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Ugo Volli
Cartoline
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Le scintille e l’incendio 04/07/2017
Le scintille e l’incendio
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: Hamas e Hezbollah stringono Israele in una morsa: "Vogliamo quel pezzo di terra"

Ormai è diventata un’abitudine al Nord di Israele, come da tempo lo è al Sud intorno a Gaza. Dal territorio dominato dai nemici parte almeno una volta alla settimana - ma in momenti di maggior tensione anche ogni giorno -, un missile, un tiro di artiglieria, un obice disperso. Quasi sempre va a finire nei campi, senza danni speciali. L’esercito israeliano reagisce in maniera molto proporzionale e veloce. Quando può distrugge la postazione da cui è partito il colpo, se non la può colpire spara su posizioni tenute da chi è responsabile del territorio: al Nord l’esercito siriano e le milizie che gli sono legate, fra cui Hezbollah, a Sud Hamas. E il giorno dopo si ricomincia. E’ una guerra d’attrito, per ora a bassa intensità, che vale la pena di decifrare.

Anche se le modalità sono simili, e l’alleanza fra Hamas e Hezbollah sotto il controllo iraniano è assai stretta, le storie degli spari da Gaza e dal Golan sono diverse. Hamas come vi ho raccontato è sotto pressione da parte dell’Autorità Palestinese, che dopo aver annunciato qualche mese fa l’ennesima riconciliazione nazionale oggi sta cercando di strangolare economicamente Gaza per far fallire i concorrenti, a rischio o secondo un calcolo preciso di guerra con Israele, come ho documentato qualche giorno fa (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=280&id=66764). Infatti Hamas, quando è in difficoltà economica o meglio lo è la popolazione che domina a Gaza, reagisce attaccando Israele, con la fondata speranza che una guerra contro il “nemico sionista” laverà tutte le colpe, il malgoverno, l’ospitalità e l’appoggio offerti ai terroristi che nel Sinai attaccano l’Egitto. Buttare sul tavolo della pace qualche centinaio di morti è una tentazione perenne per loro, come lo fu per Mussolini per entrare nella seconda guerra mondiale (l’espressione è sua). I razzi servono a far sfogare le teste più calde, a creare una “spirale di violenza” (come la chiamano i giornali) con le rappresaglie israeliane, insomma a preparare il clima per una possibile escalation che porti i razzi non nei campi vuoti ma sulle città israeliane, con il seguito inevitabile di un intervento deciso di Israele per far cessare il pericolo sui civili.

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Terroristi di Hezbollah

A nord il gioco è più complesso. Israele si è astenuto dall’intervenire apertamente nella guerra civile siriana per la stessa ragione per cui non reagì agli attacchi di Saddam Hussein: per non favorire i propri avversari, legittimandoli agli occhi della piazza araba, che è stata indottrinata per quasi un secolo a vedere “gli ebrei” come il peggior nemico. Ha cercato di evitare che Hezbollah si rafforzasse e si istallasse al confine; ha dato una mano ai drusi e ai curdi, ha svolto un compito encomiabile e poco riconosciuto, curando migliaia di feriti vicino ai suoi confini, sperando che almeno l’umanità di questo intervento fosse riconosciuta dai molti che le devono la vita; ha lavorato per creare una zona cuscinetto vicino ai confini in cui nessuno fosse così forte da pensare di attaccare l’esercito israeliano per ottenere popolarità. In particolare ha combattuto ogni trasporto di armi sofisticate alle roccaforti libanesi di Hezbollah e ogni tentativo di istallare forze iraniane ai confini. Insomma ha svolto un compito delicato e complesso, venendo a patti con parecchi protagonisti della guerra civile: gli americani innanzitutto, ma anche i russi, i giordani, i drusi del Golan e del confine siro-giordano e alcune forze ribelle minori istallate vicino al Golan.

Il governo siriano, insieme con Hezbollah e dietro di loro l’Iran ha lavorato esattamente in senso opposto: finché Assad era debole, aveva interesse alla calma sul Golan, che è molto vicino a Damasco, senza ostacoli naturali che ne permettano la difesa. Adesso che sembra vincente e ha riconquistato ai ribelli molto territorio, vuole riprendersi l’altipiano ricco d’acqua che domina da un lato la piana di Damasco, dall’altro la Galilea e il lago di Tiberiade. I bombardamenti che colpiscono il territorio israeliano vengono prevalentemente da questo tentativo di ricreare la forza militare che la Siria ha sempre concentrato vicino a Israele. Parte dei colpi possono essere di ostilità e avvertimento, ma la maggioranza viene da combattimenti vicino al confine, da cui Assad vorrebbe sloggiare i ribelli con cui Israele ha trovato un modus vivendi e che in qualche modo aiuta.

Quello del Golan però non è il fronte principale delle manovre militari sulla Siria. Lo scontro vero avviene nel Nord del paese su due linee strategiche. Da un lato la Turchia, che ha smesso di cercare l’abbattimento immediato di Assad trovando un accordo con la Russia, vuole almeno eliminare le zone di autogoverno curdo, che invece sono invece appoggiate fortemente dagli Stati Uniti (e anche questa posizione decisamente filocurda è uno dei meriti di Trump). Dall’altro vi è il tema principale: l’Iran vuole uno sbocco nel Mediterraneo. Avendo già l’appoggio del governo iracheno e tenendo sue truppe nella Mesopotamia settentrionale (in teoria in funzione anti-Isis) vuole ora congiungersi con le zone sotto il controllo del governo Assad per arrivare fino al mare, in Siria o addirittura in Libano. Per far questo deve anch’esso combattere con i ribelli appoggiati dagli Usa, prima di tutto i curdi. Qui sono avvenuti di recente i combattimenti fra aerei americani e dell’esercito siriano, qui vi è il maggior pericolo di un conflitto con la Russia. E’ un tema che riguarda molto anche Israele (perché un collegamento diretto via terra fra Iran e Hezbollah sarebbe una minaccia gravissima) che un mese fa circa si è spinto a colpire trasporti di armi fino a Palmira, nodo cruciale di questo legame fra Iran e il Mediterraneo, che si trova però quasi ottocento chilometri a nord-est dei suoi confini. L’epicentro della guerra siriana è oggi questo corridoio, che può essere bloccato solo dagli americani, con notevole impegno militare e diplomatico. I bombardamenti sul Golan sono scintille; ma l’incendio vero può verificarsi al Nord, nel territorio dei due fiumi fra la Siria e l’Iraq, dove l’impero persiano è sceso tante volte già tremila anni fa per cercare di conquistare la costa fino all’Egitto.

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