo, contro questa o quella ideologia, non sono risposte al razzismo o al “rifiuto dell’accoglienza”. A Barcellona, in particolare c’è un’amministrazione comunale e una regionale (che aspira all’indipendenza) fortemente condizionate dall’estrema sinistra, tanto appassionate dall’”accoglienza” dall’aver organizzato un paio di mesi fa una grande manifestazione “per i rifugiati”. Ma ciò non ha affatto distolto i terroristi dalla strage.
I terroristi degli attentati di Barcellona e Turku erano tutti marocchini, ma nelle liste degli attacchi precedenti non mancano turchi e “palestinesi”, pakistani e egiziani e libanesi e anche occidentali convertiti.

Il fattore etnico non è pertinente e neppure la provenienza, il livello degli studi, la condizione socioeconomica, i precedenti penali, perfino la personale religiosità. Ciò che rende possibili gli attentati è l’esistenza di una comunità islamica, che può presentarsi da fuori anche come piuttosto integrata. Nel numero dei musulmani presenti in un certo spazio geografico si misura la possibilità che alcuni suoi membri scelgano la lotta armata. Non è solo una questione statistica, è quella che gli studiosi dei social media (anch’essi rilevanti nel terrorismo, ma più come mezzo di indottrinamento e di assistenza tecnica) chiamano “camera a eco”: un circuito in cui le opinioni si estremizzano rispecchiandosi all’infinito, come le immagini negli specchi contrapposti. Luoghi in cui si definisce la propria identità islamica per mezzo dell’odio e del disprezzo dell’Occidente circostante e in cui gli attentatori sanno che troveranno approvazione e solidarietà, perché l’hanno data e vista dare ad altri terrorismi, non solo in televisione (http://www.ilgiornale.it/news/mondo/spettatori-jazeera-esultano-lattentato-londra-1431656.html ) o su internet ( http://www.typicallyspanish.com/news-spain/national/At_least_ten_people_have_been_detained_for_justifying_terrorism_on_the_internet.shtml ) ma di persona, con gesti provocanti ma rituali come la distribuzione di dolci ai passanti ( http://www.gettyimages.es/evento/palestinian-youth-gives-candy-after-terror-attack-in-jerusalem-691745439#palestinian-youth-on-gaza-city-gives-candy-after-a-vehicleramming-in-picture-id631221156 e http://www.mirror.co.uk/news/world-news/isis-militants-hand-out-sweets-6847807 ).

Diventare terroristi è come diventare campioni sportivi o ultraricchi: un sogno che riguarda tutta la comunità. Solo che questo riguarda solo i musulmani, non si presenta in questa forma altrove, neppure fra minoranze oppresse come i Tibetani in Cina o i cristiani nel mondo arabo. Questa elementare analisi geografica e sociologica ci dice anche che gonfiare la presenza islamica è pericolosissimo.
Gli attentati si sono diffusi in Europa negli ultimi anni con il crescere dell’immigrazione, prima nei paesi con forti comunità musulmane, poi estendendosi a quelli che ne ospitavano di nuove.

Pensare che anche l’Italia sia a rischio purtroppo non è più una provocazione, ma una costatazione di fatto. Dunque la prima precauzione è evitare che crescano ancora queste sacche di inimicizia, di odio, di invidia, di volontà di conquista (https://www.gatestoneinstitute.org/10748/europe-muslims-demography ). L’integrazione, lo mostrano i casi della Gran Bretagna e della Francia: simili nella quantità e nella durata dell’”accoglienza”, anche se sono stati usati mezzi opposti. Per questo sbagliano profondamente quelli che pensano di risolvere qualcosa dando soldi, cibo, case e anche la cittadinanza più o meno automatica (lo ius soli) agli immigrati islamici.
Chi la pensa così ha la stessa saggezza di chi volesse spegnere un incendio spruzzandolo con la benzina. Se è lucido, chi propugna queste idee è complice nella guerra dell’Islam all’Occidente (i comunisti più seri magari non lo dicono ma lo pensano). Se non lo è, come la maggioranza dei “buonisti” mi fa pensare alla “terza legge universale sulla stupidità umana” di Carlo Maria Cipolla

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Carlo Maria Cipolla

(http://www.giovis.com/cipolla.htm ): “Una persona stupida è chi causa un danno ad un altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita.” (ma sono pertinenti anche questi fatti, sempre rilevati dal grande storico dell’economia “ gli stupidi al potere fanno più danni degli altri; gli stupidi democratici usano le elezioni per mantenere alta la percentuale di stupidi al potere”.
Beninteso, ci sono anche i “banditi”, che fanno danno agli altri per assicurarsi un vantaggio. Questo è palesemente il caso di molti politici e organizzazioni “benevole” che si battono per l’”accoglienza”. Ma è un altro discorso, che spetta alla magistratura.

 

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http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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