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Ugo Volli
Cartoline
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Una lezione di politica 26/07/2017

Una lezione di politica
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

chi di voi ha difeso l’istallazione dei metal detector agli ingressi del Monte del Tempio sarà rimesto deluso dalla decisione di Netanyahu di smontarli, con il voto contrario del partito di Naftali Bennett, “La casa ebraica” (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/232951 ).
Sono state smantellate anche le telecamere di sicurezza istallate prima dell’incidente con l’accordo del WAFQ (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/232950 ). Ve lo confesso, l’impressione di un cedimento di principio, di una sconfitta di fronte alla minaccia terrorista l’ho avuta anch’io. E non mi consolava troppo che questo cedimento fosse forse stato anche il prezzo dell’incidente di Amman, in cui una guardia dell’ambasciata di Israele, ferita da un terrorista e riuscita però ad abbatterlo, era in sostanza sotto sequestro da parte della polizia giordana, incurante del suo stato diplomatico e della relativa immunità.
La guardia è stata rilasciata su intervento personale di Netanyahu in seguito a un accordo di cui non conosciamo i dettagli, ma di cui faceva parte lo smantellamento dei metal detector (http://www.jpost.com/Israel-News/Politics-And-Diplomacy/Netanyahu-meets-released-guard-and-envoy-to-Jordan-500679 ).

Questo atto rientra dunque nella stessa tradizione di cura per i militari che difendono Israele di cui nel passato vi sono stati numerosi altri esempi, come lo scambio per Gilad Shalit, la cui libertà costò a Israele la liberazione di un migliaio di pericolosissimi terroristi detenuti. Dei metal detector che difendono un luogo, come il Monte del Tempio, che ha conosciuto finora solo un episodio terroristico grave, costano molto meno alla sicurezza di Israele.
Ma è chiaro che al cuore della questione vi è la domanda sulla proprietà o meglio sulla sovranità del Monte, luogo sacro all’ebraismo da sempre, teatro anche di atti importani di Gesù per i Vangeli, che i palestinisti si sono inventati come “terzo luogo sacro dell’Islam” da mezzo secolo circa, anche senza basi testuali rilevanti nel Corano, ma che ha assunto per loro una valenza politica importante: come la mette Mordechai Kedar “chi comanda qui?” (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=67104).
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Mordechai Kedar

Ma superato il primo momento di istintivo senso di rifiuto per una sconfitta che sembra inutile, dato che le mobilitazioni contro i metal detector sono certamente incomprensibili a un pubblico non prevenuto , tanto da non aver suscitato molta solidarietà né fra la sinistra antisemita europea (https://www.the-american-interest.com/2017/07/21/palestinians-protesting-metal-detectors/ ) né nelle piazze musulmane, e neppure fra gli arabi israeliani e sudditi dell’Autorità Palestinese, si può iniziare a pensare un po’ più a fondo.
Il primo punto su cui riflettere è che Israele non ha alcun interesse a favorire il sovversivismo palestinista dandogli un pretesto religioso.
Israele ha ampiamente dimostrato dalla liberazione di Gerusalemme, cinquant’anni fa, non solo di tutelare come fa dappertutto tutti i culti e anche quello musulmano, ma specificamente di lasciare che il Monte del Tempio fosse riservato all’islam, compiendo una pesante ingiustizia ai danni dei suoi cittadini ebrei e cristiani (a causa di un grave errore dovuto probabilmente allo spirito antireligioso di Moshè Dayan, ma questo è un altro argomento).

L’argomento della “moschea in pericolo” fa parte dell’armamentario arabo antisemita da un secolo, era un ritornello di Amin al Husseini, quel fior di nazista che da Muftì di Gerusalemme fece partire la guerra terroristica contro gli ebrei a partire dagli anni Venti del secolo scorso. Era pretestuosa allora, lo è oggi, meglio non alimentarla. Ma non si concede in questa maniera un vantaggio ai terroristi? Sembrerebbe di no, grazie alla tecnologia israeliana. Il governo ha investito circa 30 milioni di euro per istallare di fronte agli ingressi del monte del tempio, telecamere avanzate capaci di riconoscere le facce e di percepire da lontano la presenza di armi (cioè del metallo) e di esplosivi. Lo stesso risultato dei metal detector, magari con un po’ meno di precisione, ma ben compensabile dalla collaborazione con la polizia che continuerà a stazionare come in passato sulla spianata.

