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Ugo Volli
Cartoline
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Che cosa ci dicono gli attentati di Bruxelles 23/03/2016
Che cosa ci dicono gli attentati di Bruxelles
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: gli attentati di ieri mattina a Bruxelles

Cari amici,

al di là delle cronache e del cordoglio per le vittime, l'assalto terroristico a Bruxelles merita una riflessione. Bruxelles è la capitale dell'Europa. Di più, è oggi una metafora dell'Europa. Ci sono tre Bruxelles. Una è la città tradizionale, con le sue piazze storiche e i quartieri moderni, lo shopping e la vita normale delle medie città europee: uffici case mercati musei istituzioni pubbliche. Un'altra è la cittadella delle istituzioni europee (e della Nato): casermoni pretenziosi costruiti in periferia, senza contatto con la città, senza storia, autoreferenziali e governati da autorità che in sostanza non rispondono a nessuno. Una terza è la città invasa dall'immigrazione: non solo la periferia, ma anche quartieri abbastanza centrali. In molti di questi luoghi la polizia ha paura a entrare e chi comanda sono le organizzazioni islamiche: per il meglio conservando un modo di vivere che ci è estraneo ed è oppressivo nei confronti delle donne, degli omosessuali, dei non islamici in generale e degli ebrei in particolare; nel peggiore dei casi centrali organizzative e logistiche, rifugi sicuri del terrorismo. Entrare in questa mezza città con una minigonna, una kippà in testa o una croce al collo vuol dire andare incontro a grossi guai. Per cercare di compiere un arresto, come si è visto nei giorni scorsi, ci vuole una vera e propria operazione militare.

E la rappresaglia non si è fatta attendere. Perché così bisogna leggere gli attentati di ieri: non “colpi di coda” ma rappresaglie nel territorio nemico che servono a stabilire una deterrenza. Certamente prima di tentare altri arresti nei territori islamizzati, la polizia belga ci penserà bene. Tutto questo non è casuale, è frutto di un accordo preciso, come ha affermato il deputato israeliano Nava Boker e soprattutto ha documentato ieri sul Foglio Giulio Meotti (http://www.ilfoglio.it/esteri/2016/03/21/bruxelles-islam-patto-dietro-a-islamizzazione___1-v-139656-rubriche_c263.htm; leggete anche l'analisi della situazione a Bruxelles di David Carretta sullo stesso giornale: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=61799).

L'Unione Europea è come Bruxelles, moltiplicata per 29. Una serie di paesi normali e bellissimi, pieni di monumenti, di memoria, di arte, di cultura, di vita ordinata e produttiva, che i loro cittadini amano e vogliono conservare e migliorare. Un centro politico senza tradizioni e senza storia, senza amore per le culture e le nazioni che dovrebbe unire, ispirato a un'ideologia astratta e autoreferenziale, governato teoricamente da rappresentanti dei governi dei paesi che rappresenta, ma in pratica da una burocrazia che si perpetua per cooptazione, ricca e ottusa: uno spreco immenso non solo per quel che spende, ma anche per le possibilità che distrugge con un controllo burocratico minuzioso e compiaciuto fin nei particolari insignificanti.

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Una metafora dell'UE

E una terza zona che non è più europea, che è popolata di nemici, nella migliore delle ipotesi culturali e politici, nella peggiore militari e terroristici dei paesi in cui si sono insediati – alcuni lavorando anche duramente, molti però come parassiti. Questo spazio nemico interno, queste “shaaria zones” crescono, alimentate dalla stupidaggine o dalla pertinacia della direzione europea, che in odio alle nazioni europee della tradizione vogliono importarsi altra gente, sperando che sia senza radici come loro (e invece ce l'hanno, ma ostili e pericolose).

