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Ugo Volli
Cartoline
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Nuovi tunnel, nuovi rischi 19/04/2016
Nuovi tunnel, nuovi rischi
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: terroristi di Hamas in un tunnel

Cari amici,

durante l’ultimo viaggio di Informazione Corretta, abbiamo passato qualche ora a visitare Netiv Haasarà, un moshav (cioè un villaggio cooperativo) al confine con la striscia di Gaza (ma dentro la linea verde, nel territorio di Israele che anche Obama e l’Unione Europea dicono di riconoscere). La responsabile della sicurezza del villaggio che ci accompagnava ci ha portato innanzitutto a vedere le serre in cui si coltivano fiori e ortaggi, in buona parte oggi dismesse per i danni provocati dall’ultima guerra con Hamas, due anni fa. Mentre poi salivamo su una collinetta da cui si poteve vedere bene il muro che a tratti chiude il confine per evitare il tiro dei cecchini di Hamas direttamente nelle case israeliane e al di là di esso le case di Beit Hanun, alla periferia di Gaza. A un certo punto la nostra guida interruppe le spiegazioni e attirò la nostra attenzione su un cespuglio di macchia mediterranea, molto verde e folto sulla terra ocra, a un centinaio di metri dalle serre dove stavamo noi e forse duecento dalle prime case del villaggio: “vedete lì quel cespuglio? Lì sbucava uno dei tunnel d’attacco di Hamas scoperti durante le operazioni del 2014. Ma non c’era solo quella, il tunnel è ramificato, c’erano anche altre uscite.” Anche se il confine è molto sorvegliato, vi sono telecamere e sensori dappertutto, oltre che soldati di guardia, non c’erano barriere difendibili fra quella macchia e il villaggio. Se un commando palestinese fosse uscito di lì prima della guerra, avrebbe potuto facilmente prendere il villaggio per il tempo necessario a uccidere qualche decina di persone o rapire i bambini che sono numerosi. E’ evidente che quel tunnel non aveva nessun altro scopo, non poteva servire per difesa o contrabbando. Era una gigantesca pistola puntata contro un pacifico villaggio in cui abitano famiglie normali, medici, contadini, pendolari e i loro figli. La violenza omicida di Hamas era implicita nella sua esistenza.

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Questa piccola esperienza mi è tornata in mente leggendo la notizia, molto in evidenza oggi mentre vi scrivo sui giornali israeliani, ma totalmente assente da quelli italiani, vedremo se domani quando mi leggerete ci sarà qualcosa. L’esercito israeliano ha scoperto un nuovo tunnel d’assalto di Hamas che parte da Gaza, non vicino al luogo che vi ho raccontato, ma al sud della striscia. Comunque un’altra pistola puntata su Israele (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/IDF-uncovers-Hamas-tunnel-stretching-from-Gaza-into-Israel-451556). E’ una notizia che ha molte implicazioni. Anche se Hamas si è affrettata a dichiarare che si tratta di un vecchio tunnel che risale alla scorsa guerra (http://www.jpost.com/Breaking-News/Hamas-Tunnel-uncovered-by-IDF-was-from-2014-Gaza-war-not-a-new-one-451567) l’esercito israeliano insiste sul fatto che sia nuovo.

Il che a sua volta testimonia di quel che già si sapeva, cioè che Hamas usa soldi e materiali dedicati alla ricostruzione delle case danneggiate dalla guerra per costruire queste sue fortificazioni d’assalto, rubando letteralmente alla popolazione che amministra il suo diritto al benessere. Ma indica anche che qualcosa si muove sulla tecnologia israeliana rispetto ai tunnel: questo è stato scoperto in territorio israeliano, non prendendo il suo imbocco, come quelli distrutti due anni fa, ma per mezzo di dispositivi che l’hanno individuato a 30 metri di profondità, il che è assolutamente inedito. Se si tratta davvero di un nuovo sistema di sensori o di una sorta di sonar terrestre efficace per individuare gli scavi, tutto lo schema d’attacco di Hamas potrebbe rapidamente essere distrutto. Ciò a sua volta rende estremamente delicato questo momento: Hamas potrebbe decidere di attaccare subito, invece di aspettare passivamente le scoperta di tutti i suoi tunnel e la distruzione del suo armamento sotterraneo, mentre già i suoi razzi hanno perso molto peso dopo l’applicazione dell’antimissile Iron Dome(http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Does-the-discovery-of-a-Hamas-attack-tunnel-signal-the-approach-of-the-next-Gaza-conflict-451576). Comunque per chi avesse nutrito dei dubbi al riguardo, questa scoperta mostra che si può discutere quando avverrà la prossima guerra con Hamas, non se ci sarà (http://www.timesofisrael.com/tunnel-exposure-shows-next-hamas-war-is-a-case-of-when-not-if/). I tunnel costano moltissimo, sono costruiti per essere usati, non per restare lì. Dunque è probabile che la prossima guerra sia più pesante e sanguinosa delle precedenti, perché Hamas si giocherà il tutto per tutto (http://www.jpost.com/Breaking-News/Galant-The-IDF-must-be-prepared-for-a-confrontation-of-extensive-scope-451565).

Ultima considerazione, ed è un commento già fatto da Netanyahu (http://www.jpost.com/Israel-News/Politics-And-Diplomacy/Netanyahu-Gaza-tunnels-show-why-Israel-needs-freedom-of-action-in-West-Bank-451603). Il confine di Gaza con Israele è una settantina di chilometri, quello con la zona amministrata dall’Autorità Palestinese in Giudea e Samaria, tenendo conto delle barriere che difendono le cittadine e i villaggi ebraici, forse ammonta a dieci volte tanto, se si sta alla linea verde almeno cinque volte. Se è possibile rilevare i tunnel, questo certo comporta un gran lavoro locale, non può essere fatto all’ingrosso. Dunque è interesse vitale di Israele che queste zone non diventino come Gaza. La sola garanzia per questo è che Israele possa andare al di là della barriera, controllare, verificare, impedire che nuovi tunnel offensivi siano costruiti, magari sotto Gerusalemme o l’aeroporto Ben Gurion. E’ una questione di vita o di morte. E dunque la continua aggressione sotterranea di Hamas dà una ragione in più per spiegare perché Israele non possa accettare uno stato arabo veramente autonomo ai suoi confini.

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Ugo Volli


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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