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Ugo Volli
Cartoline
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Popolo di un Dio geloso? 12/03/2017

Popolo di un Dio geloso?
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

a destra: l'anello del re
donato a Ester

Cari amici,

ci avevamo creduto. O meglio, alcuni di noi ci avevano creduto, si erano illusi. Dopo infiniti convegni, confronti, visite papali ed episcopali, conferenze pubblicazioni dichiarazioni. Avevamo creduto che l’antisemitismo tradizionale della Chiesa (quello che per essere educati bisogna chiamare “antigiudaismo”) fosse stato gradualmente abbandonato di fronte alla lezione della Shoah. Certo, il Vaticano era stato l’ultimo a riconoscere Israele e l’atteggiamento antisraeliano è ancora diffuso nel mondo cattolico dall’associazionismo di base su su fino alla segreteria di stato. Anche se, sono felice di riconoscerlo, le eccezioni ci sono, e non poche.
Ma ci eravamo illusi che questa fosse per l’appunto una posizione politica (sia pure miope e vile) intesa a mostrare al più forte, e al più violento, quello che può fare danni gravi, cioè i musulmani. E’ un calcolo che avrebbe senso, visto che gli islamici sono circa cento volte più numerosi degli ebrei (1,6 miliardi contro 16 milioni circa), salvo il piccolo problema che essi puntano da sempre alla distruzione del cristianesimo dopo quella dell’ebraismo: con le buone (le conversioni) o di nuovo come un tempo con le cattive (con le stragi).
Ma il punto della diffidenza cattolica per Israele non è politico, non solo. E’ molto più radicale. Non è solo antisionismo, ma anche spesso antisemitismo. O meglio era tutte e due le cose, a conferma che esse non si possono distinguere, l’una sfocia sempre in definitiva nell’altra.
I più accorti fra noi se n’erano accorti da tempo, da quando per esempio nel 2009 (quasi contemporaneamente alle seconda visita papale alla sinagoga di Roma, con sfoggio di “fratelli maggiori”, ma accurato silenzio su Israele) era uscito il documento ecumenico “Kairos Palestine”, firmato da esponenti di tutte le correnti cristiane, inclusi i cattolici, in cui si legava una posizione politica radicalmente filo-palestinese a una “teologia della sostituzione” per cui in sostanza si sosteneva che a causa delle loro malefatte gli ebrei avevano perso il titolo alla loro “elezione” (termine che corrisponde male alla lettera del testo biblico che parla di “am segulah”, popolo che appartiene a Dio, fa parte del suo tesoro).
Gli ebrei ormai tornati in maggioranza nella loro terra ancestrale, anche per questo gesto storico secondo le chiese cristiane rappresentate non avevano ruolo nella vicenda della salvezza, era solo un ostacolo, un momento di oppressione da eliminare. Poi da Roma erano arrivate delle precisazioni che no, non si intendeva contestare l’”elezione” biblica; ma in realtà il documento antisraeliano era l’ultima perla di una collana che risaliva alle idee dei primi secoli del Cristianesimo, per cui Israele non era più quello di una volta, avendo rifiutato di riconoscere Gesù, e la Chiesa era diventata lei il “verus Israel”.
Storie vecchie, dunque, parzialmente cancellate ma costantemente riemergenti. Qualcuno di nuovo si era illuso che il dialogo avrebbe superato questi “malintesi”.
Che però continuano.

E l’altro giorno, grazie a uno scoop di Giulio Meotti sul “Foglio”, per quel che ne so né smentito né ripreso da alcun altro giornale nazionale (http://www.ilfoglio.it/chiesa/2017/03/10/news/a-venezia-un-convegno-di-biblisti-italiani-contro-l-ebraismo-ambiguo-124566/) è venuta fuori un’altra espressione contemporanea di questo “odio antico” di cui la Chiesa ha fatto oggetto gli ebrei, almeno a partire dalle prediche genocide di San Giovanni Crisostomo nel IV secolo.
Chi ha espresso questa posizione antiebraica di principio non sono i fanatici terzomondisti di “Pax Christi”, e nemmeno i cristiani politicizzati e nazionalisti del mondo arabo. E, lo ripeto, è cosa di questi giorni, non siamo nel XVI secolo, quando il Papa Pio V rispose al Duca di Ferrara Alfonso II d’Este che gli chiedeva una benedizione per il terribile terremoto del 1570 subito dalla sua città che in sostanza il terremoto era colpa sua, dato che ospitava parecchi ebrei, come racconta il numero di “Le scienze” in edicola in questi giorni (http://www.lescienze.it/archivio/articoli/2017/03/01/news/il_terremoto_che_ha_deviato_il_po-3442212/ ). Si tratta molto più tranquillamente dell’associazione cattolica dedicata a promuovere lo studio delle Scritture, riconosciuta dalla Conferenza dei vescovi italiani e ripetutamente onorata dell’attenzione papale (l’ultima volta pochi mesi fa https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2016/09/15/0644/01453.html) : l’Associazione Biblica Italiana (http://www.associazionebiblica.it/ ).
Questa associazione, forse un po’ stanca di occuparsi del libro dell’Esodo, del profeta Ezechiele o delle “parabole della misericordia”, ha scelto per il suo prossimo convegno che si terrà a Venezia in settembre, questo tema: "Israele popolo di un Dio geloso: coerenze e ambiguità di una religione elitaria". Carino, non vi pare?
“Dio Geloso è un vecchio errore di traduzione, perché l’aggettivo originale in Dt 5:9 è “qanà” che significa innanzitutto zelante e nel testo (il terzo comandamento) se ne intende sottolineare la misericordia: si dice che le colpe dei padri ricadono sui loro discendenti per tre o quattro generazioni, ma i meriti per mille.
Ma questa cattiva traduzione è una delle basi dell’antigiudaismo cristiano: il Dio dell’”Antico testamento” sarebbe cattivo, crudele, privo di pietà e di amore; diventerebbe buono solo nel “Nuovo” come “padre” di Gesù; anche se allo stesso tempo si sostiene che sia lo stesso.
Ci fu nei primi secoli della Chiesa una posizione che proponeva di eliminare del tutto l’Antico Testamento” il Dio cattivo e gli ebrei malvagi che lo adoravano; essa si definisce marcionismo da nome del suo fondatore, il vescovo Marcione (https://it.wikipedia.org/wiki/Marcione ); fu dichiarata eresia, ma spesso riemerge. Per chi avesse dubbi sul significato del titolo del convegno, mi permetto di citare ancora dal programma reso pubblico da Meotti e ripeto, a quel che ne so non smentito: Il convegno intende parlare delle "radici di una religione che nella sua strutturazione può dare adito a manifestazioni ritenute degeneranti". [...] L'ebraismo avrebbe come conseguenze spesso il "fondamentalismo" e “l’ assolutismo": "Il pensarsi come popolo appartenente in modo elitario a una divinità unica ha determinato un senso di superiorità della propria religione",
Dunque è questo quello che, fra uno studio del libro di Esdra e uno delle lettere di Paolo, pensano dell’ebraismo i bravi biblisti cattolici: “ambiguo”, “degenerante” “fondamentalista”, “assolutista”, “elitario” affetto da “senso di superiorità”. Neanche parlassero dell’Isis, che invece non merita la loro attenzione.