Per riuscire e vivere a Bruxelles come nel resto d'Europa, bisogna sconfiggere la terza zona. Ho sentito delle persone che stimo spiegare che l'immigrazione va integrata, che il segreto è fare come i paesi anglosassoni, che bisogna evitare di isolare gli immigrati perché così si fa il gioco dei terroristi. Ma l'integrazione, se funziona, non coinvolge tutti, vi sono minoranze consistenti che la rifiutano, anche nei paesi anglosassoni. Ormai sono abbastanza per creare degli spazi loro, in cui la cultura europea non entra (e neanche gli europei, che sono minacciati e respinti). E spesso vi è un ritorno alla loro tradizione, cioè all'ostilità per l'Occidente, da parte di figli e nipoti di persone apparentemente integrate. Gli attentatori del metrò di Londra, qualche anno fa, appartenevano a questa categoria e così molti volontari dello Stato Islamico. Infine l'integrazione richiede anni o decenni. E noi non ne abbiamo il tempo, siamo soggetti a un'aggressione che cresce velocemente e si propaga. Le zone islamiche vanno contenute, sorvegliate attentamente, impedendo con tolleranza zero che diventino spazi fuorilegge. L'immigrazione clandestina va impedita, dove si manifesta va respinta, bisogna istituire un sistema di quote per far entrare solo coloro che ci servono. E' così che si comportano da sempre stati democratici e anglosassoni come gli Stati Uniti, il Canada e l'Australia. Follie come la libera circolazione in Europa per gli ottanta milioni di turchi o addirittura l'ingresso in Europa della Turchia vanno abbandonate subito. Bisogna distruggere le sacche di islamismo nella polizia che in certi paesi come la Francia minacciano la sicurezza pubblica (http://www.jewishpress.com/news/muslim-police-in-france-refuse-to-protect-synagogues/2016/03/22/).

Un programma del genere è il solo modo di mantenere a medio termine la democrazia nei nostri paesi. Perché gli eurocrati e i politici dei vari paesi che li appoggiano, oltre a determinare con le loro decisioni la possibilità di attentati come quelli degli ultimi giorni, inducono nell'elettorato la convinzione che solo i neofascisti siano in grado di opporsi all'invasione. E stanno provocando un orientamento sempre più spiccato dell'opinione pubblica verso l'estrema destra. Insomma, i palazzoni di Bruxelles vanno svuotati, riciclati per scopi utili; la burocrazia che oggi li abita va rimandata a casa, i politici di sinistra e di centro che ne appoggiano le folli utopie vanno battuti alle elezioni e rimandati anche loro a casa. Il solo modo di salvare l'Europa dal doppio pericolo dell'islamismo terrorista e del fascismo totalitario è invertirne totalmente il corso. Non sarà facile, perché l'ideologia sovietista dell'Unione Europea è penetrata un po' dappertutto, nelle scuole, nella magistratura, fra intellettuali e giornalisti, come mostra da ultimo il caso di Geert Wilders, processato in Olanda per aver osato dire che voleva diminuire il numero degli immigrati marocchini nel suo paese (http://uk.reuters.com/article/uk-netherlands-wilders-discrimination-idUKKCN0WK00D; potete leggere qui la sua forte dichiarazione all'apertura del processo: http://gatesofvienna.net/2016/03/geert-wilders-in-the-dock-freedom-of-speech-is-the-only-freedom-i-still-have/). Bisognerà riparlare di questo caso. Ma una cosa è sicura, questa situazione non può reggere, i rischi sono troppo grandi per tutti. Un cambiamento è necessario.

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Ugo Volli

PS: Questa sera inizia la festa ebraica di Purim, ricordo della sconfitta di un tentativo di genocidio degli ebrei nella Persia antica. Auguro a tutti di capire il messaggio centrale di questa festa, non un carnevale ma la celebrazione della lotta contro l'antisemitismo, della necessità di sacrificarsi e rischiare per la salvezza del popolo ebraico. E’ un tema che brucia ancora dopo trenta secoli: lo dimostrano i due ragazzini arrestati in Iran per aver scritto su un muro “A morte Aman”, che è il ministro genocida della storia di Ester ma che gli ayatollah hanno giustamente interpretato come riferito a loro stessi: http://www.jewishnews.co.uk/world-news-roundup-4/. A tutti voi e anche ai due ragazzi in carcere in Iran auguro Purim sameach, un lieto Purim.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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