E’ una soluzione consigliata dai servizi segreti e assolutamente non invasiva, perché le telecamere saranno istallate ben fuori dal recinto del tempio. Certo è meno immediatamente dissuasiva e più costosa e lunga da istallare dei metal detector tradizionali, che proprio per questo le erano stati preferiti. Ma funziona lo stesso e toglie ogni ragione di protesta ai palestinisti. Che però protestano lo stesso (http://www.timesofisrael.com/detectors-gone-but-muslim-worshipers-maintaining-temple-mount-boycott/ ) e continuano a non voler entrare nella moschea (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4993044,00.html ), perché si oppongono anche alla “smart cameras”(http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/232946 ).

Difficile trovare un modo più plateale per dimostrare la loro malafede e la protezione che esercitano sui terroristi, perché è chiaro che la questione non riguarda la presenza dei metal detector, ma quella degli ebrei (http://www.jns.org/latest-articles/2017/7/21/the-argument-is-about-jews-not-metal-detectors#.WXd1KYjyjIU= ).
E’ uno stato di completa isteria razzista, che ha portato ieri un terrorista nella stazione di Petah Tikva, città satellite di Tel Aviv, ad accoltellare un guidatore di autobus, dicendo che lo faceva “per la moschea di Al Aqsa”. Peccato però che la vittima fosse arabo anche lui (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4993651,00.html ).

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a destra il re di Giordania

Infine c’è il quadro più generale. In un mondo dominato da sanguinosissimi tumulti irrazionali come il Medio Oriente, salvaguardato com’è da una rete di accordi taciti e in parte informali con i paesi arabi del fronte sunnita non rivoluzionari, con la Russia e l’America di Trump, Israele ha interesse vitale ad affermarsi come attore razionale, affidabile, lucido, che non agisce spinto da emozioni di “orgoglio nazionale” ma da freddi calcoli di interesse nazionale.
Noi non sappiamo che pressioni Netanyahu ha subito da America, Russia, Paesi Arabi, ma certo le ha ricevute; non sappiamo che cosa ha ottenuto in cambio del suo atteggiamento responsabile, ma certo qualcosa ha ottenuto, se non altro in termini di credibilità, di controllo della situazione e di smascheramento dell’aggressività incontrollabile palestinista; non sappiamo il costo che pagherà la leadership di Ramallah per essersi messa al seguito di Hamas, che notoriamente domina l’apparato delle moschee sul Monte del Tempio, ma certo lo pagheranno, perché nel gioco dei bluff di questa storia sono andati troppo avanti, non hanno capito che dovevano dichiarare un trionfo (che pure non c’era) e ora continuano ad abbaiare alla luna.

Anche se alcuni amici si sono fatti prendere dai fumi dell’ira (che spesso non è buona consigliera) e parlano di “calare le braghe” del governo israeliano, io credo invece che si tratti di un successo politico, guidato con mano ferma da Netanyahu, che ha ben presente come tutta la faccenda della “spianata delle moschee” sia solo propaganda e che il pericolo vero venga dal Nord, dove continua il dispiegamento dei militari russi. Meglio, molto meglio, non lasciar rompere la trama delicata della resistenza all’Iran e delle alleanze regionali. Meglio, molto meglio, sfilare la carta religiosa ai terroristi e lasciarli esposti nella loro fama di sangue. Meglio ottenere gli stessi risultati di sicurezza senza scontrarsi sui simboli, ma senza cedere sulla sostanza. Meglio Netanyahu, ancora una volta, che i suoi contestatori, quelli interessati, ma anche quelli in buona fede: una lezione di politica.

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