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Dispiace, ma bisogna dirlo, sono espressioni che non sarebbero dispiaciute alla propaganda nazista e che peraltro sono state coltivate a lungo dalla stampa cattolica e in particolare dalla rivista dei gesuiti “Civiltà Cattolica” dalla fondazione nel 1850 per oltre un secolo, ben dopo la fine della Seconda guerra mondiale, come ha documentato David Kerzner (http://www.davidkertzer.com/it/libri/i-papi-contro-gli-ebrei ).
Vorrei anche aggiungere che sono parole non dissimili da quelle che nel libro di Ester Haman, il visir che vorrebbe eliminare il popolo ebraico dalla faccia della terra rivolge al re: “C'è un popolo separato e disperso fra i popoli di tutte le provincie del tuo regno, le cui leggi sono diverse da quelle di ogni altro popolo, e che non osserva le leggi del re; non è quindi interesse del re tollerarlo. Se il re è d'accordo, si faccia un decreto per distruggerlo” (Ester 3: 8).
E’ un discorso fatto più o meno 2500 anni fa, che è registrato nelle Scritture ebraiche come il prototipo dell’antisemitismo. Proprio oggi cade la festa di Purim in cui gli ebrei festeggiano il fallimento di questo progetto. O meglio: di quella singola concreta espressione della voglia di far pagare a questo “popolo separato” la propria “separatezza, cioè, diciamocelo, il carattere “ambiguo”, “degenerante” “fondamentalista”, “assolutista”, “elitario” affetto da “senso di superiorità”.
Non mi sogno naturalmente di dire che i bravi biblisti siano paragonabili a Haman o alle sue riedizioni moderne, da Torquemada al capo ucraino Chmel'nyc'kij fino a Hitler. Non dubito che siano pacifici, antirazzisti e antinazisti e che nutrano orrore per i genocidi. Manca loro evidentemente il carattere demoniaco, l’orribile grandezza del male assoluto. Ma se davvero hanno scritto le parole che “Il foglio” ha attribuito loro, bisogna ammettere che di fatto stanno riproponendo alcuni dei pensieri che hanno alimentato e giustificato le grandi persecuzioni.

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La Festa di Purim secondo Rembrandt
La festa di Purim insegna agli ebrei a ricordarsene, a vigilare, a cercare di cavarsela impegnandosi nel dialogo quand’è possibile (Ester parla e fa molto di più col re), ma senza ingenuità, essendo anche pronti a fuggire dalle persecuzioni e a difendersi quando si può.
Questa difesa dall’antisemitismo oggi, grazie al Cielo, esiste, si chiama Israele ed è proprio per questo suo ruolo di autodifesa degli ebrei che gli antisemiti la odiano ferocemente.
A tutti i miei amici e innanzitutto allo Stato di Israele, auguro “Purim sameach” un felice Purim

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Ugo Volli

PS: Dopo aver scritto questa cartolina ho trovato su Facebook una versione del programma del convegno diversa (questa: https://www.polarisoffice.com/d/2RQfBvF8 ), che chi l’ha pubblicata sostiene aggiornata dopo la pubblicazione dell’articolo sul Foglio e le proteste dei vertici dell’ebraismo italiano: “Dio geloso” è finito fra virgolette, le più oltraggiose espressioni citate da Meotti non si trovano più. Dimostrazione forse che protestare serve. O che l’Associazione Biblica non intendeva porre i temi che ho discusso, non consapevolmente. Ma il cuore del problema, l’antigiudaismo teologico, resta lo stesso.
(uv)


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